Caro Monti, adesso bisogna abbattere il debito. Parla Sadun (Fmi)

Michele Arnese

Arrigo Sadun, il direttore esecutivo italiano al Fmi, è a Roma per alcuni giorni e parla al Foglio dopo la recente approvazione del secondo programma per la Grecia e la riforma del lavoro approvata ieri dal governo Monti. Oltre all’Italia, Sadun rappresenta anche altri paesi mediterranei tra cui Portogallo e Grecia.

    Arrigo Sadun, il direttore esecutivo italiano al Fmi, è a Roma per alcuni giorni e parla al Foglio dopo la recente approvazione del secondo programma per la Grecia e la riforma del lavoro approvata ieri dal governo Monti. Oltre all’Italia, Sadun rappresenta anche altri paesi mediterranei tra cui Portogallo e Grecia.

    Che cosa non ha funzionato nel primo programma di aiuti per Atene? “Il primo programma per la Grecia – risponde Sadun, che precisa di parlare a titolo personale e quindi le sue valutazioni non necessariamente rispecchiano la posizione ufficiale del Fondo – si basava su una serie di ipotesi che si sono rivelate eccessivamente ottimistiche, a cominciare dalla crescita”. La recessione in Grecia “è stata più severa del previsto per effetto di una congiuntura internazionale avversa, ma soprattutto per motivi interni, tra cui l’impatto deflattivo del consolidamento fiscale”. Inoltre “la capacità del paese di attuare gli impegni internazionali è stata sopravvalutata”. Sadun cita “carenze amministrative, mancanza di coesione sociale e instabilità politica” tra i fattori che hanno determinato notevoli ritardi nell’esecuzione del programma. “Occorre anche considerare che fin dall’inizio il programma presentava difficoltà eccezionali sia per la gravità della crisi sia per alcune limitazioni derivanti dall’appartenenza della Grecia alla zona dell’euro”.

    Sadun ricorda che le ricette abituali del Fondo per risolvere situazioni analoghe alla crisi greca si basano sulla svalutazione della moneta, e su un’immediata ristrutturazione del debito e del settore bancario. Nel caso della Grecia una svalutazione della moneta non era possibile, mentre “la ristrutturazione del debito e delle banche sollevava il rischio di destabilizzare l’intero settore finanziario europeo”. Pertanto la strategia di risanamento si è basata sul consolidamento fiscale e sulla “svalutazione interna”, cioè la riduzione dei prezzi relativi e dei salari, e la compressione del settore pubblico: “L’insieme di queste misure – spiega – ha determinato gravi disagi sociali e forti tensioni anche nella compagine governativa che hanno inciso negativamente sull’esecuzione del programma”. La nuova impostazione è stata possibile grazie alle difese contro i rischi di contagio della crisi che sono state rafforzate. In questo quadro rientrano sia il nuovo “Fiscal compact” sia il ventilato incremento delle risorse per i “firewall” europei e “firepower” del Fondo. Sadun ritiene che il Fiscal compact sia stato “un passaggio cruciale per convincere i tedeschi a un maggior impegno a favore dei paesi”. Anche la svolta nella politica della Bce con le sue massicce iniezioni di liquidità a favore delle banche “rientra in questa strategia di maggior impegno ad arginare la crisi europea”.

    Ma oltre alla Grecia, anche il Portogallo avrà bisogno di un secondo programma e di una ristrutturazione del debito? “Il Portogallo soffre di molti dei problemi dell’economia greca, come squilibri fiscali, perdita di competitività, basso potenziale di crescita, elevata disoccupazione, implosione del settore immobiliare. Ma in forma più attenuata. Il disavanzo di bilancio è più contenuto e il debito pubblico notevolmente più basso. Anche il Portogallo si trova ad affrontare notevoli difficoltà e i rischi rimangono elevati, ma le prospettive di risanamento sono nettamente migliori”.

    E l’Italia? Per il direttore esecutivo del Fmi, “la situazione e soprattutto le prospettive dei conti pubblici appaiono meno preoccupanti di qualche mese fa, anche se è prematuro affermare che siamo definitivamente usciti dalla zona di rischio”. Lo spread resta elevato, tanto che ieri ha toccato i 330 punti base, anche se in netta riduzione dopo le misure di risanamento adottate dal governo e l’iniezione di liquidità effettuata dalla Bce: “L’anno scorso i mercati finanziari italiani si sono trovati sotto enormi pressioni  perché c’è stata una repentina crisi di fiducia a livello globale e in particolare nei confronti del nostro paese”.

    Questo improvviso collasso della fiducia è stato il risultato di numerosi fattori, secondo Sadun, non soltanto nazionali, anzi: “L’inattesa battuta d’arresto nella ripresa globale, le crescenti difficoltà dei programmi di salvataggio per i paesi periferici, le difficoltà dei leader europei a trovare un’efficace strategia di stabilizzazione regionale, oltre alle incertezze della situazione politica italiana”. Insomma,  “improvvisamente la fiducia degli operatori è evaporata, si è…. spenta la luce”. E in una notte senza luna tutte le mucche appaiono nere. Quindi l’Italia come la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda….? “In realtà – spiega il direttore esecutivo del Fmi – le mucche europee continuano a essere… nere, bianche e pezzate. E la mucca italiana, se proprio bianca non era, non è nemmeno diventata nera dall’oggi al domani. Infatti, appena è ritornata la luce  – la fiducia –  la situazione dei conti pubblici e dell’economia italiana è ritornata ad apparire per quello che essa è: non brillante ma certamente ben più solida e con migliori prospettive di quella di Grecia e Portogallo”. 

    Secondo Sadun, gli ambienti internazionali e il Fondo apprezzano le riforme strutturali del governo Monti, a cominciare da quella delle pensioni: “L’opera di riduzione del deficit è proseguita nel solco degli importanti risultati già ottenuti dall’esecutivo precedente”. Adesso l’attenzione è puntata sulla riforma del lavoro: “Alcuni paesi europei hanno già introdotto importanti riforme nel settore che hanno dato buoni risultati. E’ necessario che anche in Italia siano ridotte le rigidità e che venga affrontato in maniera efficace l’accentuato dualismo che comprende un segmento molto protetto a scapito di un altro molto penalizzato”. E dopo le liberalizzazioni e la riforma del lavoro, si deve abbattere il debito? ”Certamente. L’Italia si differenzia da tanti altri paesi avanzati per due problemi fondamentali: l’elevato livello del debito pubblico e un basso potenziale di crescita. Non esiste una ricetta miracolosa per risolvere il problema della bassa crescita, occorre un ventaglio di misure e sforzi prolungati nel tempo. Le liberalizzazioni sono senz’altro tra le priorità di questi sforzi, così come la riduzione del peso dell’amministrazione pubblica”. Ma serve anche altro. Per esempio, “un sistema giudiziale efficace” e l’istruzione: “C’è bisogno di forze produttive con qualifiche diverse da quelle delle generazioni precedenti”.

    Ma l’urgenza non è il debito? “Si, anche il problema del debito pubblico va affrontato con urgenza. Finché il suo livello rimane intorno al 120 per cento del pil il paese si troverà sempre esposto al rischio di turbolenze finanziarie. Inoltre il peso del suo finanziamento sottrae risorse alla crescita”. Secondo il direttore del Fmi, la strategia attuale del governo italiano tendente a raggiungere un consistente avanzo primario “è corretta”. Ma “si potrebbe fare qualcosa di più per accelerare l’abbattimento del debito”. “E’ in corso un dibattito, condotto anche sulle colonne del vostro giornale, sull’opportunità di effettuare dismissioni o altre forme di interventi straordinari. Non ho visto però nessun suggerimento per costituire un’agenzia con il compito specifico di ritirare il debito pubblico, che è una cosa diversa dalla sua gestione”. Sadun pensa a un “sinking fund” che “potrebbe ricevere cespiti patrimoniali (mobili o immobili) ma anche flussi finanziari generati, almeno in parte, dalla riduzione del costo del debito pubblico o dai maggiori introiti derivanti dalla maggiore crescita”.