Obama guarda dal binocolo i suoi fallimenti
Chissà quali idee abbiano percorso la mente di Barack Obama mentre osservava con il binocolo, dietro uno spesso vetro antiproiettile, i movimenti nordcoreani oltre la frontiera di Panmunjom, in Corea del Sud. Forse avrà ripercorso i passi salienti del discorso di Praga dell’aprile 2009 quando, appena eletto, auspicava un “mondo libero da armi nucleari”, chiedendo a tutti i paesi di “liberarsi dei propri arsenali atomici, residuo più pericoloso della Guerra fredda”.
Chissà quali idee abbiano percorso la mente di Barack Obama mentre osservava con il binocolo, dietro uno spesso vetro antiproiettile, i movimenti nordcoreani oltre la frontiera di Panmunjom, in Corea del Sud. Forse avrà ripercorso i passi salienti del discorso di Praga dell’aprile 2009 quando, appena eletto, auspicava un “mondo libero da armi nucleari”, chiedendo a tutti i paesi di “liberarsi dei propri arsenali atomici, residuo più pericoloso della Guerra fredda”. La prima risposta alle parole del presidente americano giunse in quello stesso giorno, quando la Corea del Nord di Kim Jong Il testò un missile a lunga gittata. In questi tre anni, Obama ha capito che fidarsi dei dittatori, anche quando sembranocambiati, ragionevoli e a parole disponibili, non conviene. Lo testimonia l’esempio libico: nel 2003, Muammar Gheddafi annunciava di rinunciare al proprio arsenale nucleare e chimico.
Il mondo intero applaudì, il rais da quel momento in poi divenne ospite fisso a summit e conferenze sul disarmo. Era il primo vero colpo messo a segno dalla Dottrina Bush. Rinunciare al nucleare in cambio della riabilitazione. A quanto pare, però, il colonnello aveva mentito: materiale radioattivo sarebbe stato trovato in bunker segreti e siti di stoccaggio ignoti fino al giorno della sua deposizione. Anche per questo precedente oggi il capo dello stato americano sembra agire con più prudenza: Pyongyang ha sì rinunciato formalmente allo sviluppo di armamenti nucleari (in cambio di tonnellate di derrate alimentari), ma è altrettanto vero che i piani atomici nordcoreani non sono stati cancellati. Come dimenticare, poi, la mano tesa (e rifiutata) dall’Ayatollah Khamenei, che sempre nel 2009 dichiarò che non vi erano cambiamenti nella politica americana tali da accogliere gli inviti a inaugurare un nuovo corso nelle relazioni con Washington.
A quasi quattro anni dall’insediamento di Obama, il sogno di un mondo libero da armi nucleari è rimasto tale. Così come sulla carta sono rimasti i progetti per un mondo più amico dell’ambiente e pulito. L’oleodotto Keystone XL (che collega il Canada al Texas) è stato rilanciato proprio dal presidente, spaccando il suo stesso partito. Mancando pochi mesi alle elezioni, il presidente ha la necessità di muoversi sulle grandi questioni di politica estera senza dover andare allo scontro con paesi come la Russia. E’ anche per questo che (come hanno raccolto i microfoni lasciati accesi dopo l’incontro con Medvedev a Seul) Obama ha auspicato che Putin, tra qualche mese di nuovo al Cremlino, gli conceda spazio, capacità di manovra sulla questione dei sistemi di difesa missilistici. Almeno fino al prossimo 6 novembre, giorno del voto per la Casa Bianca.
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