Non premere “invio”
Un sociopatico internettiano fa i soldi con le vostre foto hard mandate a fidanzati stronzi
Non è per spaventarvi, ma è meglio non premere mai: invio. Nemmeno se vi ha giurato amore eterno e in cambio chiede soltanto una pudica foto in bikini. Nemmeno se avete fatto la dieta Dukan e morite dalla voglia di mostrare a qualcuno i risultati. Ci sarà sempre, poi, uno stronzetto rancoroso in cerca di vendetta che conserva nel telefono quelle foto non santarelline. Il disamore al tempo degli smartphone è pericoloso, e da Mark Zuckerberg in giù c’è tutto un mondo di uomini che odiano le donne.
Non è per spaventarvi, ma è meglio non premere mai: invio. Nemmeno se vi ha giurato amore eterno e in cambio chiede soltanto una pudica foto in bikini. Nemmeno se avete fatto la dieta Dukan e morite dalla voglia di mostrare a qualcuno i risultati. Ci sarà sempre, poi, uno stronzetto rancoroso in cerca di vendetta che conserva nel telefono quelle foto non santarelline. Il disamore al tempo degli smartphone è pericoloso, e da Mark Zuckerberg in giù c’è tutto un mondo di uomini che odiano le donne (almeno da quando sono stati mollati, traditi, ignorati), che non si accontenta più di inoltrare quelle immagini agli amici, come si fa sempre, ma sceglie, meschinamente, lo sputtanamento globale.
Mark Zuckerberg si era inventato in una notte un pre Facebook, Facemash, in cui metteva a confronto le foto delle ragazze di Harvard, e gli utenti votavano la più bella. Hunter Moore, altro ventenne disfunzionale, ha creato una cosa molto più crudele, Is Anyone Up?, una specie di vendetta porno, in cui i fidanzati mollati, traditi o semplicemente annoiati mandano le foto nude delle ex, con nome e cognome. Foto casalinghe, anche molto brutte, scattate in bagno, allo specchio, a letto: si intravedono i poster, gli orsetti di peluche, i pantaloni buttati per terra, lo spazzolino da denti. Tutto catalogato, con possibilità di cercare in archivio. Hunter Moore è così cattivo che, a scanso di crisi d’identità, sopra le foto mai più segrete mette il profilo Facebook, Linkedin, Twitter o altro della ragazza in questione, e un commento dell’anonimo vendicatore (di solito: quella gran eccetera, oppure: dopo cinque minuti mi aveva già mandato queste immagini, e ha anche un marito. Se lo merita. Per favore mandatemi la maglietta, grazie, siete grandi).
Dopo un anno, trecentomila visitatori unici al giorno, sostiene Moore, che è circondato da avvocati e dice di divertirsi nel rovinare la vita alla gente. “E’ come sezionare cadaveri, all’inizio è strano, ma se lo fai ogni giorno della tua vita, quelle foto diventano solo un altro cadavere”. Duecentocinquanta storie al giorno, corredate da foto di ragazze spavalde, che la maggior parte delle volte poi piangono e si cancellano da Facebook. Un paio di vittime hanno aspettato Hunter Moore e lo hanno pestato a sangue (ci si augura che siano stati pestati a sangue anche gli anonimi rancorosi che hanno mandato le foto), tutte le altre non hanno il coraggio di querelarlo per non mettersi ulteriormente in mostra (in certi casi, più di così è difficile). “E comunque ci vogliono cinquantamila dollari per portarmi in tribunale, le persone che lavorano da Starbucks non fanno tutti questi soldi”.
Le intenzioni sono cattive, ma il messaggio è chiaro: non esistono segreti, e nemmeno una Guantanamo con tute arancioni per i pettegoli che violano il patto di fiducia. Tutto quello che sta dentro un telefonino può, all’improvviso, stare su un sito per psicopatici o su uno schermo gigante davanti a casa della vostra anziana madre, o del vostro capo. I diari con il lucchetto, i cassetti chiusi a chiave sono estinti, superati da cartelline nascoste dentro lo smartphone. E possono succedere cose molto strane, quando si smette di avere segreti: “All’inizio ero devastata – ha detto una ventenne svelata dal sito – leggevo commenti di insulti sotto le mie foto, ma poi ho ricevuto talmente tante attenzioni, ho conosciuto così tanta gente che adesso mi sento una piccola celebrità”.
Il Foglio sportivo - in corpore sano