Il prof. Monti ci tratterà come ragazzini finché non saremo tutti laureati

Annalena Benini

Quando Mario Monti va a Seul e dice: “Se il paese non si sente pronto per quello che noi riteniamo un buon lavoro potremmo anche non restare”, mi ricorda me con mia figlia: per spronarla a fare i compiti la minaccio di andare in ufficio e di lasciarla a sbrigarsela da sola se non scrive subito tutti i pensierini con l’apostrofo senza distrarsi con i pupazzetti di gomma. Per il suo bene, mi dico, tocca fare un po’ la spocchiosa madre tigre.

    Quando Mario Monti va a Seul e dice: “Se il paese non si sente pronto per quello che noi riteniamo un buon lavoro potremmo anche non restare”, mi ricorda me con mia figlia: per spronarla a fare i compiti la minaccio di andare in ufficio e di lasciarla a sbrigarsela da sola se non scrive subito tutti i pensierini con l’apostrofo senza distrarsi con i pupazzetti di gomma. Per il suo bene, mi dico, tocca fare un po’ la spocchiosa madre tigre. Pagherò tutto e di più intorno ai suoi sedici anni, ma ora che ne ha quasi sei posso permettermi di usare con lei il metodo Mario Monti (Amy Chua, la madre cinoamericana divenuta il simbolo dell’educazione severa: compiti, esercizi di pianoforte, niente pigiama party, niente pipì se non si è finito il solfeggio, niente recite scolastiche, niente animali domestici, niente gite, è stata gettata nella spazzatura della storia dal nostro presidente del Consiglio). Quella pedagogia fine Ottocento che parte dal senso di superiorità e dal dovere di impartire lezioni (un po’ come faceva il padre di Enrico Bottini nel libro Cuore), quel distacco ricattatorio che mira a infliggere sensi di colpa per non avere dimostrato abbastanza gratitudine alle attenzioni prestate: Mario Monti ci tratta come ragazzini delle elementari. Anche disagiati, di quelli dei quartieri difficili. Per il nostro bene, per renderci adeguati, competitivi, credibili, seri. Insomma, per riparare ai danni di genitori permissivi e rieducarci a un’antropologia diversa e migliore. Lo ha detto anche in un’intervista al Time, Monti vuole “trasformare gli italiani”. Renderci presentabili. E come aveva annunciato subito, noi in cambio dovremo “fare i compiti a casa”. Ed essere riconoscenti.

    A Cernobbio, mentre tutti tacevano come a scuola prima di un’interrogazione, Monti ha detto: “Sono sicuro che questo silenzio significa in realtà un grandissimo applauso”, e la platea compunta ha applaudito, sciogliendosi in risatine, come succede quando i professori in classe si lasciano andare a una freddura. Del resto lui preferisce farsi chiamare “professore”, e sua moglie Elsa ha appena raccontato al settimanale Chi che il rapporto con i figli non è stato così scontato: “Mio marito si è appassionato ai figli più tardi. Li ama tantissimo, intendiamoci. Ma, finché non c’è stato tra loro lo scambio verbale, intellettuale, non è stato un padre così presente”. Ora, fino almeno al dottorato di ricerca non si può pretendere che ci sia questo grande scambio intellettuale, quindi è ovvio che Monti ci consideri lievemente ritardati e mostri insofferenza verso la nostra lentezza nell’apprendere, nel cambiare, nel trasformarci. L’ha detto, se non siamo pronti lui se ne va, non è che si deve tirare a campare. Anche Elsa Fornero usa le metafore infantili delle caramelle e delle polpette per farsi capire da noi bambini ignoranti. Se bisognava distribuire caramelle non chiamavano loro, se eravamo abbastanza educati non c’era bisogno di tutti questi insegnanti di sostegno, di tutte queste ripetizioni. Grazie al governo Monti, ho finalmente capito cosa prova mia figlia quando pretendo lo scambio intellettuale, e la prossima volta che mi mette i ragni di gomma sulla sedia prometto di non sgridarla.
     

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.