Bipolarismo addio

L'accordo elettorale c'è, ma il gioco degli specchi non rassicura Casini

Salvatore Merlo

“Il gioco di specchi si è attenuato. Ma la guardia resta alta”. I sorrisi, la stretta di mano con Angelino Alfano e Pier Luigi Bersani a Montecitorio, e quel sigillo su un accordo di massima per la legge elettorale, lo hanno rassicurato un po’. Ma Pier Ferdinando Casini resta diffidente. L’accordo è molto impreciso, vago. Così meglio diffidare: “La guardia resta alta”, dice. A occhio lo schema che ha approvato ieri con i suoi colleghi segretari di Pdl e Pd è proprio ciò che il leader dell’Udc ha sempre desiderato.

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    “Il gioco di specchi si è attenuato. Ma la guardia resta alta”. I sorrisi, la stretta di mano con Angelino Alfano e Pier Luigi Bersani a Montecitorio, e quel sigillo su un accordo di massima per la legge elettorale, lo hanno rassicurato un po’. Ma Pier Ferdinando Casini resta diffidente. L’accordo è molto impreciso, vago. Così meglio diffidare: “La guardia resta alta”, dice. A occhio lo schema che ha approvato ieri con i suoi colleghi segretari di Pdl e Pd è proprio ciò che il leader dell’Udc ha sempre desiderato: un proporzionale corretto che annacqua (eufemismo) il sistema della contrapposizione bipolare e restituisce di fatto ai partiti – scippandola agli elettori – la facoltà di scegliere il presidente del Consiglio. Non c’è infatti obbligo di coalizione. E dunque si voteranno i partiti, per ogni partito si indicherà un premier ma senza alcuna garanzia che il leader del partito che prende più voti diventi poi davvero presidente del Consiglio. I partiti costruiranno infatti le coalizioni in Aula: gli accordi politici, come ai tempi della Prima Repubblica, li faranno dopo il voto. La bozza, cui lavorano Gaetano Quagliariello, Luciano Violante e Ferdinando Adornato, sarà pronta entro due settimane e – Casini sempre festante – non prevede nemmeno il premio di maggioranza (malgrado Maurizio Gasparri ieri promettesse: “Ci batteremo per averlo”). Chissà.
    L’accordo ieri ha reso Casini un po’ meno diffidente, ma sono ancora “soltanto parole” per l’ex presidente della Camera. Muffe astratte, sotto le quali il macigno resta intatto, dolorosamente concreto: il sospetto è che Bersani, con Massimo D’Alema, in realtà questa riforma elettorale non la voglia affatto. Per una volta, almeno su questo tema, la diffidenza del capo dell’Udc non è rivolta a Silvio Berlusconi (di cui non si fida, certo, ma per tante altre cose). La segreteria del Pd ha la sicurezza di vincere le prossime elezioni tra poco più di un anno, specie se alleata con la sinistra vendoliana – pensa Casini – e allora perché non dovrebbero decidere di vincerle fino in fondo, con l’attuale legge elettorale e la garanzia di un congruo premio di maggioranza? “Quelli vogliono fare un partito socialdemocratico, tipo laburista”. Timori non irrazionali se è vero, com’è vero, che si tratta di retropensieri coltivati anche all’interno dello stesso Pd, in quell’area più montiana e grancoalizionista che ruota attorno a Enrico Letta e Beppe Fioroni, i quali osservano con ironica circospezione “i soliti colpi d’intelligenza” dalemiani. L’ultima direzione nazionale del Pd è stata all’apparenza così unanime da alimentare ancora di più i sospetti. Cosa si muove sotto il pelo dell’acqua?

    Ma il più teso è comprensibilmente Casini. Più di Letta e più di Fioroni. Casini è a un passo dal colpaccio di una vita, vede la mela a portata di mano: la riforma elettorale su misura neo democristiana, un nuovo schema di gioco in cui i partiti corrono da soli e si alleano dopo il voto, in Parlamento. E’ il meccanismo ideale per inaugurare la sospirata grande coalizione nel 2013 (ipotesi che fa inorridire Rosy Bindi, per esempio). Non si facesse questa riforma, che Pdl e Pd hanno legato a una ambiziosissima e lentissima riforma istituzionale, tutte le architetture vagheggiate dall’Udc nell’ultimo anno salterebbero all’improvviso e Casini rischierebbe di vedersi tristemente sospinto al rimorchio di un più cospicuo alleato (il Pdl?) o costretto a giocare suo malgrado ancora al Terzo polo con Gianfranco Fini. Come se non gli fosse già bastata l’esperienza degli ultimi mesi a fianco dei finiani di Fli. I sospetti che il leader dell’Udc coltiva sono alimentati dai colloqui informali e dalle tante voci che Casini ha raccolto negli ambienti del Partito democratico. Il suo tremendo dubbio, fino a ieri, suonava più o meno così: com’è che a questa riforma per il Pd ci lavora solo Violante?

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.