Il Valle occupato e ora sequestrato. Storia di una privatizzazione militante

Nicoletta Tiliacos

“Buongiorno, vorrei avere notizie su come si diventa soci del Motel Valle’s”, si scherza sulla pagina Facebook intitolata “Liberiamo il (dibattito) Teatro Valle Occupato?”. Più che occupato, il grande teatro romano su cui debuttarono i “Sei personaggi in cerca d’autore” appare ormai sequestrato. Con le migliori intenzioni, naturalmente.

    “Buongiorno, vorrei avere notizie su come si diventa soci del Motel Valle’s”, si scherza sulla pagina Facebook intitolata “Liberiamo il (dibattito) Teatro Valle Occupato?”. Più che occupato, il grande teatro romano su cui debuttarono i “Sei personaggi in cerca d’autore” appare ormai sequestrato. Con le migliori intenzioni, naturalmente.

    Ma sta di fatto che il gruppo di attori, tecnici e scrittori che con quell’occupazione, cominciata dieci mesi fa, proclamava di volerlo salvare da un oscuro progetto commerciale, ora del Valle è il padrone senza controllo e senza limiti, alla faccia del “bene comune” che si giura di voler tutelare.

    Gli occupanti sono molto appoggiati e coccolati da personaggi famosi – Jovanotti, Camilleri & C, tutti pronti a timbrare il cartellino della solidarietà ai combattenti – e per nulla inclini a prendere atto della necessità di restituire il teatro a regole trasparenti di gestione e indirizzo. Sarebbe (condizionale d’obbligo) Roma Capitale, dopo la fine dell’Eti e la dismissione da parte del Mibac, a dover gestire il Valle, ma chi lo occupa dal 14 giugno scorso non ne vuole sapere (le utenze di acqua e luce continuano nel frattempo a essere a carico del comune. Che paga e abbozza, come si dice nella lingua del Belli). Ormai più consolidata e rocciosa del Colosseo, l’occupazione del Valle è realtà codificata, dato di fatto, soviet inverato: “Attraverso la sperimentazione di una prassi di studio e di autogoverno del teatro siamo giunti all’elaborazione dello Statuto della Fondazione Teatro Valle Bene Comune, presentato alla cittadinanza il 20 ottobre 2011”.

    A parte il linguaggio da Politburo, il proclama notarile degli occupanti dice che dal Valle non schioderanno. Nemmeno il progetto, annunciato dal comune, di farne il centro principale della Casa dei teatri capitolini (sul modello della Casa del cinema), in un circuito pubblico che dovrà mettere a disposizione delle compagnie sale per le rappresentazioni e anche strutture di formazione, soddisfa l’insaziabile zelo di quelli che qualcuno comincia a definire “oligarchi”. No e poi no, i “valleggianti” non ne vogliono sapere, e dicono che il comune non è un interlocutore, perché il Valle appartiene alla nazione (cioè a loro).

    Quando, due giorni fa, il sindaco Alemanno ha parlato dell’intenzione di nominare Giorgio Albertazzi direttore artistico del teatro, è scoppiato il finimondo. Ma come si permette? Sganci piuttosto quel milione e duecentomila euro che aveva promesso. Due rappresentanti del Pd al comune hanno prontamente parlato di visione “proprietaria e provinciale” del sindaco e di “provocazione bella e buona” contro gli occupanti che ancora non risulta abbiano “le valigie in mano”.

    Se è per questo, non hanno nemmeno le idee confuse: hanno già precisato che nella Fondazione Teatro Valle Bene Comune a ogni quota, non importa di quale entità, corrisponderà un voto. Un euro o un milione di euro saranno lo stesso, dal punto di vista dell’alzata di mano in assemblea. La quale esprimerà un consiglio che avrà potere sulla direzione artistica, la quale non necessariamente dovrà far capo a una singola persona ma potrà essere affidata anche più persone e sarà soggetta a turnazione. L’unico a rimanere in carica per cinque anni, rinnovabili, sarà il Collegio di garanti. I quali, come è facilmente immaginabile, dovranno essere combattenti di provata fede e della prima ora, scelti fuori da ogni bando pubblico.

    In nome del Valle “bene comune”, ecco la privatizzazione militante di uno dei più importanti teatri italiani. Nel frattempo, a dicembre, c’è stata la rottura tra gli occupanti e i cento scrittori che avevano firmato la bozza per un Centro nazionale di drammaturgia che al Valle doveva trovare la propria sede.

    Dopo una tempestosa assemblea con i giacobini del Valle, i girondini hanno deciso di cambiare aria. E sull’Unità Luca Del Fra cita il giovane teatrante Daniele Timpano: “C’è fortemente il rischio che l’‘occupazione mediatica’ del Valle illumini uno spazio dove non c’è proprio un cazzo di interessante, con centri di drammaturgia senza drammaturghi e utopie democratiche senza democrazia”.