Le parziali risposte di Passera su come tornare a crescere

Stefano Cingolani

Il ministro dello Sviluppo dice che non c’è sviluppo. La Borsa cade del 3 per cento, soprattutto a causa dei titoli bancari (Mps meno 10 per cento). Lo spread ritorna a 350 punti. Per paura della Spagna, ma attenzione, ieri sul mercato secondario i Btp a dieci anni davano un rendimento del 5,19 e i bonos del 5,41, insomma siamo sempre sulla stessa barca. L’Ocse conferma che nel primo trimestre il pil è calato dell’1,6 per cento.

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    Il ministro dello Sviluppo dice che non c’è sviluppo. La Borsa cade del 3 per cento, soprattutto a causa dei titoli bancari (Mps meno 10 per cento). Lo spread ritorna a 350 punti. Per paura della Spagna, ma attenzione, ieri sul mercato secondario i Btp a dieci anni davano un rendimento del 5,19 e i bonos del 5,41, insomma siamo sempre sulla stessa barca. L’Ocse conferma che nel primo trimestre il pil è calato dell’1,6 per cento.

    Se questo è lo scenario, Corrado Passera non ha detto che la verità. Eppure le sue parole hanno suscitato interrogativi e persino un certo imbarazzo. “Siamo nel pieno di una seconda recessione – ha esordito l’ex consigliere delegato di Intesa al Senato in un’audizione – e questo trend durerà tutto l’anno”.
    Secondo la Banca d’Italia, il prodotto lordo scenderà tra l’1 e l’1,5 per cento, perché ci sarà un miglioramento in autunno, ma il Fondo monetario internazionale non è così ottimista e prevede un 2,5 per cento in meno, mentre in alcune banche d’affari londinesi circolano scenari ancora peggiori, soprattutto se proiettati nei prossimi anni. Il ritorno a una crescita sia pur modesta è spostato nel tempo, e anche il 2013 sarà negativo a differenza di quel che spera il governo di Mario Monti il quale ha promesso il pareggio del bilancio proprio nella prospettiva che la caduta s’arresti già il prossimo inverno. Dunque, il ministro Passera ha ribadito quel che sanno tutti, ma venendo dal ministro preposto al rilancio della crescita, ha un peso senza dubbio maggiore.

    L’operazione trasparenza ad alcuni è apparsa un po’ ardita mentre il premier Monti è in giro per l’Asia a chiedere di investire in Italia. Altri, più maligni, si chiedono che cosa ha fatto finora Passera per rimettere in moto la macchina. I pagamenti della Pubblica amministrazione alle imprese e ai professionisti, sono ancora bloccati: ben 100 miliardi di euro secondo alcuni calcoli. Si era parlato di estinguere i debiti con buoni del Tesoro come in altre fasi critiche. Ma è rimasto lettera morta. Ieri il ministro dello Sviluppo se l’è cavata con la consecutio temporum: “Se riuscissimo, nei prossimi mesi, a rimettere in moto metà dello scaduto, sarebbe molto”.

    Le privatizzazioni restano al palo. Quel che si è fatto finora è difficilmente quantificabile, mentre non c’è nulla sull’energia (tranne un complicato scorporo della Snam rete gas dall’Eni), sui servizi (poste, treni) e sulle municipalizzate. In un’audizione alla commissione Bilancio della Camera dei deputati il 15 marzo, il capo ufficio studi di Bankitalia, Marco Magnani, ha puntato il dito sulla Pubblica amministrazione e sulla giustizia civile, vere palle al piede per lo sviluppo, fattori che allontanano anche quelle multinazionali che il governo vorrebbe attrarre.

    Non che la Banca d’Italia governata da Ignazio Visco e guidata dal direttore generale Fabrizio Saccomanni sia critica sul decreto Cresci Italia. Anzi, sottolinea a ogni piè sospinto che non c’erano alternative perché tra ottobre e novembre l’abbiamo scampata bella. Insomma, eravamo sull’orlo del crac. Alcune delle riforme strutturali avviate hanno un impatto positivo, come rimuovere l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che non è solo un simbolo, ma un serio disincentivo agli investimenti. Oppure la riforma delle pensioni. Mantenendo al lavoro gli ultracinquantenni, sottolineano gli esperti dell’Istituto di Via Nazionale, si aumenta il prodotto interno lordo e si consente di riscuotere salari che sono più alti, spesso in modo consistente, rispetto alle pensioni. Certo, gli spazi per un vero sviluppo non ci sono.

    Passera ieri ha lanciato anche l’allarme sul credit crunch. “Il problema del credito è un super problema, per una serie di gravi cause: mancanza di liquidità, aumento delle sofferenze, regole che hanno tolto capitale alle banche”. Anche questo contrasta con una lettura corrente secondo la quale i prestiti della Bce presieduta da Mario Draghi avrebbero riempito di denaro le banche e i prestiti all’economia reale non arrivano perché non c’è domanda. Dunque, un’altra doccia fredda. Meno netto il ministro è apparso sull’agenda. Per le infrastrutture si augura di veder partire lavori per 40-50 miliardi già avviati, “nei prossimi dodici mesi”. Non subito, dunque. Sulle semplificazioni annuncia “un pacchettone ogni 2-3 mesi che tocchi le famiglie e le imprese”. Si vedrà.
    Chi è addentro alle stanze del dicastero di via Veneto fa notare che il ministro attende che si siano spenti i fuochi dell’articolo 18 e si siano abbassati i riflettori su Elsa Fornero per balzare in primo piano. Soprattutto, attenti al lavorìo dietro le quinte. Passera, del resto, lo ha già detto: l’obiettivo vero è mettere in moto meccanismi perfettamente oliati, in grado di funzionare da soli. Il suo, a questo punto, diventa un ruolo da broker che smussa gli angoli e indirizza i flussi con discrezione. Più che attendere gli squilli di tromba, insomma, bisogna osservare la tessitura quotidiana.

    I tempi sono lunghi, il problema è quale governo o quale leader politico riuscirà a vendere agli italiani dieci, forse vent’anni di austerità, di cinghia tirata. Chi è meno fideista immagina che, di fronte a una nuova crisi finanziaria, innescata questa volta nella penisola iberica, si sarà costretti a passare al piano B, come l’ha chiamato il Financial Times, cioè un’operazione una tantum sul debito sotto forma di patrimoniale più vendita di asset pubblici. I progetti in ballo sono già molti e si è aggiunto anche uno studio di Mediobanca. Monti, invece, resta convinto che, portando il bilancio in pareggio, la curva del debito s’inverte. Un’equazione sottoposta a molte incognite: gli interessi debbono restare bassi (e oggi sono ancora troppo alti, uno spread di 300 punti sarà la linea del Piave, ma vuol dire tassi superiori a 5 punti) e la crescita deve arrivare al due per cento in termini reali. Già, la crescita. Passera dovrà tirare fuori gli artigli.

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