Oltre lo statalismo e la finanziarizzazione. C'è una via d'uscita etica dalla crisi?
Dall’11 al 15 giugno si terrà l’appuntamento “Conversazioni a Milano” sul tema “Oltre lo statalismo, oltre la finanziarizzazione?”, una serie di incontri didattici organizzati dalla Fondazione Ceur (Centro Europeo Università e Ricerca) e dalla Fondazione per la Sussidiarietà che avranno luogo presso la sede milanese dei collegi Camplus messi a disposizione per gli studenti universitari in sette città italiane da Ceur.
Dall’11 al 15 giugno si terrà l’appuntamento “Conversazioni a Milano” sul tema “Oltre lo statalismo, oltre la finanziarizzazione?”, una serie di incontri didattici organizzati dalla Fondazione Ceur (Centro Europeo Università e Ricerca) e dalla Fondazione per la Sussidiarietà che avranno luogo presso la sede milanese dei collegi Camplus messi a disposizione per gli studenti universitari in sette città italiane da Ceur. Non a caso la “Settimana residenziale” nasce e si costruisce come una concordanza dei principi che hanno caratterizzato le due fondazioni, in particolare la scelta della personalità individuale dello studente come principio per una resa ottimale dello studio. A partire dalla vita universitaria all’interno di strutture che facilitano l’integrazione delle esigenze dei giovani con le priorità didattiche, la Fondazione Ceur ha promosso l’idea di alloggio residenziale universitario promuovendo allo stesso tempo attività di formazione eorientamnto per gli studenti. Sullo stesso piano la Fondazione per la Sussidiarietà ha come scopo l’approfondimento culturale e scientifico e la diffusione di una visione della società basata sulla centralità della persona e sul principio di sussidiarietà.
Per entrare nello specifico sulle tematiche che si affronteranno nella settimana residenziale e sul metodo utilizzato, il Foglio ha fatto qualche domanda al professor Giulio Sapelli, docente di Storia economica presso l’Università degli Studi di Milano e direttore scientifico della settimana residenziale assieme al professor Giorgio Vittadini. Tra gli interessi che hanno accompagnato gli anni di ricerca universitaria di Sapelli rientrano i temi della patologia dei mercati e della necessità della loro trasparenza istituzionale, organizzativa ed etica.
Per l’appuntamento di giugno si legge la definizione “settimana residenziale”: di che cosa si tratta e come verrà gestita?
E’ un momento di incontro tra studenti e insegnanti all’interno di una struttura predisposta allo studio e all’approfondimento. Sarà un ciclo intensivo di cinque giornate con un programma di studio che accompagnerà l’uditore in tutto l’arco delle giornata. Le lezioni si terranno al mattino in aula, mentre il pomeriggio sarà dedicato al momento della lettura individuale, una pratica che al giorno d’oggi è spesso sottovalutata. Al termine della giornata il ciclo di apprendimento terminerà con una discussione insieme delle nozioni che sono state assorbite e comprese, in modo da concludere con il confronto la comprensione delle materie. Questo programma porterà a coinvolgere il più possibile i giovani e a inserirli all’interno di un metodo di rapporto diretto tra studente e insegnante.
Da questa descrizione, la dinamica degli incontri sembra riecheggiare la riscoperta del discepolato, un’idea più vicina alla filosofia che alle materie legate all’economia e all’alta finanza.
Quello che stiamo proponendo è un metodo di studio che vuole permettere all’individuo un contatto umano con materie apparentemente sintetiche, come possono essere la macroeconomia o le scienze politiche, e mostrargli una via di costruzione che parte dall’io. Quello che vogliamo fare è dare la possibilità ai ragazzi di sapersi costruire un’opinione dettata dall’esperienza personale e intima dello studio, non inteso come mera assimilazione, bensì come una vera e propria esperienza di crescita.
Nonostante i temi strettamente tecnici che saranno affrontati, come può la filosofia rientrare nell’interdisciplinarietà delle giornate di conversazione?
La filosofia vista come una via etica al rispetto delle regole del mondo della finanza è un tentativo di umanizzazione dell’economia. Quando parliamo del tema “Oltre lo statalismo, oltre la finanziarizzazione?”, intendiamo provare a mostrare una via etica al concetto di finanza. La finanziarizzazione fredda che ha caratterizzato questi ultimi anni andrebbe rivista in un’ottica di rispetto per il lavoro dell’uomo e del territorio. Meno astrazione, più umanità, puntare sul singolo per noi significa accrescere le possibilità di un mondo economico meno incline al governo finanziario e più armonico, flessibile, in grado di affrontare con giustizia i problemi legati alla crisi che stiamo vivendo. Per fare questo, per rimediare a ciò che per tanti anni abbiamo rifiutato, dobbiamo soprattutto rispolverare il concetto di etica.
Etica come concetto filosofico, o religioso?
Io parto da un punto di vista religioso, la fede per me è importante e l’etica del rispetto a cui mi rivolgo è legata al mio credo. Però questo è un discorso che vale per me. Ogni individuo è libero di scegliere se credere o no, perché l’etica è super partes, è una regola che dobbiamo riscoprire nel percorso di formazione che ognuno di noi ha scelto di fare.
Sembra quasi che lei voglia suggeririe la mancanza di umanizzazione del mercato, quindi del valore etico, come elemento che ha prodotto la crisi economica attuale.
Questa crisi è anche frutto di una crisi del pensiero economico e del pensiero morale. Sono convinto che una gestione più umana della finanza, con alla base una volontà reale al benessere dell’uomo, alla realizzazione di una classe dirigente adatta e interessata alla vita reale della comunità, avrebbero portato a un’Europa più sana e meno rigida. A questo si aggiunge che oggi in Europa c’è un tentativo di omologazione del pensiero dei cittadino che ha irrigidito la struttura capitalistica, contrariamente a quanto sta accadendo negli Stati Uniti. L’America può essere vista come il vero paese libero, dove anche forme di proprietà diverse dal capitalismo lì possono vivere, mentre qui sono oscurate alla radice.
Nell’ultima lezione si affronterà il tema “Il post '89 e la crisi della dimensione etico-politica”. Ritiene che sia la caduta del Muro l’inizio della fine per l’etica europea?
Sono convinto che la dimensione umana della paura, del nemico alle porte, della sua realtà imminente, abbia assicurato una dimensione di cautela del mondo economico occidentale. La caduta del Muro ha provocato un’etrema rilassatezza, l’idea dell’invincibilità del capitalismo e del conseguente consumismo sono una delle cause di quello che oggi stiamo vivendo. L’errore è stato convincersi che la vittoria dell’occidente abbia confermato il suo sistema come il migliore dei sistemi possibili. Invece è proprio in virtù del fatto che non c’è più quella paura che noi oggi dobbiamo essere più virtuosi, avere uno stile di vita più morale e preoccuparci della povertà che, nonostante la vittoria del capitalismo, continua a esistere. Di questo oggi dobbiamo avere paura: della mancanza di fede, di non capire che la vita etica è quella che vale la pena di essere vissuta, in tutte le forme che impone il principio del rispetto. Fatto ciò, riusciremo finalmente a rimettere insieme la funzione e il senso delle cose, un meccanismo così naturale ma anche dimenticato dalla contemporaneità.
Che ruolo ha la politica in questo contesto etico?
Più che altro va riscoperta la vera politica, quella che oggi è solo imitata. Ogni cittadino appartenente a qualsiasi classe sociale deve avere la possibilità di fare vita politica attiva. Una cosa che per adesso è solo fantasia. Il giorno in cui accadrà sarà il giorno in cui torneremo a parlare di politica, mentre il periodo che stiamo vivendo adesso è l’apice dei tempi oscuri della democrazia.
Da addetto ai lavori, che cosa vorrebbe cambiare dell’istruzione universitaria di oggi?
L’università oggi è diventata uno strumento di logica studio/impresa che non lascia spazio alla costruzione personale dello studente, una costruzione che invece gli darebbe la possibilità di andare nel mondo, di reagire alle occasioni sia lavorative sia della vita in sé. Per non parlare della diffusione delle business school, che hanno prodotto individui clonati animati dalla competizione piuttosto che dalla cooperazione, e privati della dimensione umana che invece è fondamentale. In realtà gli studenti vivono una dimensione di attesa, i discepoli attendono l’arrivo del maestro. Ma non dobbiamo dimenticare che il maestro non è solo colui che sa, ma anche e soprattutto colui che è, colui che ha vissuto e può dare un esempio. Oltre a questo, vorrei vedere più ricerca, mentre oggi in Italia è la didattica a essere premiata. L’errore è stato di assimilare l’università all’impresa, che sono due entità opposte e non paragonabili. Così facendo salta invece il rapporto tra le due, che invece è necessario. La formazione di un ragazzo non può essere determitata dal mercato e mi auguro che questo concetto venga compreso. Il lavoro deve venire dopo la costruzione di un io pensante in grado di riconoscere e sfruttare le proprie capacità nelle occasioni che il mondo gli porrà di fronte. Questo vorrei che i giovani capissero, che è giusto pensare di più alla propria spiritualità, anche come investimento per il futuro.
Il Foglio sportivo - in corpore sano