Il lavacro di Bergamo

Così Maroni si prende la corona della Lega che verrà (con Bossi)

Salvatore Merlo

Roberto Maroni entra a Bergamo da conquistatore portandosi dietro il re deposto Umberto Bossi (celebratissimo, ha parlato di “ripartenza” e ha ancora evocato il complotto). Tutti, in apparenza, intenzionati a pacificare le tribù della Lega smarrita.

    Roberto Maroni entra a Bergamo da conquistatore portandosi dietro il re deposto Umberto Bossi (celebratissimo, ha parlato di “ripartenza” e ha ancora evocato il complotto). Tutti, in apparenza, intenzionati a pacificare le tribù della Lega smarrita. “Stiamo facendo pulizia – ha detto Maroni – Faremo il congresso entro giugno. La cosa più importante è l’unità del movimento” con Bossi e Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago, tutti sul palco con lui a significare che il nemico, “gli indegni che hanno sporcato la Lega”, sono altrove. Rosi Mauro soprattutto (un coro: “Rosi Mauro fuori dai coglioni”). E qualcuno parla di facili capri espiatori e allude persino a un accordo tra il vecchio e il nuovo leader: il sacrificio del cerchio magico per la salvezza della famiglia. Ha detto infatti Maroni, dal palco: “Renzo Bossi ha seguìto l’esempio di Umberto, ed è un gesto che apprezziamo”, prima di annunciare con durezza che il tesoriere Francesco Belsito sarà invece espulso mentre “con dispiacere apprendo che Rosi Mauro non si è voluta dimettere come le chiedeva Bossi”.

    Tra fischi, cori, applausi e scope “per fare pulizia”, il giorno dell’investitura di Bobo Maroni è stato ancora traumatico per il partito; malgrado a sinistra, nel Pd, osservino questo tramestio con occhi pieni di offerte politiche, immaginando possibili e fruttuose convergenze in futuro. “Bossi ha tutta la mia solidarietà”, ha detto Massimo D’Alema, già teorico nel 1994 dell’alleanza tra Pds e Lega (“una costola della sinistra”). Il vecchio leader dimissionario della Lega sembra avere accettato la logica della successione, forse perché l’unica via d’uscita, anche al prezzo di sacrificare qualche fedelissimo. Ma nel partito per adesso pensano solo a uscire dai pasticci con il minor danno possibile e uno slogan: “Facciamo pulizia da soli e prima delle procure”. Renzo Bossi ha formalizzato le sue dimissioni dal parlamento regionale della Lombardia, mentre le notizie dell’inchiesta che ha coinvolto l’ex tesoriere Francesco Belsito continuano a irrompere sulle colonne dei giornali con effetti destabilizzanti per la Lega sotto il profilo della politica e dell’immagine pubblica. Rosi Mauro, la pasionaria del cerchio magico ormai sformato e quasi definitivamente sconfitto, è andata a difendersi e a contrattaccare tra le lacrime da Bruno Vespa, a “Porta a Porta”. “Bossi me l’ha chiesto, ma non vedo perché dovrei dimettermi” dalla vicepresidenza del Senato, ha detto. Si preparano le espulsioni, è stato già “fatto fuori” (questa è l’espressione cruda che usano i leghisti) Maurilio Canton, il segretario provinciale di Varese indicato da Bossi il 9 ottobre scorso contro il parere di Maroni e della base. Si è dimesso dall’incarico per sfuggire alla mozione di sfiducia che stava per essere presentata dai maroniani, preambolo di una comunque probabilissima espulsione dal partito.

    “Le dimissioni non bastano”, ripete infatti Matteo Salvini, plenipotenziario milanese di Maroni: “Vanno cacciati fuori, tutti”. E si riferisce al cerchio magico, ai suoi membri più e meno noti tra cui Marco Reguzzoni, Federico Bricolo e Monica Rizzi, assessore della giunta regionale lombarda. Maroni, che con Calderoli e Dal Lago, regge provvisoriamente il partito, ha fissato per venerdì prossimo una riunione del consiglio federale che dovrebbe formalizzare le prime espulsioni, quelle di Belsito e forse di Rosi Mauro.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.