Scommettere sui commando afghani
I commando afghani, corpi speciali dell’esercito di Kabul sono l’ultima possibilità per salvare il paese. Se i tempi saranno rispettati, tra la fine del 2013 (come auspica il segretario alla Difesa americano, Leon Panetta) e i primi mesi del 2014 avverrà il passaggio di consegne tra le forze della coalizione multinazionale e il governo afghano, che assumerà così il pieno controllo del territorio.
I commando afghani, corpi speciali dell’esercito di Kabul, sono l’ultima possibilità per salvare il paese. Se i tempi saranno rispettati, tra la fine del 2013 (come auspica il segretario alla Difesa americano, Leon Panetta) e i primi mesi del 2014 avverrà il passaggio di consegne tra le forze della coalizione multinazionale e il governo afgano, che assumerà così il pieno controllo del territorio. Molti dubbi sono però emersi sulle reali capacità dell’esercito di Kabul nel contenere le avanzate talebane che minacciano la stabilità del paese a più di dieci anni dall’attacco americano. Frequenti sono gli episodi di soldati insospettabili che aprono il fuoco su commilitoni, che li avvelenano. Spesso, uomini arruolatisi nell’esercito afgano rispondono a gruppi talebani, come nel caso di Asadullah, convinto da alcuni studenti coranici a compiere una strage tra i colleghi che stavano con lui a un posto di blocco. La situazione è delicata, il timore di infiltrati è talmente forte che nell’organizzazione dei nuovi uffici della Difesa di Kabul è stato deciso di disporre sedie e scrivanie di fronte alla porta: solo così si potrà evitare di essere colpiti alle spalle da un commilitone.
Se l’esercito non garantisce la massima affidabilità, grande considerazione riscuotono i commando afgani. Lo stesso John Allen, comandante della missione Isaf e delle truppe americane, ne ha lodato domenica “il coraggio e la grande capacità dei suoi vertici operativi”. L’impegno di queste unità speciali è costante: addestramenti quotidiani tra la neve, arrampicate su pareti ripide, marce estenuanti nel gelo dell’inverno afgano. E’ da loro che potrà nascere un Afghanistan unito, che metta da parte le differenze etniche tra pashtun, hazara, uzbeki e tagiki. Un giovane soldato lo dice: “E’ ora di finirla con i pregiudizi tribali e razziali, qui nell’esercito siamo tutti fratelli. Siamo tutti afgani”. La selezione è dura: le prove fisiche sono importanti, ma fondamentale è reggere psicologicamente gli sforzi e la continua tensione. E’ dai commando, dalla loro convinzione nel “difendere la Patria senza paura” che l’Afghanistan (oggi un mosaico di etnie spesso in conflitto tra loro) potrà diventare una Nazione unita.
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