Guardando in tv la strega più convincente della portineria

Marianna Rizzini

Poi magari è tutto vero o tutto falso, ma a guardare Rosi Mauro in tv, intanto, non pare tutto così facile, con la strega di qua e il puro di là, ti caccio strega e ne esco pulito. Capita infatti che uno spettatore non leghista, non bossiano, non maroniano, non agguerrito contro i presunti ladroni, ma non per forza innocentista, si butti sul divano, a tarda sera, con sonno che incalza, libro in mano e orecchio a “Porta a Porta”.

    Poi magari è tutto vero o tutto falso, ma a guardare Rosi Mauro in tv, intanto, non pare tutto così facile, con la strega di qua e il puro di là, ti caccio strega e ne esco pulito. Capita infatti che uno spettatore non leghista, non bossiano, non maroniano, non agguerrito contro i presunti ladroni, ma non per forza innocentista, si butti sul divano, a tarda sera, con sonno che incalza, libro in mano e orecchio a “Porta a Porta”. E capita che il sonno dell’una di notte si scontri improvvisamente con quello che, se è stato incantesimo di strega, si merita un tanto di cappello: impossibile staccare gli occhi dall’autodifesa televisiva di Rosi Mauro, con Rosi Mauro che fa paragoni biblici e dice “se arriveranno le pietre le affronteremo”, sospesa tra il cerchio magico che fu e la gogna che s’annuncia. Impossibile, seppure dal divano, restare indifferenti a quella Rosi Mauro da commedia-tragedia umana che sotto telecamera nega tutto, risponde a tutto e cerca di spiegare l’inspiegabile: ma perché non si dimette?, ci si chiedeva fino a due minuti prima, e poi però Rosi Mauro insisteva, e contro nemici invisibili noti a tutti alzava gli occhi al cielo, un’alzata d’occhi per ogni addebito, come a dire “ti pareva”, e poi diceva “non butto una vita lavorativa”, e si comprimeva per non far scappare le lacrime già scappate per la Lega ma magari pure per se stessa, e diceva “non mi dimetto, è la prima volta in vent’anni che dico no a Bossi” e si mordeva il labbro di sbieco, sempre più forte, quando Bruno Vespa le faceva la domanda che lambiva la famiglia Bossi.

    Per quanto venga sbandierata come colpevole perfetta per la Lega, Rosi Mauro (“la nera”, la “badante”, quella che controlla, quella in combutta con la moglie di Bossi, quella che chissà che cos’ha intascato, quella che chissà cos’ha fatto intascare, quella derisa sottobanco, prima, e sguaiatamente, poi, per i suoi cinquant’anni non presentabili in società, con i capelli lunghi sciolti e il presunto e negato fidanzato giovane), alla fine Rosi Mauro, in tv, ha strappato con i denti il beneficio del dubbio.

    Che portineria, sarebbe, a guardare indietro, tutta la settimana di “dàgli a quel cane” (passione e resurrezione pasquale, dice Rosi Mauro), se fosse come dice lei: che i soldi a suo nome erano per il sindacato Sin.Pa (non importa quanto sia “scatola vuota”, il sindacato, come pure dicono gli esperti di Lega, ché quello è un problema politico), e che la “nera” delle intercettazioni era l’infermiera svizzera di Bossi (ma ieri dalla Svizzera c’era chi negava), e che la laurea Rosi Mauro non l’ha mai voluta prendere, asina com’era a scuola, e che il bodyguard poliziotto e cantante Pierangelo Moscagiuri, subito etichettato come “gigolò”, non è pagato dal Senato ma dalla polizia, come già ieri scrivevano i giornali, e non è stato foraggiato da Rosi negli studi. Portineria, sarebbe, se fosse come dice lei, ma anche se non è come dice lei veniva voglia di crederle, l’altra sera, guardandola senza rete in tv e poi guardando gli altri, quelli giunti a Bergamo con le scope per far “pulizia”, con Roberto Maroni improvvisamente così poco ex ministro dell’Interno e così tanto tribuno de panza celtica che dice “la cacceremo noi” con piglio da Robespierre e poi va in trattoria con Bossi e Calderoli (la Lega vuole “sacrifici umani”, ha detto Francesco Merlo nella sua “fotografia” su Repubblica.it, e Pierluigi Battista, sul Corriere.it, ha parlato di “tentazione del linciaggio”).

    Poi magari non si riesce a credere a nessuno, neanche a Rosi Mauro, in questa storia, ma l’altra sera, in televisione, mentre gli altri erano in trattoria, amici come prima, Rosi Mauro pareva all’ultimo argine prima di Salem, butto nel fuoco te per salvare me. E non si poteva fare a meno di ascoltarla, colpevole o innocente, Rosi Mauro, aggrappata ai fogli sottolineati dal suo avvocato come alla prova tra “tutte le prove” che dice di avere, mentre buttava indietro il collo, trasecolando, come se non fosse neanche mai stata lì dove pure stavano tutti.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.