I consigli keynesiani del Pd a Monti su crescita e fisco
Vista la recessione, e l’austerità imposta da Angela Merkel ai paesi europei che produce altra recessione, gli stati nazionali possono al momento soltanto ridurre i danni economici e sociali. E’ l’analisi tra il pessimismo e il realismo che si rintraccia nel contributo del Pd al prossimo (Programma nazionale di riforma) che il governo Monti deve approvare entro la fine del mese e che potrebbe essere già discusso nel Consiglio dei ministri di domani.
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Vista la recessione, e l’austerità imposta da Angela Merkel ai paesi europei che produce altra recessione, gli stati nazionali possono al momento soltanto ridurre i danni economici e sociali. E’ l’analisi tra il pessimismo e il realismo che si rintraccia nel contributo del Pd al prossimo (Programma nazionale di riforma) che il governo Monti deve approvare entro la fine del mese e che potrebbe essere già discusso nel Consiglio dei ministri di domani. Il documento del partito capitanato da Pier Luigi Bersani, preparato in spirito di collaborazione con la maggioranza tripartita, è stato discusso ieri in una riunione informale tra esponenti di Pd, Pdl e Terzo polo alla presenza anche del capo economista del Tesoro, Lorenzo Codogno. Una presenza non casuale: Codogno è di fatto l’alto dirigente del ministero dell’Economia che coordina la stesura del Pnr, il documento previsto dall’Unione europea in cui gli stati sintetizzano i provvedimenti di politica economica e di finanza pubblica adottati, e disegnano la strategia governativa per la crescita. Codogno, secondo la ricostruzione del Foglio, ha esposto tesi condivise dai rappresentanti della maggioranza tripartita e ha detto che occorre fare i conti con le idee basate sul rigorismo dettate dalla Germania.
Eppure le prospettive, anche per l’Italia, sono tutt’altro che esaltanti. Ieri Vittorio Grilli, viceministro dell’Economia e delle Finanze, nel corso di un question time alla Camera ha detto: il governo rivedrà al ribasso, nel Documento di economia e finanza (Def), le stime sul pil nel 2012. “Noi siamo sempre abbastanza coerenti con le stime della Commissione europea”, ha risposto Grilli alla domanda se l’esecutivo si accinga a tagliare le stime di crescita. L’ultima indicazione dell’esecutivo è meno 0,4 per cento, mentre per l’Ue è meno 1,3 per cento. Anche per questo il Pd consiglia al tecnogoverno un’inversione di tendenza: non più solo austerità e rigore nei conti pubblici, ma espansione della domanda. Nelle 76 pagine del rapporto curato in particolare dal responsabile Economia del Pd, Stefano Fassina, si chiede di “rimettere la distribuzione al centro della politica economica”. Le parole d’ordine del Pd non sembrano propriamente montiane: “In società più diseguali si vive peggio”, “società più diseguali crescono meno” e finanche “la disuguaglianza all’origine della crisi”, con innumerevoli rimandi a studi, ricerche e analisi. Con questa diagnosi, la prognosi è quasi scontata: “Ridurre le disuguaglianze può rilanciare la domanda”. “In questo momento – si legge – c’è una crisi da domanda, nella quale la capacità produttiva (macchinari, lavoro, capitale umano) non viene utilizzata per insufficiente domanda di beni e servizi da parte delle famiglie e delle imprese”.
Ma non è soltanto una richiesta protokeynesiana, sottolinea il documento economico del Pd: “Questa tesi, sostenuta da tempo da economisti di orientamento keynesiano come Joseph Stiglitz e Paul Krugman, è stata fatta propria anche dal Fondo monetario internazionale, che in un documento scritto con l’Organizzazione internazionale del lavoro (‘The Challenges of Growth, Employment and Social Cohesion’) individua nel calo della domanda aggregata la determinante principale della spettacolare crescita della disoccupazione in alcuni paesi e nella dinamica della disuguaglianza uno dei fattori che ha maggiormente inciso sugli squilibri di domanda aggregata”.
Che fare, adesso? Risponde il Pd: occorre puntare, tra l’altro, su investimenti pubblici sia in Italia che in Europa (attraverso un rafforzamento della Bei e dei fondi creati dalle Casse depositi e prestiti) e, soprattutto nel nostro paese, “contribuire a rendere più progressivo il sistema fiscale, spostando il carico dal reddito da lavoro alla ricchezza e alla rendita”.
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