A quando la frustata?

Cercasi disperatamente un fisco sviluppista per superare l'immobilismo

Michele Arnese

Lady Spread non porta più molto scompiglio, eppure i mercati restano in tensione e i governi, compreso quello italiano, traccheggiano sulle politiche sviluppiste a causa del rigorismo indispensabile. Ma ieri non è stata soltanto l’Europa a preoccupare analisti e operatori. Il dato cinese sul primo trimestre del pil (più 8,1 per cento, il tasso più basso degli ultimi tre anni) ha demoralizzato le Borse. Nel Vecchio Continente è stata la Spagna a diffondere timori

    Lady Spread non porta più molto scompiglio, eppure i mercati restano in tensione e i governi, compreso quello italiano, traccheggiano sulle politiche sviluppiste a causa del rigorismo indispensabile. Ma ieri non è stata soltanto l’Europa a preoccupare analisti e operatori. Il dato cinese sul primo trimestre del pil (più 8,1 per cento, il tasso più basso degli ultimi tre anni) ha demoralizzato le Borse. Nel Vecchio Continente è stata la Spagna a diffondere timori: le banche spagnole hanno fatto ampio ricorso, a marzo, allo sportello Bce per 227 miliardi di euro (con un incremento del 50 per cento rispetto a febbraio) e ieri il costo per assicurarsi dal rischio di default della Spagna attraverso i Credit default swap (Cds) è arrivato al record storico di 498 punti. E’ stato quindi naturale per le Borse chiudere in negativo. D’altronde anche i dati sulla produzione industriale non hanno indotto a entusiasmi: a febbraio in Italia è calata del 6,8 per cento.
    Anche nel governo, oltre che nei mercati, gli umori non sono dei migliori.

    La recessione comporterà una revisione al ribasso delle stime di crescita del pil quest’anno. Lunedì prossimo il Consiglio dei ministri esaminerà sia il Def (Documento di economia e finanza) sia il Pnr (Programma nazionale di riforma). Nell’esecutivo c’è la consapevolezza che nonostante il rigore e i provvedimenti su liberalizzazioni, semplificazioni e lavoro, le variabili endogene surclassino quelle esogene. Certo, il Tesoro mostra ottimismo su come è stata superata la fase più critica delle aste dei titoli di stato, anche se i rendimenti sono saliti. E a Palazzo Chigi si punta sugli effetti della spending review curata dal ministro dei Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda.

    Le modalità della revisione della spesa pubblica fanno però mugugnare molti anche nel governo: obiettivi poco chiari (tagliare la spesa o renderla solo più efficiente?), metodi antichi che guardano ai capitoli di spesa e non alle funzioni da sfoltire. E nell’esecutivo c’è chi indica nel dicastero della Difesa retto da Giampaolo Di Paola, sulla riorganizzazione delle forze armate, lodata non a caso da Enrico Morando (Pd), e in quello dello Sviluppo retto da Corrado Passera, casi da imitare

    Gli uomini di Passera, coordinati dal capo della segreteria tecnica, Stefano Firpo, hanno nel cassetto uno schema di decreto (sì, decreto legge, e non disegno di legge) per il riordino degli incentivi all’industria che può comportare un risparmio di spesa per circa 700 milioni di euro in due anni, disboscando norme e prevedendo poche leggi anche con crediti di imposta automatici per agevolare l’innovazione e l’internazionalizzazione delle imprese. Ma resta il problema, adesso, di come innescare un processo virtuoso di crescita anche con misure fiscali. Al ministero dell’Economia si fa notare che in collaborazione fruttuosa con lo Sviluppo si pensa a incentivare la finanza di impresa e si valuta la riforma delle cambiali finanziarie per dare la possibilità alle pmi di avere un canale alternativo di finanziamento al sistema bancario. Nel frattempo i partiti della maggioranza stanno diventando arrembanti. Martedì il premier Mario Monti incontrerà i segretari di Pdl, Pd e Udc proprio per definire un calendario con le misure per la crescita. I primi effetti del forcing della maggioranza sono evidenti: con un emendamento concordato tra governo e maggioranza, l’Imu si pagherà in tre rate, anche se ieri in Consiglio dei ministri è stata confermata l’ipotesi dell’aumento di 5 centesimi al litro della benzina per fronteggiare le emergenze con la Protezione civile. Inoltre è in fase di limatura la legge delega fiscale.

    I punti qualificanti? La riforma del catasto, il contrasto all’elusione fiscale, la tassazione ambientale, il monitoraggio dell’erosione fiscale e il riordino delle tax expenditures, ha spiegato il viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli. Insomma, mera manutenzione legislativa. Ovvero: nessuna riduzione della pressione fiscale. Anzi, una carbon tax in arrivo. Ma il sottosegretario all’Economia, Vieri Ceriani, che sta limando la bozza della delega, prevede che una parte delle maggiori entrate dalla lotta all’evasione fiscale alimentino un fondo per ridurre le imposte sui redditi bassi. Infine, su spinta della commissione Finanze della Camera presieduta da Gianfranco Conte (Pdl), nell’ultima bozza di Ceriani compare una revisione delle sanzioni fiscali a favore degli imprenditori, e non degli evasori, e in particolare delle aziende che vantano crediti dalla Pubblica amministrazione.