Il triste ballo della politica sulle macerie calcistiche dei Rangers di Glasgow
Verde o blu, cattolico o protestante, irlandese o inglese, cioè scozzese. Glasgow in pillole si racconta anche così: “Non è solo identità nazionale, è un problema di identità in cerchi concentrici, che partono da te, dalla tua famiglia, dalla tua squadra di calcio, via via, fino alla Scozia (nel mio caso) e poi al Regno Unito”. I Rangers rischiano di scomparire, sono in amministrazione controllata con 16,7 milioni di euro di debiti societari e 10,7 nei confronti dell’HMRC, il fisco inglese.
Verde o blu, cattolico o protestante, irlandese o inglese, cioè scozzese. Glasgow in pillole si racconta anche così: “Non è solo identità nazionale, è un problema di identità in cerchi concentrici, che partono da te, dalla tua famiglia, dalla tua squadra di calcio, via via, fino alla Scozia (nel mio caso) e poi al Regno Unito”, afferma Tom Devine, storico scozzese, autore di "The Scottish Nation", libro capace di scavalcare Harry Potter per quattro settimane nelle classifiche dei più venduti.
I Rangers rischiano di scomparire, sono in amministrazione controllata con 16,7 milioni di euro di debiti societari e 10,7 nei confronti dell’HMRC, il fisco inglese. Un tracollo che porterebbe con sé l’Old Firm (il derby con il Celtic) e forse tutto il calcio scozzese, legato come a un cappio, a volte più stretto altre più largo, alla sopravvivenza di una diarchia che, in pratica, ha impoverito tutto il movimento. Così la Scozia si è divisa tra chi vuol vedere rispettate le regole (è pur sempre un paese anglosassone a maggioranza presbiteriana) e chi spera che uno dei tre consorzi in lizza acquisiti il club, cancellando i debiti.
Attualmente tra le dodici società della Scottish Premier League vige l’11-1, cioè ogni club ha diritto di veto, ergo il potere di Celtic e Rangers è quasi assoluto. L’idea è quella di cambiare la struttura in un 9-3, togliendo, di fatto, alle due squadre di Glasgow lo strapotere decisionale. Ma il vero ostacolo verso la sopravvivenza dei Gers sono le nuove regole finanziare che la Lega vuole applicare in vista del fair play. La decisione sarà presa solamente il prossimo 30 aprile, bloccando così i possibili acquirenti. Mentre l’Uefa spera che tutto si risolva per il meglio e rimane in stretto contatto con la locale FA. “Per l’interesse generale il fisco deve reclamare il pagamento delle tasse, ma nello stesso momento deve essere cosciente che si tratta di una grande istituzione, tessuto della nazione scozzese e del suo calcio. Spero, quindi, che si trovi un accordo per la continuità dei Rangers”, ha detto il Primo ministro Alex Salmond. Parole interessate, quelle del leader dello Scottish National Party, che lo scorso 25 gennaio ha presentato in Parlamento le linee guida del governo per il referendum sull’indipendenza della Scozia.
Parole stigmatizzate da Tom Devine: “Un errore, guarda caso la maggioranza dei tifosi dei Rangers è antinazionalista. Non credo che questa strategia gli porterà voti”. “Voglio che quel club sopravviva e prosperi”, ha dichiarato il premier inglese David Cameron in visita in Scozia per convincere Salmond a non indire il referendum, che costerà al paese 12 milioni di euro, senza considerare i rimborsi previsti per comitati, politici e singoli cittadini impegnati nella campagna. “Ha una storia straordinaria e un posto importante nel cuore di molti scozzesi e nessuno vuole che scompaia”, ha chiosato Cameron, grande tifoso dell’Aston Villa.
Nel 2011 nel mare della Scozia sono stati estratti 65 milioni di tonnellate di greggio e concesse 46 nuove licenze esplorative, per un settore che dà lavoro a 196.000 scozzesi. Devine incolpa l’Snp del fallimento della Royal Bank of Scotland e della Bank of Scotland, mentre Cameron ricorda che con l’indipendenza sarebbe costretto a passare dalla sterlina all’euro, sul quale Salmond si è sempre tenuto neutrale. L’immagine del fan del Celtic cattolico, repubblicano, ossessionato dal Papa e dall’Ira contro quella del tifoso Rangers protestante, lealista e di destra è un po’ folkloristica, ma il settarismo legato all’appartenenza calcistica è ancora molto forte a Glasgow: quanto poi tutto questo potrà essere speso in un referendum indipendentista è tutto da vedere.
“Per il momento si potrebbe dire che noi siamo nel migliore dei mondi possibili: godiamo della protezione di un grande stato (il Regno Unito), ma per quanto riguarda welfare, scuola, salute, tutta la vita quotidiana, ci gestiamo da noi i nostri affari. E' un’altra manifestazione della dualità, della nostra simultanea scozzesità e inglesità, e anche della flessibilità di cui da prova l’Unione”, sottolinea Tom Devine, scettico contro questa ondata di indipendentismo e ricerca, a volte artefatta, delle radici scozzesi.
Fuori da Ibrox Park campeggiano adesivi dell’Union Jack con la scritta “Amala o lasciala”, ma Alex Salmond sogna una Scozia indipendente ricca di materie prime. E quelli del Celtic si godono il triste ballo della politica sulle macerie dei Rangers.
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