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Prime purghe in Padania, schiarite grancoalizioniste

Salvatore Merlo

La riunione è stata lunghissima, e molto tesa ma alla fine il consiglio federale della Lega ha espulso all’unanimità Rosi Mauro e Francesco Belsito. Nessuna sanzione a Renzo Bossi, cui Maroni si era rivolto pochi giorni fa dal palco di Bergamo dicendo “si è dimesso, è un gesto che apprezziamo”. La resistenza di Rosi Mauro, difesa dagli altri membri del cosiddetto cerchio magico, è stata accanita e il risultato incerto per parecchie ore. Lo stesso Umberto Bossi (che si è astenuto dal voto) sembrava incline a un giudizio meno drastico.

    La riunione è stata lunghissima, e molto tesa ma alla fine il consiglio federale della Lega ha espulso all’unanimità Rosi Mauro e Francesco Belsito. Nessuna sanzione a Renzo Bossi, cui Maroni si era rivolto pochi giorni fa dal palco di Bergamo dicendo “si è dimesso, è un gesto che apprezziamo”. La resistenza di Rosi Mauro, difesa dagli altri membri del cosiddetto cerchio magico, è stata accanita e il risultato incerto per parecchie ore. Lo stesso Umberto Bossi (che si è astenuto dal voto) sembrava incline a un giudizio meno drastico. Ma ha vinto la linea dura di Roberto Maroni che pare abbia drammatizzato la riunione dicendo che “o va via lei o vado via io e finisce qui la Lega”. Mauro espulsa “perché non si è dimessa, come le era stato ordinato da Bossi”. Fonti del Foglio vicine all’ex ministro dicono che “è solo l’inizio”, le espulsioni continueranno a colpire il gruppo di dirigenti vicino a Mauro e alla famiglia di Bossi. Nel corso della riunione è stata anche fissata ufficialmente la data del congresso federale per l’elezione del nuovo segretario dopo il passo indietro di Bossi: si terrà il 30 giugno e il 1° luglio.

    In Parlamento il clima è di quelli che piacciono a Pier Ferdinando Casini, prelude alle larghe intese o, meglio per lui, alla grande coalizione. Pdl, Pd e Udc hanno presentato in Senato la legge di riforma costituzionale del sistema parlamentare e del governo: superamento del bicameralismo perfetto, rafforzamento dei poteri del premier e sfiducia costruttiva. Il testo ha avuto l’avallo informale di Giorgio Napolitano, che ha seguito la formulazione e consigliato la natura del provvedimento. Sono stati frequenti i suoi colloqui con Luciano Violante (estensore della bozza insieme a Gaetano Quagliariello del Pdl e Ferdinando Adornato dell’Udc). I tre ambasciatori hanno partecipato ieri con Gianni Alemanno a un incontro bipartisan a porte (semi) chiuse organizzato dalla fondazione Nuova Italia. Apparente unanimità di fondo tra tutti, compresi alcuni ex ministri del governo Berlusconi e il lettiano del Pd Francesco Boccia. Con qualche scetticismo (ma minoritario): “A voler essere sinceri il tempo per fare la riforma non c’è”, dice Mario Landolfi.

    I partiti della maggioranza vanno avanti anche sulla nuova legge elettorale di tipo proporzionale, considerata un unico “pacchetto” insieme alle riforme istituzionali. Con qualche problema, però. Pd e Pdl sembrano andare un po’ troppo d’accordo tra loro provocando i sospetti dell’Udc. “Spingono sui correttivi maggioritari”, dice Adornato commentando il rapporto di intesa tra Quagliariello e Violante (i due si incontrano spesso anche senza il collega dell’Udc). I maggiori dubbi, com’è noto, li ha il Pd che, dice Peppino Calderisi, esperto berlusconiano di sistemi elettorali, “soffre perché un pezzo del partito crede di poter vincere le elezioni con l’attuale legge, ma pure vorrebbe evitare di diventare schiavo di un’alleanza con Vendola e Di Pietro”. Ma i problemi li ha anche il Pdl, e non è un caso se, alle ultime riunioni tra gli ambasciatori, a Quagliariello è stato affiancato il più scettico Ignazio La Russa. L’ultima novità dell’accordo è l’introduzione di una “convenzione costituzionale” secondo la quale il partito vincitore delle elezioni (il sistema è proporzionale) non potrà essere escluso dal governo e guiderà il processo di formazione dell’esecutivo.

    Anche le mosse sul finanziamento pubblico confermano rapporti stretti, perfino solidali, tra Pdl, Pd e Udc. Alfano, Bersani e Casini hanno trasformato in disegno di legge l’emendamento sulla trasparenza dei bilanci, dopo che questo era stato giudicato inammissibile dalla presidenza della Camera. E’ la prima legge che i tre leader firmano insieme. Anche la flemma con la quale Pdl, Pd e Udc stanno affrontando l’ipotesi del taglio dei “rimborsi” pubblici è una conferma di intesa. Hanno rimandato tutto a maggio, e intanto una parte del Pdl spinge per una riformulazione del sistema che privilegi le donazioni private rispetto all’erogazione di denaro pubblico. “Il finanziamento va tagliato almeno del 50 per cento. E i partiti dovranno attrezzarsi a ricevere donazioni attraverso il 5 per mille”, dice Alemanno. Il sindaco di Roma propone un sistema di finanziamento privato sostenuto da esenzioni che equiparino i partiti allo status fiscale delle associazioni onlus. “E’ una proposta di partito”, dice l’ex sottosegretario Alfredo Mantovano.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.