Cargo misteriosi
Ha preso il mare dieci giorni fa dal grande porto di Mumbai, in India, e ha attraversato per giorni l'oceano senza sollevare sospetti. Ha superato i controlli a Gibuti, ha infilato lo Stretto di Suez e sarebbe arrivato presto di fronte alle coste della Siria se le autorità turche non fossero intervenute. Da quarantotto ore, le squadre speciali della polizia perquisiscono un cargo da seimila tonnellate fermo a Iskenderun, a poche miglia dal confine siriano.
Ha preso il mare dieci giorni fa dal grande porto di Mumbai, in India, e ha attraversato per giorni l'oceano senza sollevare sospetti. Ha superato i controlli a Gibuti, ha infilato lo Stretto di Suez e sarebbe arrivato presto di fronte alle coste della Siria se le autorità turche non fossero intervenute. Da quarantotto ore, le squadre speciali della polizia perquisiscono un cargo da seimila tonnellate fermo a Iskenderun, a poche miglia dal confine siriano. I documenti dicono che la nave trasporta parti di ricambio per una centrale elettrica, ma i turchi pensano che ci sia altro nelle stive: armi e munizioni destinate al regime di Damasco, un regalo degli amici iraniani. Il cargo si chiama Atlantic Cruiser, ha la bandiera di Antigua e appartiene a una compagnia tedesca.
La polizia turca fa capire che la nave sarebbe già lontana senza le giuste pressioni, ma gli armatori di Bockstiegel Reederei hanno una versione differente: dichiarano di avere ricevuto un messaggio via e-mail dai ribelli siriani che annunciava attacchi alla nave, e di avere deciso lo stop a Iskenderun per evitare problemi maggiori. “Gestiamo la vicenda in stretto contatto con il nostro governo”, dicono alla Bockstiegel, ed è certo che i diplomatici tedeschi seguano i movimenti dell'Atlantic Cruiser con estrema cura. Le sanzioni approvate dall'Unione europea puniscono severamente il passaggio di armi alla Siria e per un paese come la Germania sarebbe difficile giustificare una svista del genere senza sollevare qualche protesta. Anche perché i tedeschi si sono trovati più di una volta in questa posizione scomoda: di recente è capitato con European-Iranian Trade Bank, un istituto capace di tenere aperti canali fra Berlino e Teheran nonostante gli avvertimenti, a volte molto espliciti, degli Stati Uniti. Il viaggio del cargo mostra le debolezze dell'occidente nei confronti del dossier siriano: i controlli sulle compagnie europee sono stretti, ma serve un colpo di fortuna per individuare quelle che hanno ancora relazioni con il clan del presidente siriano, Bashar el Assad, e con gli uomini del suo clan.
Senza il controllo fisico sul Mediterraneo è quasi impossibile fermare i rifornimenti in arrivo da oriente, in particolare dall'Iran, il vero sostegno del regime nella guerra che ha già fatto novemila morti in ogni angolo del paese. Ma al momento, le uniche navi straniere che si vedono al largo della Siria sono quelle della marina russa. Lo scambio che tiene in vita il regime siriano è complesso e non riguarda soltanto le armi. All'inizio di aprile, i soldati egiziani in servizio sul Canale di Suez hanno fermato una petroliera iraniana carica di greggio estratto in Siria. Il giornale on line Egyptian Gazette ha scritto che il governo di Damasco, schiacciato dalle sanzioni economiche, non è più in grado di trasportare all'estero il petrolio e deve ricorrere all'aiuto di Teheran per tenere vivo il commercio. La nave ha ottenuto il permesso di transito dopo cinque giorni e una multa consistente: ora si trova poco distante da Singapore, la sua meta finale, dove lascerà un carico da 85 milioni di dollari. Se la pressione economica ha effetti soltanto parziali, non va meglio con gli sforzi diplomatici messi in campo dalle Nazioni Unite e dalla Lega araba. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha detto ieri che il regime non rispetta il piano di pace né gli accordi per il cessate il fuoco (una persona è morta negli scontri di ieri a Deir el Zour), ma ha chiesto al Consiglio di sicurezza di approvare il viaggio in Siria degli osservatori per almeno tre mesi. L'inviato dell'Onu, Kofi Annan, ha raggiunto ieri un accordo con i mediatori di Assad per le regole della missione, anche se c'è poca fiducia nei confronti di Damasco.
Lo stallo spinge gli Stati Uniti a valutare soluzioni diverse per mettere fine alle violenze. Il segretario di stato, Hillary Clinton, era ieri a Parigi per il meeting degli Amici della Siria, e il responsabile della Difesa, Leon Panetta, ha ricordato che i suoi uffici sono pronti a fornire “altri possibili piani” a Barack Obama, se il presidente lo vorrà. Queste parole anticipano alcuni cambi nello staff che si occupa del dossier. Le opzioni più discusse sono due: contatti più solidi con l'esercito di liberazione siriano e la nascita di una zona cuscinetto al confine con la Turchia per facilitare le operazioni umanitarie e la fine degli Assad.
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