Bruxelles in silenzio sta già superando l'ottusa austerity

David Carretta

Strasburgo. La Commissione europea non è preoccupata per i conti pubblici italiani esposti due giorni fa dal governo Monti nel Documento di economia e finanza (Def). Per il 2012 l’Italia “è in linea con quanto richiesto dalla procedura di deficit eccessivo” del Patto di stabilità, che impone di tornare sotto la soglia del 3 per cento quest’anno, ha spiegato ieri l’esecutivo comunitario.

    Strasburgo. La Commissione europea non è preoccupata per i conti pubblici italiani esposti due giorni fa dal governo Monti nel Documento di economia e finanza (Def). Per il 2012 l’Italia “è in linea con quanto richiesto dalla procedura di deficit eccessivo” del Patto di stabilità, che impone di tornare sotto la soglia del 3 per cento quest’anno, ha spiegato ieri l’esecutivo comunitario. Inoltre, con un deficit previsto dello 0,5 per cento, l’Italia compie uno “sforzo aggiuntivo” rispetto al Six pack sulla governance economica, entrato in vigore in dicembre, che fissa l’obiettivo di medio termine all’1 per cento. Insomma – ha detto la Commissione – “abbiamo un paese che vuole fare di più di quanto è richiesto”. E nel 2013 l’Italia dovrebbe raggiungere un avanzo primario, contribuendo a “ridurre in modo significativo il suo debito pubblico”.

    Il giudizio mite della Commissione sul Def riflette un’evoluzione in corso sull’austerity. In altre circostanze e con altri premier, il rinvio di fatto del pareggio di bilancio avrebbe scatenato le ire contabili di Bruxelles, oltre che le risa critiche di Berlino e Parigi. Ma gli effetti perversi della politica di austerità imposta dal duo Merkel-Sarkozy si fanno sentire. E la Commissione si è accorta che, a forza di tagli e soprattutto tasse, la recessione sta peggiorando, aggravando la situazione di bilancio dei paesi in difficoltà. Mercoledì, davanti all’Europarlamento, il commissario agli Affari economici, Olli Rehn, si è lasciato sfuggire una frase che potrebbe segnalare una svolta: sulla base delle previsioni economiche di primavera, “valuteremo e decideremo” quale deve essere il corretto equilibrio “tra consolidamento dei bilanci e crescita”.
    La Germania non ha autorizzato la svolta, ma diversi governi stanno già adottando una maggiore flessibilità. In marzo, la Spagna di Mariano Rajoy ha alzato gli obiettivi di deficit per il 2012, ottenendo il consenso tedesco con la promessa di portare il deficit al 3 per cento l’anno prossimo. In Grecia, dove si vota il 6 maggio, il leader di Nuova democrazia, Antonis Samaras, s’è impegnato a modificare le condizioni del bailout, mentre quello del Pasok, Evangelos Venizelos, si batterà per spalmare il consolidamento fino al 2015. In Francia, i programmi di Nicolas Sarkozy e François Hollande potrebbero ritardare il pareggio di bilancio al 2017.

    La Commissione per ora lascia fare, ufficialmente perché attende i programmi nazionali di stabilità. Ma alcuni funzionari ammettono che “c’è un limite alla pressione fiscale”, oltre il quale l’austerità è controproducente, perché deprime la crescita e riduce le entrate fiscali. Invece di alzare le tasse “sarebbe meglio puntare sui tagli alla spesa e sulle riforme”, dice una fonte comunitaria. Non è un caso se, da qualche settimana, Bruxelles spinge molto di più sulle riforme sul lato dell’offerta che sul rispetto contabile dei deficit. L’urgenza è che l’Italia consegua una condizione di “stabilità economica”, che dipende “dalla capacità di affrontare le sue debolezze strutturali di lungo termine”, ha detto ieri la Commissione. In questo senso “la prossima tappa cruciale è l’adozione della riforma del mercato del lavoro”.
    Certo, gli spread continuano a fare paura: quelli di Italia e Spagna sono tornati a salire – 390 e 423 punti – dopo che Madrid è riuscita a collocare più di 2,5 miliardi di obbligazioni, ma con rendimenti in crescita. Il differenziale dei titoli francesi ha superato quota 140: le voci smentite di un taglio del rating della Francia hanno oscurato il successo di un’asta da 10,5 miliardi di obbligazioni decennali.