Il malumore di Beppe Grillo
Il processo di Norimberga per i partiti, il tribunale di cittadini indignati estratti a sorte, la pena esemplare comminata dagli italiani brava gente, la frase di Jim Morrison parafrasata in “nessuno uscirà di qui senza una pena esemplare”, la rieducazione forzata ai lavori socialmente utili, la resa dei conti, la minaccia suprema (“il popolo verrà a prendervi casa per casa”) e un’intera trasmissione di Michele Santoro che amplifica il tutto.
Il processo di Norimberga per i partiti, il tribunale di cittadini indignati estratti a sorte, la pena esemplare comminata dagli italiani brava gente, la frase di Jim Morrison parafrasata in “nessuno uscirà di qui senza una pena esemplare”, la rieducazione forzata ai lavori socialmente utili, la resa dei conti, la minaccia suprema (“il popolo verrà a prendervi casa per casa”) e un’intera trasmissione di Michele Santoro che amplifica il tutto: c’è un crescendo nel lessico e nei modi da rivoluzionario in fase Terrore del Beppe Grillo in show elettorale itinerante, con la performance-comizio portata in giro in camper e con l’ex comico che si tuffa sempre più nell’urlo ringhiante e sempre meno nello sberleffo anche liberatorio del “vaffa” che fu. Tanto che a un certo punto viene da chiedersi se non stia per caso facendosi beffe di tutti, Grillo, se ci creda davvero quando dice “siamo il neorealismo della politica”, siamo “la peste nera nel Medioevo: tutti negavano che ci fosse, ma il contagio non si fermava”. Magari c’è il secondo tempo dello show in cui Grillo torna comico e dice “abbiamo scherzato”, si pensa di fronte all’ennesima invettiva sui finanzieri in gelateria a leccare gelati in attesa di beccarti sugli scontrini; magari Grillo è ancora quello che almeno faceva battute come questa (del 2006): “Ma pensa, la gente mi scrive… si fidano di un comico”. E invece no.
E’ irriconoscibile, questo Grillo truce su cui pendono accuse di dispotismo interno al MoVimento 5 stelle (ora ha puntato Giovanni Favia, il più mediatico dei grillini, scrive Repubblica), dal Grillo finto timido – irresistibile – degli esordi in tv. Anche chi allora era piccolo se lo ricorda, tanto faceva ridere, con la maglietta a righe da Pippi Calzelunghe e la tuta da meccanico e le famose sopracciglia ad arco da ragazzo dimesso che trasecola pronunciando il suo cognome (“sono Grillo”) e a “Fantastico” fa battute sugli avanzi di Natale che durano fino a Pasqua. Ci saranno stati, da qualche parte, in quel Beppe Grillo, i prodromi di questo Beppe Grillo torvo che va all’arrembaggio del Parlamento mentre il presidente Giorgio Napolitano dice “i partiti non sono il regno del male”, e grida “spazziamo via tutti, puntiamo al governo, puntiamo al venti per cento” (il sondaggio SWG lo dà al sette, altri sondaggi quasi all’8).
Chi ha rubato Beppe Grillo, viene da chiedersi, non fosse che l’ex comico si è rubato da sé. Qualcuno ancora cerca la causa della sua virata da comico mattatore a comico fuoriuscito con il puntiglio del piccolo azionista-consumatore, e della sua successiva metamorfosi in tribuno della plebe che sogna lo scalpo dei politici. Forse è stato influenzato dall’esperienza di Coluche, il comico francese che nel 1980 si candidò per sberleffo alla presidenza francese, ritirandosi quando i sondaggi lo davano al quindici per cento, dicevano Marco Ferrante e Carlo Freccero a “Icone” (su Rai5, l’ottobre scorso), ché i due, Grillo e Coluche, si erano davvero incontrati, nel 1985, su un set di Dino Risi. Vai a sapere, magari sì, magari ci fosse almeno qualcosa della leggerezza di Coluche in Grillo, qualcosa di quella lista beffarda di arrabbiati, diseredati, emarginati, drogati, rovinati e uomini qualunque chiamati da Coluche a dire un grande “vai all’inferno” a tutti. Grillo pare lontano da qualsiasi leggerezza, nel suo vago rifarsi a un ésprit da “Fronte dell’Uomo qualunque”, e molto vicino alla discesa definitiva nel “malumore” di cui scriveva Francesco Merlo nel 2008, su Repubblica, all’indomani del secondo “Vaffa day”, raccontando un Grillo che schizza “bile nera” e si crede “una somma di Totò e del professor Sartori, uno che prende drammaticamente sul serio la propria scienza politica. E invece può fare tutto, tranne che saltare la propria ombra che rimane l’ombra di un comico (in crisi)”.
Grillo ci fa o ci è? E’ un mistero, ma è un fatto che i suoi ragazzi, quelli del MoVimento 5 stelle, quelli del Web, quelli che a Ladispoli fanno la pesca a cinque euro per la raccolta fondi – versi cinque euro e peschi quello che vuoi – lo prendono assolutamente sul serio, più grillini del Grillo che quasi quasi si diverte a scrivere j’accuse in serie sulla “democrazia del tè” che “uccide la democrazia parlamentare” e sui partiti che “hanno sottratto il futuro a due generazioni”: “Vi accuso di collusione con le mafie, di furto ai danni dello stato… di aver dichiarato guerra alla Libia rinnegando la Costituzione, di dilapidare miliardi di euro in cacciabombardieri mentre gli operai muoiono per mancanza di controlli e gli imprenditori si suicidano. Vi accuso di aver nascosto la verità, di aver condannato un popolo alla miseria, di aver occupato ogni spazio della società con le vostre mandibole, le vostre tangenti, insaziabili come metastasi. Vi accuso di essere dei mentecatti, dei dilettanti, dei signor nessuno che hanno vinto il biglietto della lotteria in Parlamento, vi do un consiglio, cercatevi un avvocato, magari Ghedini, che mi sembra libero, in questo momento”. Non si sa in cuor suo se sia serio o faceto, Grillo, mentre dice che a pagare le tasse c’è il rischio che “quelli” facciano “due volte le stronzate che hanno fatto” o mentre chiama Monti “esorcista alla rovescia”. Sia come sia, Gad Lerner, già critico di Grillo ai tempi delle sue invettive sui rom “bomba a tempo”, ha rimproverato sul suo blog, più che Grillo, i “mass media italiani” che “non trovano di meglio che riesumare il fantasma di Beppe Grillo. La più innocua delle pseudoalternative di sistema. L’illusione di votare ‘diverso’ per continuare a vivere nella stessa melma”.
Prima fa lo sfasciatutto, poi il pedagogo politico che spiega la realtà, Grillo (“io sto surfando l’onda, sto accelerando, movimenti come il nostro ce ne sono in tutta Europa”). Dirige il coro del MoVimento 5 stelle in piedi sulle cassette di frutta per sottolineare lo status di non sovvenzionato dallo stato, ma dice di essere soltanto un “amplificatore e un garante” per i ventotto-trentenni che in nome di Grillo (ma non per suo conto, dicono), si candidano in grandi numeri alle amministrative – più di cento liste civiche. E’ un esercito di indignati dell’eco-pauperismo che stilano “programmi condivisi”, sognano “bilanci partecipati”, sostengono l’urgenza “dell’economia immateriale, meno merci più idee” (parola del suddetto Giovanni Favia, consigliere regionale in Emilia Romagna), e pubblicizzano la restituzione alla società del surplus del lauto stipendio da politico (parola di Davide Bono, medico precario e consigliere regionale piemontese, e del suo collega consigliere grillino Fabrizio Biolé: “Restitution day”, l’hanno chiamato, una redistribuzione fondi a progetti scelti per alzata di mano, e chissà che succede quando lo slancio da democrazia ateniese viene assalito dalla realtà).
Con la barbetta come il Grillo barbuto, con l’aria dello studente fuori sede che mette in riga il pigro studente nativo (ma è un effetto ottico: per le regole del MoVimento 5 stelle i candidati devono abitare dove si candidano), i movimentisti si filmano e si mettono on line, dopo aver “certificato” la propria lista – basta un certificato penale pulito spedito a Grillo, recita il “non-statuto” grillino. Eccoci, siamo questi, dice il “portavoce” e candidato sindaco a 5 stelle di Polignano a Mare, Giuseppe L’Abbate, viso da “carattere” di un film di Almodòvar e ansia di dirsi soltanto “portavoce” perché nel movimento non ci sono segretari, non ci sono vertici e sono tutti uguali. Il video della lista di Polignano è un caso di scuola, a giudicare dai commenti entusiasti e dal numero delle visualizzazioni sul Web: ecco L’Abbate orgoglioso di presentare la sequela di candidati consiglieri nerovestiti, ognuno con buonissime speranze su parcheggi, turismo, acqua piovana da recuperare e rifiuto dei rimborsi da mettere in pratica (già che Grillo dice ai quattro venti “noi sì che abbiamo detto no a un milione e settecentomila euro di rimborsi elettorali”). Sfilano nel rudimentale spot autoprodotto, i candidati, uno dopo l’altro, seduti in posa da conduttore di telegiornale; si presentano con il cognome prima del nome, sul Web, come fosse la visita ai tempi del militare, e con date di nascita anni Ottanta e Novanta: Carofiglio Giorgio Giovanni, musicista; Cigliola Cosimo, geometra; Custodero Fiorella, studentessa universitaria; Dilauro Marino, edicolante. Poi c’è l’insegnante, l’impiegato di settore “information technology”, il direttore di sala, lo chef, il geologo, l’agente di viaggio, il musicoterapista, l’ingegnere elettronico, l’impiegato semplice. Dal nord al sud, mentre Grillo gira col camper brandendo carciofi e dolci fatti in casa, i doni dei sostenitori che chiama “la mia tangente”, i candidati si esaltano al grido di “facciamo da soli”, convinti sostenitori del potere taumaturgico della raccolta differenziata.
Quanti davvero voteranno Grillo e perché?, è la domanda che tormenta sondaggisti e conduttori di talk-show. I grillini sono convinti che “entrato uno, entra un network” e che alle politiche gli indecisi si riverseranno su di loro. Grillo, intanto, con tempismo furbastro, parla bene di Umberto Bossi nella bufera: accanimento mediatico sulla Lega, dice, Bossi non ha rubato ma l’hanno beffato, dice, ben sapendo che a lui guardano molti leghisti orfani della Lega ma nostalgici di Bossi (e Massimo D’Alema commenta: Grillo è un mix tra Bossi e il Gabibbo). Tra cliccare e votare c’è una differenza, ma ci sono molti frequentatori di siti che ragionano come il signor Tino, utente di un forum on line del Corriere della Sera, ex elettore leghista ora 5 stelle: “… Ho letto le ridicole geremiadi di soggetti come Bersani e Vendola nei confronti di Grillo. Saranno davvero tanto sprovveduti da non capire le ragioni della disaffezione dei cittadini nei confronti della velenosa casta dei politici italiani? L’unico che a mio giudizio resta è il MoVimento 5 stelle. So che praticamente tutti i media lo attaccano, come se gli altri partiti fossero diretti da galantuomini. Mi pare sia formato da giovani e si attenga a regole di gestione valide. Non vi sono fossili che resistono in politica da decenni… quello che lascio sono solo chiacchiere, egoismo, corruzione e disonestà, quindi, per male che mi vada, dandogli il mio voto non perdo nulla”.
C’è un prima e un dopo, nella storia di Grillo, che i candidati a 5 stelle conoscono e citano; un prima e un dopo quella sera del 1986, quando il comico, all’apice del successo, in prima serata Rai, fece la famosa battuta sul viaggio del Psi in Cina (con Claudio Martelli che dice a Bettino Craxi: “Senti un po’, qua c’è un miliardo e son tutti socialisti? Ma allora, se son tutti socialisti, a chi rubano?”). E’ un episodio che per i grillini oltranzisti significa prova di insubordinazione al potere. Ed è quello il collante: un generale “no”, anche non approfondito, a chi gestisce, a chi amministra, a chi “non fa” o “fa male con i nostri soldi” e anche a chi fa bene, ma finché sta là non può che far male. Dopodiché il grillino deve starci, là, nella realtà tanto schifata della politica di tutti i giorni. Vanno infatti in televisione i più noti “5 stelle” eletti – Giovanni Favia, Davide Bono e Mattia Calise, consigliere al comune di Milano – anche se poi magari dicono “non ci interessa stare in televisione”. E se glielo fanno notare, che c’è qualche contraddizione, fanno finta di non sentire, come è successo mesi fa a “In onda”, su La7, con Luca Telese e Nicola Porro che dicevano “ma come non vi interessa stare in tv, siete venuti in tre”, e Paolo Cirino Pomicino che consigliava a Bono di “andare a scuola” ché “vi manca la cultura politica di riferimento”.
Si mettono volentieri a parlare di “mission”, i grillini, tra eco di cultura post berlusconiana da “tre i” e nuova autarchia globale extraparlamentare: 5 stelle per cinque punti tra energia, acqua, rifiuti, trasparenza e trasporti non inquinanti, grande sfoggio di “politica dal basso”, si legge sul programma, e grande enfasi sulla promessa di “dimissioni in bianco” (ti eleggo e tu ti presenti ogni sei mesi a farti giudicare da me elettore, e se non mi piaci ti sostituisco con un altro, e chissà poi che succede quando si deve decidere chi ci va).
C’è il miraggio del non-luogo, nell’immaginario grillino, dell’abitare soltanto in rete, presso il blog del Beppe Grillo (da cui i grillini dicono di non essere diretti, e però poi è tutto un citare il “comunicato politico numero quarantanove” scritto sul blog dall’ex comico esacerbato). C’è l’utopia del movimento che non si fa partito ma di fatto lo è già, con 53 eletti in Emilia Romagna, le buone percentuali delle amministrative 2011, e l’armata di candidati in azione sul fund-raising. Fanno i banchetti, i grillini, da Taranto al Friuli, dicono “proposta e non protesta”, frase da Marco Pannella, e infatti Marco Pannella, due giorni fa, su Twitter, ha fatto capire di aver scorto qualche copiatura dal lessico e dai metodi radicali: “Grillo parlante o copiante? Finalmente together? Lo sai che t’aspetto da tempo?”. I due, Pannella e Grillo, si scrutano a distanza. Nel 2006 Grillo scriveva di Pannella: “Fosse per lui ci saremmo già estinti, fosse per me, che ho 6 figli, saremmo 25 miliardi”. Grillo aveva lanciato sul Web le “Primarie dei cittadini per l’energia”, sollecitando commenti sul tema delle risorse scarse. Pannella era intervenuto nel dibattito facendo notare che la ricetta “era stata già diffusa nel Web dall’associazione radicale Rientrodolce”. Autoriduciamoci, controlliamo le nascite, poniamoci come obiettivo un “rientrodolce” della popolazione mondiale a 3 miliardi in un secolo, la metà dei 6 miliardi attuali, diceva Pannella, facendo infuriare i grillini, prodighi di epiteti antipannelliani tra cui “Führer”, “Cassandra”, “jurassico”, uno che “che fuma e ricicla pipì”, e fa “sciopero della fame con i panini nascosti nella sede”. Pannella ci andava a nozze: “Caro Beppe, non avevo mai raccolto una tal – in definitiva davvero simpatica – messe di guano, peti, conati di vomito, vaffa come in questo caso”. “Siamo tipi diversi”, commentava divertito Grillo, non ancora tarantolato dalla cupezza di questi giorni. Perché è davvero cupo, il Grillo che sputa odio contro i “mascalzoni” e rabbia contro i professori storpiati nei nomi (abitudine forse presa da Marco Travaglio, più volte suo ospite in piazza). Attacca “Rigor Montis” e poi “la Frignero”, e va ad Arese a scrivere di “operai sgombrati”, attaccando l’Alfa Romeo: “… Mi sono ricordato di una frase celebre di Henry Ford, il più grande costruttore di auto mai esistito: ‘Quando vedo un’Alfa Romeo mi tolgo il cappello’. E ho pensato a Prodi che la regalò nel 1986 ai becchini della Fiat”.
Foga antimonnezza e antispreco, braccia aperte sul palco a sottolineare lo sdegno antindustriale: è l’immagine del Grillo di questi giorni. Ma Renzo Piano, suo vecchio amico, ha sempre detto che Grillo è “così anche in casa”, e fa ammattire sua moglie per risparmiare sui consumi della lavatrice. Michele Serra, invece, che nel 1990 con Grillo ha scritto il recital “Buone notizie”, debutto teatrale del comico diretto da Giorgio Gaber, dopo il primo “Vaffa day”, ha cominciato a interrogarsi sull’“uscita dal virtuale” del grillismo: “E’ proprio la natura rudemente politica delle richieste messe in campo che non consente comode ritirate nel mugugno o nello sberleffo”, scriveva Serra su Repubblica.
Capita che Grillo venga accusato di predicare bene e razzolare male (per esempio in occasione dell’espulsione dal MoVimento 5 stelle del consigliere comunale ferrarese Valentino Tavolazzi, reo di aver lodato una convention grillina troppo simile, per il comico, a un congresso di partito, ma i grillini puristi dicono che Grillo non c’entra, e che Tavolazzi contravveniva alle regole del “non-statuto”). Capita che si diffonda la leggenda nera di un Grillo pilotato dall’azienda Casaleggio Associati, maghi del marketing web che sognano la democrazia diretta a livello mondiale (realizzata come non si sa). Il sindaco di Firenze Matteo Renzi, poi, dubita della “sobrietà” del comico-tribuno: “Prima che Beppe Grillo diventi Savonarola, ne ha di strada da fare”, ha detto all’“Alfonso Signorini show” su Radio Montecarlo.
La politica è senza soldi o non è, dice un giorno sì e l’altro pure l’ex comico che vuole tagliare i viveri ai partiti, e a questo punto forse può parlare solo Ugo Sposetti, tesoriere storico di Botteghe Oscure. Intervistato da “La Zanzara”, su Radio 24, Sposetti ha detto che sì, Grillo gli piaceva “quando faceva tv”, ma che ora “gli è presa la voglia di fare il comico-politico o politico-comico”. “Passerà anche lui”, è la profezia di Sposetti, “perché ci dobbiamo preoccupare di Grillo? Gli elettori sono sempre più intelligenti dei sondaggisti”.
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