In Francia il voto operaio è di destra
Il voto operaio francese ha premiato Marine Le Pen, la candidata del Front National, estrema destra. Un po’ come avvenne nel 2002, quando suo padre Jean-Marie riuscì a imporsi sul candidato socialista Lionel Jospin, conquistando così un posto al ballottaggio contro l'uscente Jacques Chirac. Non è una novità che il voto degli operai delle fabbriche e dei vecchi minatori delle produttive regioni del nord tradisca la sinistra.
Il voto operaio francese ha premiato Marine Le Pen, la candidata del Front National, estrema destra. Un po’ come avvenne nel 2002, quando suo padre Jean-Marie riuscì a imporsi sul candidato socialista Lionel Jospin, conquistando così un posto al ballottaggio contro l’uscente Jacques Chirac. Non è una novità che il voto degli operai delle fabbriche e dei vecchi minatori delle produttive regioni del nord tradisca la sinistra: è da almeno un quarto di secolo, fanno notare sociologi e analisti politici, che il Partito socialista ha abbandonato progressivamente la questione sociale, sostituendola con le politiche antirazziste a favore dell’integrazione. Un errore letale, secondo l’economista Bruno Amable. Dopo il crollo del Muro di Berlino, il tradizionale bacino elettorale del Partito comunista (nel frattempo in lento ma inesorabile declino) non si è riversato automaticamente sul Partito socialista, ma si è disperso tra varie formazioni, anche di destra. Rue Solférino è diventata troppo borghese, troppo intellettuale per il blocco operaio con le sue rivendicazioni sociali. Ne sanno qualcosa il governativo Lionel Jospin e la cittadina Ségolène Royal.
Spesso, a beneficiare del voto di protesta e anti-sistema è stato il Front National, come spiega anche Gilbert Mathon, deputato socialista all’Assemblea Nazionale: “Le Pen è stata votata da coloro che non credono più alla politica così com’è, da tutti i francesi che non hanno più alcuna fiducia né nella destra né nella sinistra”. I dati del primo turno delle presidenziali confermano che la candidata dell’estrema destra è andata forte proprio nelle zone rurali e in quelle che un tempo furono il motore dello sviluppo francese: le regioni minerarie e quelle delle grandi fabbriche metallurgiche e siderurgiche l’hanno premiata. Nonostante sembri strano che in aree a forte radicamento comunista la destra sia andata così bene, un operaio di Calais spiega che “nelle parole di Marine si ritrovano gli accenti di Georges Machais, lo storico leader comunista degli anni Settanta”.
Forte radicamento territoriale, comizi tra la gente fuori dai cancelli delle fabbriche, slogan contro la mondializzazione, le élites: è il segreto del successo del Front National. Molti (compresi tanti sondaggi) si aspettavano che a far breccia nelle catene di montaggio sarebbe stato Jean-Luc Mélenchon, il leader del Front de Gauche. Il suo tardo-trotzkismo, però, è chic, per pochi eletti. E’ la ricerca di riproporre in chiave giovanile e moderna idee vecchie di trenta, quarant’anni. Non a caso, per sbeffeggiarlo, i suoi oppositori l’hanno definito “hippie”. . Il Front de Gauche non è radicato sul territorio e non è un caso che tra le città in cui abbia preso più voti ci sia Parigi. Le Pen ha conquistato il voto delle campagne e degli operai che cinque anni fa, nel 2007, andò a Nicolas Sarkozy. L’attuale presidente fece presa su un blocco sociale stanco e disilluso. Il candidato dell’Ump riuscì a intercettare la domanda di chiarezza e di concretezza che emergeva dal cuore profondo del paese, deciso a chiudere l’epoca del grigiore chirachiano. E vinse, svuotando il serbatoio elettorale dell’estrema destra. Oggi quella rabbia si rivolge verso di lui, e Marine Le Pen è pronta alla vendetta contro il nemico giurato: fargli perdere l’Eliseo, sgretolare il suo partito e raccoglierne i cocci per chiudere definitivamente con il gollismo.
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