Storia breve delle memorabili trovate dell'Ufficio Tassette del governo Monti

Stefano Di Michele

Ci deve essere, in qualche antro del governo Monti, un apposito ufficio dove certe cose vengono studiate – messe in giro, e poi ingloriosamente ritirate. Diciamo così: l’Ufficio Tassette – le tasse di piccola micragna e grande incazzatura, in bilico tra stupore e commedia dell’arte, ragionieristica pertinenza e sbadata valutazione. Adesso è la volta della tassazione sui cibi schifezza (junk food: tanto per far le cose più complicate), con solita cavillosa distinzione: superalcolici e succhi di frutta e bibite gassate subito, patatine e merendine tra due anni.

    Ci deve essere, in qualche antro del governo Monti, un apposito ufficio dove certe cose vengono studiate – messe in giro, e poi ingloriosamente ritirate. Diciamo così: l’Ufficio Tassette – le tasse di piccola micragna e grande incazzatura, in bilico tra stupore e commedia dell’arte, ragionieristica pertinenza e sbadata valutazione. Adesso è la volta della tassazione sui cibi schifezza (junk food: tanto per far le cose più complicate), con solita cavillosa distinzione (l’Ufficio Tassette, tra svicoli e sottocommi e deroghe adotta argomentazioni da teologi borgesiani, probabilmente): superalcolici e succhi di frutta e bibite gassate subito, patatine e merendine tra due anni. Ma siccome al solito c’è o non c’è, si fa o non si fa, s’odono già i lamenti – pubblici lamenti internettiani – dei sostenitori dello sfilatino con la porchetta di Ariccia e degli appassionati di piadina e squacquarone: sono forse da intendersi tra le schifezze? Si vedrà come andrà – e forse per questo la Fornero, qualche settimana fa, ha detto che non sta lì per dare caramelle: lo diceva per proteggere il lavoratore dalle carie e dalle pessime abitudini alimentari, mica per sospetta boria. Inseguendo l’Europa, tenendo per la coda lo spread, sempre santificando la Bocconi, curiosamente al Prof. Monti ogni tanto sfuggono annunci di provvedimenti che sembrano degni di una pièce di Peppino De Filippo. Appena l’altro giorno c’era la notizia di una tassa di un euro, un euro e mezzo per sbarcare sulle isole minori – così che a Procida, se uno non ha spiccioli che fanno, lo schiantano sugli scogli? E se da un lato c’è lo sbarco, dall’altro c’è l’imbarco – per salire sull’aereo. Memorabile fu la pensata di tassare gli sms, straordinaria figuraccia è stata fatta con l’approvazione di un emendamento che proponeva di tassare le borse di studio – così che la (sacrosanta) rivolta di piazza dei dottorandi in medicina (“Trattateci come sanitari, non come cessi!”), ha costretto a un’imbarazzante marcia indietro.

    C’è un certo andazzo governativo che dai numeri parte e sui numeri si spiaccica – risaputa e necessaria aridità, ma che pure si muta (e più passano i mesi e più il fenomeno, anziché restringersi, s’allarga, si resta sempre un po’ sospesi tra la salvezza del paese e la cazzata che fa a volte arrossire di vergogna). O di rabbia, fa arrossire. Persino un moderato al cubo, un liberale certificato come Piero Ostellino. Che l’altro giorno sul Corriere, commentando l’ennesima mesta pensata (indecorosa pensata, si può dire), e cioè di far pagare l’Imu sulla prima casa a trecentomila anziani ricoverati in ospizio o malati terminali, ha usato toni che pareva Vendola quando fa il profeta new left “Una ‘trovata’ tanto infame”, ha scritto Ostellino. E ha esortato Monti: “Se questo è il suo modo di salvare il paese, lasci perdere, prima che gli italiani lo trovino definitivamente ripugnante”.

    Ecco, tra tanto continua evocata intelligenza tecnica, pare sempre mancare un’occhiata al mondo fuori dai saloni dei consigli d’amministrazione e un po’ di cuore – ché dietro la linea tirata netta dai ragionieri dell’Ufficio Tassette, ci sono vite e sempre più spesso palle che girano. Sennò, senza star tanto a lambiccarsi il cervello (una bella tassa su chi passa con comodo con il verde, per dire). Si potrebbe utilizzare la pensata che fece qualche secolo fa Pietro il Grande: una tassa sull’anima – credente o no. E così chiudere per sempre l’Ufficio Tassette – che di miliardi ne troverà pochini, ma di discredito sul governo ne getta parecchio.