Pranzo di sistema

Il Cav. grancoalizionista rassicura Napolitano, ma è Monti che vacilla

Salvatore Merlo

Una visita di cortesia, per rassicurare l’inquieto Giorgio Napolitano. Istruito e accompagnato dal gran visir Gianni Letta, Silvio Berlusconi ha pranzato al Quirinale rimediando così, indirettamente, alla colazione con Mario Monti che il Cavaliere aveva fatto saltare qualche giorno fa perché sospettoso e infastidito dalle mosse del governo sulle frequenze televisive e sulla giustizia.

    Una visita di cortesia, per rassicurare l’inquieto Giorgio Napolitano. Istruito e accompagnato dal gran visir Gianni Letta, Silvio Berlusconi ha pranzato al Quirinale rimediando così, indirettamente, alla colazione con Mario Monti che il Cavaliere aveva fatto saltare qualche giorno fa perché sospettoso e infastidito dalle mosse del governo sulle frequenze televisive e sulla giustizia. Al capo dello stato, Berlusconi, che pure si è lamentato delle troppe tasse e della ripresa dell’attacco mediatico giudiziario nei suoi confronti, ha consegnato soprattutto un messaggio: nel Pdl conta solo quello che diciamo io e Angelino Alfano; il resto sono chiacchiere, umori, gesti dadaisti. “Non penso affatto alle elezioni”, ha chiarito il Cavaliere. E dunque se il presidente è alla ricerca di chi sul serio tesse per la destabilizzazione del governo, è altrove che deve guardare. Forse dalle parti di Massimo D’Alema.

    Eppure qualche grana da gestire il Cavaliere ce l’ha in casa. Ignazio La Russa, Denis Verdini, Maurizio Gasparri, Renato Brunetta, Daniela Santanchè sono molto agitati. Contestano la riforma elettorale cui lavorano Gaetano Quagliariello e Luciano Violante, criticano le ipotesi di rinnovamento del Pdl avanzate da Alfano, respingono la proposta di ricostituire un polo dei “moderati” se accanto a Casini c’è – com’è inevitabile – anche Fini, ma soprattutto teorizzano il progressivo allontanamento del Pdl da Monti secondo l’idea che la gente è “stufa del governo” e che le prossime elezioni le si può vincere solo se ci si schiera all’opposizione della “tecnocrazia delle tasse e della recessione”. Al Cavaliere viene pure suggerito di ricandidarsi alla presidenza del Consiglio, e La Russa, in privato, ha persino spiegato che qualora il Pdl dovesse acquisire caratteristiche di grande centro, “a noi non resterebbe che fare la Destra con Storace”. Non è un caso se, lunedì e martedì scorsi, Alfano ha allargato ai dirigenti a lui più affini quelle riunioni di segreteria che di solito tiene con Verdini e La Russa. Non voleva restare solo con i due coordinatori. Il partito della “restaurazione” berlusconiana (ma all’insaputa di Berlusconi) ha individuato la data giusta per cominciare una manovra di sganciamento dal governo: per evitare che il possibile innalzamento dello spread derivato da una condizione di confusione politica abbia ricadute negative sui conti pubblici è necessario attendere luglio, ovvero superare l’ultima significativa emissione di Btb del 30 giugno.

    Ma si tratta di scenari che il Cavaliere almeno per il momento respinge. Le elezioni sono semplicemente impossibili, pensa Berlusconi, che al contrario di quanto viene riferito è talmente tentato da una logica di grande coalizione per il 2013 da aver, se non stabilito, segretamente ispirato lui stesso le mosse centriste e neodemocristiane di Beppe Pisanu.
    Il senatore, ed ex ministro dell’Interno, ha promosso una lettera-appello firmata da ventisei parlamentari per andare oltre il Pdl, e ha cominciato una manovra di avvicinamento a Pier Ferdinando Casini che lo ha esposto all’accusa di tradimento e di intelligenza con il nemico. Peccato però che quella lettera, Pisanu, l’avesse fatta leggere a Berlusconi prima ancora di raccogliere le firme e che il Cavaliere, una sera a Palazzo Grazioli, avesse persino aggiunto interi periodi di suo pugno. L’hanno scritta insieme. Il problema di Berlusconi (e di Alfano) è dunque l’inverso: è che Casini, corteggiato, non si fa agganciare. Anzi, non ci pensa nemmeno. E ieri lo ha fatto capire ancora, parlando al Tg3: “Ho rispetto per la forza politica di Berlusconi e per i milioni di elettori del Pdl, ma io ho una idea diversa dei moderati. Non sono populisti o demagoghi, affrontano le questioni per come si affrontano, come fa Monti”. Di fronte al gioco di Casini, che Alfano considera pura tattica, il segretario e Berlusconi hanno immaginato il restyling del Pdl, da ribattezzare “i moderati” e da collegare a una lista civica nazionale, a facce nuove (alcune però molto conosciute: Luca Cordero di Montezemolo).

    Berlusconi sarebbe fuori, lontano e nell’ombra, mentre la leadership della nuova federazione sarebbe aperta e contendibile. A quel punto – pensa Alfano – complice anche la legge elettorale, sarebbe difficile per Casini, e persino per Roberto Maroni, non aggregarsi.
    E’ in questo contesto che Berlusconi ieri ha fatto visita al Quirinale. Il Cavaliere non intende mollare il governo, malgrado tema che l’azione combinata di tasse e recessione possa risultare fatale per Monti. A Napolitano, Berlusconi non ha nascosto tutte le sue perplessità sulla capacità di tenuta (e di azione) del governo, ma ha pure detto chiaro che l’appoggio suo e del Pdl non verranno mai meno. Semmai, teme il Cavaliere, potrebbe essere Monti, a un certo punto, a dichiararsi sconfitto.
     

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.