Chi avverte in anticipo i talebani dell'arrivo di Obama in Afghanistan?

Daniele Raineri

L’arrivo di Barack Obama in Afghanistan a un anno dall’uccisione di Osama bin Laden – che sta già diventando la carta preferita nel repertorio elettorale del presidente –  è stato un’operazione pianificata alla perfezione, eppure la notizia è uscita quando ancora l’Air Force One era in volo. Prima data da Tolonews, una televisione afghana, poi smentita dalla stessa emittente e dal presidente Hamid Karzai in persona (che deve aver pensato: smentita ridicola più, smentita ridicola meno, ormai), ma il pasticcio era fatto.

    La visita durante la notte afghana, di sole sei ore e conclusa alle quattro e mezza di mattina. Il discorso presidenziale alla nazione di undici minuti, pronunciato in diretta alle quattro del mattino, sette e mezza di sera in America, pochiminuti prima del decollo. Il volo sull’Air Force One, VC-25 secondo la designazione militare, che segue la procedura di massima sicurezza usata per le destinazioni in teatro di guerra: falsi codici radio e transponder truccati lungo la rotta per mascherare il passaggio alle agenzie straniere del controllo sul traffico aereo, le manovre aggressive di diversione prima dell’atterraggio, l’uso di altri aerei civetta subito prima e immediatamente dopo per confondere le idee a chi eventualmente fosse sotto a prendere la mira. E pure il sito della Casa Bianca che continua a sostenere fino all’ultimo che il presidente è a Washington, con un pomeriggio fitto di impegni “a porte chiuse”. E anche, naturalmente, il silenzio dei giornalisti americani al seguito, tenuti a un rigoroso embargo sulla notizia fino a quando non sono autorizzati. “Una scena da romanzo di spie”, dice Richard L. Coolidge, della Cbs, “abbiamo consegnato prima del decollo tutti gli aggeggi elettronici che possono contenere un software di tracking, che identifica la posizione geografica, e siamo partiti a luci spente. Luci spente anche all’atterraggio e anche sugli elicotteri che ci hanno trasferiti al palazzo presidenziale di Kabul”.

    L’arrivo di Barack Obama in Afghanistan a un anno dall’uccisione di Osama bin Laden – che sta già diventando la carta preferita nel repertorio elettorale del presidente –  è stato un’operazione pianificata alla perfezione, eppure la notizia è uscita quando ancora l’Air Force One era in volo. Prima data da Tolonews, una televisione afghana, poi smentita dalla stessa emittente e dal presidente Hamid Karzai in persona (che deve aver pensato: smentita ridicola più, smentita ridicola meno, ormai), ma il pasticcio era fatto: la segretezza, uno dei fattori di sicurezza più affidabili in Afghanistan, era saltata. Una fuga di notizie rischiosa, considerato che il presidente è atterrato nella base aerea di Bagram ed è stato trasferito a Kabul in elicottero, e quindi c’è stato un momento di vulnerabilità. Secondo fonti del Foglio, l’informativa top secret sulla visita lampo di Obama è stata inoltrata nei circuiti criptati dei servizi segreti delle forze Isaf nel primo pomeriggio di lunedì. Dieci ore dopo, durante la notte tra lunedì e martedì, la stessa informativa ha raggiunto i vertici dell’intelligence afghana. Da qui, e il passaggio è inaudito, è stata quasi immediatamente passata all’Isi – i servizi segreti militari del Pakistan, compromessi con gli estremisti di al Qaida e sponsor della guerriglia – che in tempo reale l’hanno ritrasmessa ai capi talebani. Meno di due ore dopo il decollo del VC-25 con a bordo il presidente, gli estremisti hanno lanciato un attacco suicida nella capitale, contro la sede fortificata di un’agenzia delle Nazioni Unite: una squadra di tre uomini, un guidatore che s’è fatto saltare e due commando mascherati sotto burqa da donna (secondo altri testimoni, le esplosioni sono state tre). Quando un anno fa l’Amministrazione autorizzò il raid contro Osama bin Laden in Pakistan, e i soldati partirono da una base afghana, non disse nulla ai governi alleati di Kabul e di Islamabad proprio per evitare fughe di notizie che avrebbero compromesso tutta l’operazione. Anzi, Obama mandò più soldati nel caso che ad Abbottabad ci fosse da aprirsi la strada combattendo contro le truppe regolari.

    Obama a Kabul ha pronunciato un discorso dai toni alti, sulle tenebre prima dell’alba del nuovo giorno che sta per sorgere sull’Afghanistan, e ha firmato con Karzai un patto definito “strategico”, che dovrebbe condizionare i prossimi dieci anni di cooperazione fra i due paesi. Il volo notturno e soprattutto la storia della fuga di notizie – che  è un caso scuola sulle relazioni pericolose tra governi alleati e nemici – assomigliano alle smentite a scadenza breve di Karzai.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)