Chi è l'uomo che vuole comprarsi le isole contese tra Cina e Giappone

Giulia Pompili

“Il più grande ostacolo nella gestione delle isole Senkaku è il ministero degli Esteri”, ha detto ieri il governatore di Tokyo, Shintaro Ishihara, al suo primo ministro Yoshihiko Noda.
I suoi modi non sono sempre ortodossi, e nemmeno politicamente corretti, ma quello che riesce a fare il governatore Ishihara in Giappone nessuno riesce a farlo.

    “Il più grande ostacolo nella gestione delle isole Senkaku è il ministero degli Esteri”, ha detto ieri il governatore di Tokyo, Shintaro Ishihara, al suo primo ministro Yoshihiko Noda.
    I suoi modi non sono sempre ortodossi, e nemmeno politicamente corretti, ma quello che riesce a fare il governatore Ishihara in Giappone nessuno riesce a farlo. E il suo successo politico ha sede proprio nel suo nazionalismo estremamente razionale, quel tipo di passione politica che dalla morte di sua maestà Hirohito non coinvolge più i cittadini giapponesi (loro sì, colpiti sin dalla fine degli anni Ottanta dalla grave malattia dell’antipolitica). L’ottantenne Ishihara, invece, in Giappone lo conoscono tutti. Da tredici anni alla guida della più grande prefettura del paese, votato nel 2003 con oltre il settanta per cento delle preferenze, è nato come romanziere al fianco di Yukio Mishima. Fu lui a dire per primo che il terremoto dell’11 marzo del 2011 era stato un “tembatsu”, una punizione divina per le vite scellerate dei giapponesi, e che era giunto il tempo di un rinnovamento. Fu lui a fregarsene dei progetti di riduzione della domanda di energia da parte della Tepco, l’azienda che gestisce Fukushima, in un periodo di penuria per l’assenza di nucleare. Se ne fregò, e disse al governo centrale che la sua personale soluzione alla penuria di elettricità era quella di spegnere i distributori automatici di cibo: “Che se ne fanno i giapponesi? Non potrebbero raffreddare il cibo nei loro frigoriferi domestici?”, disse prima dell’estate del 2011.

    L’ultima Ishihara l’ha combinata poco tempo fa, quando ha detto allo scettico premier Noda che era intenzionato ad acquistare le cinque isole disabitate di Senkaku, tecnicamente di proprietà della prefettura di Okinawa ma oggetto di una contesa tra Giappone e Cina che va avanti da anni. Nel 1971 gli Stati Uniti e il Giappone firmarono un accordo di proprietà delle isole che non fu mai riconosciuto da Pechino. Facendo appello alle coscienze (e ai portafogli) dei giapponesi, Ishihara è riuscito a raggiungere ieri – in soli cinque giorni – la somma di 949 mila dollari e strappare le isole alla “irragionevole”, dal suo punto di vista, politica estera del governo centrale. Contestualmente ha creato un team di sette persone pronto a salire su un aereo e andare a trattare di persona con l’attuale proprietario legale del leasing di tre delle cinque isole, il signor Kuniki Kurihara. La transazione dovrà avvenire entro aprile 2013, data di scadenza della concessione. E così, in tutta fretta, Noda ha dovuto proibire a chiunque di atterrare su una delle isole Senkaku, per via della necessità di “mantenere pacifica e stabile l’amministrazione”, ma soprattutto i rapporti con Cina e Taiwan, che reclamano la sovranità dei territori incontaminati e ricchi di gas naturali (che addirittura chiamano con un nome diverso, Diaoyu). Da ieri due navi da guerra cinesi controllano provocatoriamente la zona. Già nel 2010 una collisione tra un peschereccio cinese e una nave della guardia costiera giapponese ha innescato una tensione diplomatica tra i due paesi che è durata per settimane.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.