I duri del Pdl

Il Cav. se lo coccola, ma La Russa dice che il patto di sistema non ha futuro

Salvatore Merlo

Silvio Berlusconi chiude la campagna elettorale di Monza, conferma il suo sostegno a Mario Monti, elogia il meccanismo di collaborazione con il Pd (“abbiamo pronte delle riforme molto importanti grazie agli accordi con la sinistra”) e, pur concedendo qualcosa ai toni da campagna elettorale, offre l’impressione che questa maggioranza tripartita con Pd e Udc non gli dispiaccia affatto. Ma nel Pdl gli umori sono contrastanti.

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    Silvio Berlusconi chiude la campagna elettorale di Monza, conferma il suo sostegno a Mario Monti, elogia il meccanismo di collaborazione con il Pd (“abbiamo pronte delle riforme molto importanti grazie agli accordi con la sinistra”) e, pur concedendo qualcosa ai toni da campagna elettorale, offre l’impressione che questa maggioranza tripartita con Pd e Udc non gli dispiaccia affatto. Ma nel Pdl gli umori sono contrastanti. “Premetto che non bisogna accelerare verso le elezioni anticipate, anche perché manca poco al 2013. Ma vi dico pure che se il Pdl coltivasse il progetto politico di proseguire in un rapporto di grande coalizione con la sinistra e con Monti, io non ci starei. Sarei fuori dal Pdl”, dice Ignazio La Russa, che assieme a Maurizio Gasparri (“ma anche Renato Brunetta, Denis Verdini e molti altri”, aggiunge lui), è il principale critico della riforma elettorale – “l’impianto va bene ma sui dettagli c’è ancora da contrattare” – ed è anche uno dei dirigenti più preoccupati dalla tentazione diffusa nel suo partito (dalle parti di Franco Frattini e forse persino del Cav.) di puntellare Monti proiettando l’esecutivo oltre il 2013 in uno scenario di larghe intese e di responsabilità condivise con Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini.“Il Pdl è il partito che riunisce tutte le forze ‘alternative’ alla sinistra. E non può essere altro. Inoltre i risultati di questo governo già non sono esaltanti e non lo sarebbero nemmeno nel lungo periodo. Se Monti dovesse continuare a sbagliare, io sarei per rendere sempre più ‘esterno’ il nostro appoggio. La riforma del lavoro rende più facili i licenziamenti e più difficili le assunzioni. L’Imu è una ‘mazzata’”.

    C’è chi sostiene, però, che la politica sia incastrata per la seconda volta in una paralisi dalla quale rischia di non uscire viva se non saprà affrontare la riforma istituzionale, quella elettorale e del finanziamento dei partiti. Lo dice anche Giorgio Napolitano, che invoca un patto di sistema. Operazioni complicate, in un contesto di crisi economica, che anche Monti ha proiettato su un periodo che “dovrebbe durare otto anni” almeno. “La grande coalizione ha senso in un contesto emergenziale”, dice La Russa. “Certo, non la si può escludere categoricamente, come non si può escludere un temporale improvviso. Ma la politica è un’altra cosa, è fatta di alternanza e anche di scontro. Noi ci dobbiamo candidare a vincere le prossime elezioni per governare l’Italia”. Qualcuno sospetta che temiate Monti e le larghe intese perché sono un fenomeno capace di emarginarvi, di sopravanzarvi. I più maliziosi dicono che la vostra è una logica da ceto politico che ha timore di perdere potere. “Non è così. Non solo non mi sento ‘ceto politico’, ma nemmeno mi sentirei ‘sopravanzato’. Vi spiego una cosa: con un governo tecnico e una grande coalizione, uno che la pensa come me ha enormi margini di manovra stando all’opposizione”. Contro la tecnocrazia, da Destra, con Storace? “Con il Pdl, perché ci starebbero tanti amici di Forza Italia. E poi sono curioso di sapere cosa fa Tremonti in questi giorni”. Va recuperato? “Non posso credere che sia sparito. Sono curioso di capire cosa farà in questa ridefinizione dei ruoli”. Lui forse ha la Lega. “Non può essere quello il suo partito, non con Maroni”. E’ una avance, netta.

    Berlusconi sembra (il condizionale è obbligato, visto il carattere volubile del Cav.) essersi convertito a un’idea proporzionalista, forse persino grancoalizionista, della Terza Repubblica. L’ex premier asseconda il lavorìo sulla riforma elettorale, ha fatto sua l’idea di un Pdl “incontournable”, cioè una forza con la quale in un sistema proporzionale tutti dovranno fare i conti, e blandisce Casini cioè il teorico della perpetuazione di Monti. La legittimazione a sinistra è un vecchio sogno del Cavaliere. “Io capisco benissimo Berlusconi, che è stato oggetto di attacchi forsennati in questi anni. Sarebbe una rivincita anche personale, e non solo per lui. Un meccanismo di pacificazione gli converrebbe, e sotto tutti i punti di vista. Ma Berlusconi ci ha sempre indicato come avversari ‘i comunisti’. Insomma, quando analizzate i pensieri di Berlusconi dovete guardarlo da tutte le prospettive. L’accordo di sistema non è nella sua natura”. Ma Casini sta lì con una mano tesa, e dopo le elezioni, ammesso che si faccia la riforma elettorale, una convergenza di Pdl e Udc potrebbe fare inclinare anche il Pd verso un patto costituente e riformista. “Le riforme le possiamo fare anche senza la grande coalizione. Quanto a Casini, il suo orizzonte è la rendita di posizione, ha pochi voti ma sta conquista potere e visibilità. E’ chiaro che questa situazione gli piace, pensa di poter andare al governo con i voti degli altri. Ma non può funzionare così”.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.