Ci sono pure musiche sovietiche nella lotta tra reporter a Mosca

Luigi De Biase

Dopo quattro anni alla guida della Russia, Dmitri Medvedev è da ieri il nuovo capo del governo. La Duma ha approvato la sua candidatura con 299 voti a favore e 144 contrari, è uno dei risultati peggiori da quando è finito il comunismo e questo dovrebbe rassicurare gli stranieri sullo stato di salute della democrazia a Mosca. Il Partito comunista ha cercato di rovinare il pomeriggio di Medvedev negandogli la fiducia dopo un incontro amichevole durato novanta minuti: per sua fortuna, i liberali hanno deciso di sostenerlo.

    Dopo quattro anni alla guida della Russia, Dmitri Medvedev è da ieri il nuovo capo del governo. La Duma ha approvato la sua candidatura con 299 voti a favore e 144 contrari, è uno dei risultati peggiori da quando è finito il comunismo e questo dovrebbe rassicurare gli stranieri sullo stato di salute della democrazia a Mosca. Il Partito comunista ha cercato di rovinare il pomeriggio di Medvedev negandogli la fiducia dopo un incontro amichevole durato novanta minuti: per sua fortuna, i liberali hanno deciso di sostenerlo. “Di solito, ai matrimoni si dice che potrebbe anche andare tutto bene”, ha detto il loro leader, Vladimir Zhirinovski, al termine della seduta. Medvedev non solleva grandi aspettative fra gli alleati: il sito internet del Club Valdai, un think tank vicino al Cremlino, ha chiesto ai suoi esperti quale sia il traguardo più importante raggiunto negli anni da presidente, ma le risposte sono state scarse, anzi, praticamente non ce ne sono state. Ora si aspettano i nomi dei ministri che gli saranno accanto per capire quali settori avranno più possibilità di rilancio. In lizza per un posto nell’esecutivo ci sarebbe anche l’ambasciatore russo in Italia, Alexei Meshkov.

    La nomina di Medvedev chiude lo scambio di cariche con il capo del Cremlino, Vladimir Putin, che ha giurato fedeltà alla Costituzione lunedì pomeriggio, diventando presidente per la terza volta dal 1999. L’“inauguratsia” è stata trasmessa in diretta da sei canali tv: Putin è convinto che Medvedev farà un gran lavoro al governo, ha detto che il premier ha già dato il via a una serie di riforme importanti e che il dialogo con la società civile proseguirà. I due sono legati da un patto di potere, il “tandem”, che dovrebbe durare sino al 2018. Per adesso quelli che parlano con la società civile sono gli uomini della squadre antisommossa, che negli ultimi giorni hanno arrestato centinaia di giovani nei cortei e nelle manifestazioni contro il governo. La parte più violenta degli scontri s’è vista domenica, quando 400 persone hanno attaccato la polizia poco lontano dalle mura del Cremlino. Per il governo è stato un assalto in programma da tempo, una manovra organizzata per offrire qualche buona foto ai giornali europei. Non è che i poliziotti si siano tirati indietro: fra i manifestanti gira voce che i ventenni finiti in arresto vadano direttamente al servizio di leva, la guerra in Cecenia è finita da un pezzo ma le caserme russe non sono salotti da circolo Lord Brummel. Gli agenti hanno passato in rassegna anche i bar preferiti dall’intellighenzia anti Putin, a partire dal Jean Jacques, un bistrot fumoso nei pressi di Novy Arbat. I racconti dei clienti hanno un che di tremendo e naif: “Sono venuti, hanno rotto i piatti, hanno portato via qualcuno – dice uno – E’ una dichiarazione di guerra”.

    I leader della protesta sono tornati liberi lunedì pomeriggio, un paio d’ore troppo tardi per i bliny di pesce serviti al lussuoso pranzo al Cremlino. Due di loro, l’avvocato Alexi Navalny e il comunista Sergei Udaltsov, si sono ritrovati nel cuore della notte a Kitai Gorod, un’altra piazza di Mosca finita sulla mappa della rivolta. Con loro c’erano 200 giovani che hanno fatto l’alba fra canzoni dei Beatles e foto di gruppo. “Tutti ai Bulvar!”, ha strillato Navalny, con un tono da Gran Rivoluzione. Un giornalista televisivo abbastanza popolare, Pavel Lobkov, girava intorno alla piazza con una cabrio rossa e inni sovietici a tutto volume. Al netto delle violenze, è una stagione da favola per i reporter russi e per quelli stranieri: le liti più feroci sono quelle tra loro e non si svolgono nelle piazze, bensì su Twitter. “Voi avete la regina, che cercate qui?”, ha scritto ieri Anissa Naouai di Russia Television al collega della Bbc Daniel Sandford. “Almeno la regina sta chiusa in un palazzo e non pretende di guidare la nazione”, gli ha risposto quello, con buona pace per il sarcasmo britannico.