Fuga dei cervelli? Non in Turchia
Sempre più giovani turchi decidono, dopo aver studiato per anni all’Estero (Inghilterra e Stati Uniti le mete preferite) di tornare a casa e cercare di mettere in pratica quanto imparato. Lo rivela oggi il Wall Street Journal, spiegando come il fenomeno turco sia una rarità in un occidente (allargato al Bosforo) che sembra incapace di contenere l’inarrestabile “fuga di cervelli”.
Sempre più giovani turchi decidono, dopo aver studiato per anni all’Estero (Inghilterra e Stati Uniti le mete preferite) di tornare a casa e cercare di mettere in pratica quanto imparato. Lo rivela oggi il Wall Street Journal, spiegando come il fenomeno turco sia una rarità in un occidente (allargato al Bosforo) che sembra incapace di contenere l’inarrestabile “fuga di cervelli”. La Turchia da almeno un decennio sta affrontando un intenso programma di modernizzazione che, se da una parte punta sul recupero delle antiche tradizioni ottomane, dall’altro favorisce gli investimenti nel settore tecnologico e delle costruzioni. Il lavoro non manca, la disoccupazione è bassissima, la crescita impetuosa: nel 2011, l’economia è cresciuta di 735 miliardi di dollari (8,5 per cento nell’ultimo trimestre), più di ogni altro paese al mondo, Cina esclusa. Un boom sospetto, per qualcuno, tant’è che la Royal Bank of Scotland ha sottolineato lo scorso dicembre che il deficit delle partite correnti rimane ancora il più alto al mondo dopo gli Stati Uniti . E un disavanzo ampio significa che il paese è indebitato e che la crescita è destinata a rallentare inesorabilmente. Non è un caso che Goldman Sachs abbia previsto a breve l’inizio di una fase recessiva.
La metà dei 75 milioni di abitanti è costituita da giovani sotto i trent’anni, diversamente dal resto d’Europa alle prese con l’invecchiamento della propria popolazione. “E’ l’alba di una nuova era”, dice Murat Erdogan, docente all’Università di Ankara. “Siamo più ricchi rispetto a qualche anno fa, e ora vogliamo capitalizzare il nostro successo: i giovani hanno molte più opportunità qui, in una terra economicamente fertile e vergine piuttosto che altrove”, aggiunge. E i neolaureati di Istanbul e Izmir sembrano concordare, come dimostra il caso di Okan Demirkan, 32 anni, studi in Olanda, Israele, Londra e New York, è tornato a casa: avvocato, ha fondato la Kulcuoglu Demirkan Attorneys at Law, società cresciuta in tre anni fino a raggiungere i 20 dipendenti. “Non vogliamo fare la figura del grande pesce nel piccolo stagno”, dice Demirkan, convinto che “nei prossimi anni assisteremo sempre di più al ritorno di giovani turchi emigrati per ragioni di studio”. Questa sarà la forza della società turca dei prossimi anni: giovani curiosi e impazienti di dimostrare che loro possono essere il vero motore del cambiamento.
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