La conversione di Casini

Salvatore Merlo

“Non c’è più molto tempo”. Pier Ferdinando Casini, sfogliando i risultati delle amministrative, è tentato da un passaggio delicatissimo: annacquare quella pregiudiziale nei confronti di Silvio Berlusconi che Renato Schifani a “Porta a Porta” aveva individuato non troppo tempo fa come il “vero ostacolo” a un accordo di sistema che rafforzerebbe il governo di Mario Monti proiettandolo anche sulla prossima legislatura in una logica costituente, di compromesso riformista tra le forze politiche.

    “Non c’è più molto tempo”. Pier Ferdinando Casini, sfogliando i risultati delle amministrative, è tentato da un passaggio delicatissimo: annacquare quella pregiudiziale nei confronti di Silvio Berlusconi che Renato Schifani a “Porta a Porta” aveva individuato non troppo tempo fa come il “vero ostacolo” a un accordo di sistema che rafforzerebbe il governo di Mario Monti proiettandolo anche sulla prossima legislatura in una logica costituente, di compromesso riformista tra le forze politiche. Il presidente del Senato sapeva – e sa – che nessun “cantiere dei moderati” (la formula è di Sandro Bondi) è possibile se, come dice Angelino Alfano, “qualcuno fa finta che Berlusconi non esista o pretende che sparisca dalla faccia della terra”. 

    Alle diciassette di ieri, il capo dell’Udc è salito al piano nobile di Montecitorio per un funambolico colloquio con Gianfranco Fini. I rapporti tra i due sono complicati, a Casini non piace l’atteggiamento di alcuni deputati di Fli, come Fabio Granata (“l’esperienza tecnica è stata una necessità ma ora si deve concludere”), che si schierano con sistematicità all’opposizione del governo. A Fini, Casini vuole anche far accettare il tentativo di negoziato con il Pdl, coltivando la segreta certezza che il suo alleato non possa che seguirlo quantomeno per mancanza di alternative. E se poi rifiutasse, poco male. Il presidente della Camera, e capo di Fli, martedì ha appreso con stupore dalle agenzie la notizia che Casini considerava conclusa l’esperienza del Terzo polo (“non è in grado di rappresentare la richiesta di cambiamento e di novità”). Un messaggio esplicito che spetta al Cavaliere raccogliere. Casini sembra disposto a rischiare di rilegittimare Berlusconi, malgrado ci siano delle condizioni: dovrà stare come minimo “tre passi indietro” (non dovrà esserci alcuna foto comune), né può pensare d’imporre lui il leader della nuova federazione dei partiti moderati. Casini pensa a se stesso, ma il frontman, il leader mediatico, potrebbe essere chiunque, anche Luca Cordero di Montezemolo, se necessario, come punto di mediazione. D’altra parte è stato Casini, pochi giorni fa, alla vigilia delle elezioni, nelle ore in cui una parte del Pdl si agitava contro il governo, e mentre il Pd appariva tentato dalla possibilità delle elezioni anticipate, a pronunciare di nuovo il nome di Berlusconi riaccreditandolo nel ruolo di interlocutore. “Finiamo la campagna elettorale, e poi chiederò un appuntamento con Bersani e Berlusconi”. Voce di corridoio: questo clamoroso incontro tra Casini e il Cav. potrebbe arrivare.

    Certo, Casini fa le moine al Pdl sapendo di destare così la gelosia del Pd. D’altra parte il gusto per la manovra iper tattica è una di quelle abitudini dure da perdere per un vecchio navigatore del Palazzo come lui. Al leader dell’Udc non è sfuggito che Massimo D’Alema, a urne chiuse, sapendo di aver vinto, si è precipitato a definire l’alleanza di Vasto, con Vendola e Di Pietro, “una realtà politica”; e con le sue mosse – precedute da sapienti colloqui con i dirigenti del Pd, tra cui Dario Franceschini – Casini ha un po’ provocato l’intervista con la quale ieri D’Alema ha poi corretto la linea parlando, sul Messaggero di Francesco Gaetano Caltagirone, di un’alleanza tra “riformisti e moderati”.

    E’ tempo di muoversi, pensa il leader dell’Udc, preoccupato dal risultato delle amministrative e insoddisfatto – pare – anche dalla prestazione del suo alleato Fini. Il tempo scorre, alle elezioni politiche mancano dodici mesi scarsi e prima di avviare sul serio qualsiasi riforma (elettorale o istituzionale) è necessario sapere quali saranno le squadre in campo nel 2013: non certo l’attuale offerta politica “che non funziona”, ma nemmeno una distesa di macerie. C’è una cosa che Casini ripete spesso: “Se Berlusconi cade nella polvere, noi gli andiamo dietro tutti quanti”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.