Tutte le trame di Berlusconi e Casini

Salvatore Merlo

Si osservano con curiosità e simmetrica diffidenza. Pier Ferdinando Casini, più di Silvio Berlusconi, fa sapere di essere interessato a riannodare i fili al vento delle relazioni con il Pdl in crisi di identità (e consensi) al punto da evocare un possibile incontro con Berlusconi; mentre il Cavaliere pencola, oscilla, tentenna e di tutto il marasma politico che lo circonda ha chiara solo una cosa: al momento non esistono alternative al governo di Mario Monti.

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    Si osservano con curiosità e simmetrica diffidenza. Pier Ferdinando Casini, più di Silvio Berlusconi, fa sapere di essere interessato a riannodare i fili al vento delle relazioni con il Pdl in crisi di identità (e consensi) al punto da evocare un possibile incontro con Berlusconi; mentre il Cavaliere pencola, oscilla, tentenna e di tutto il marasma politico che lo circonda ha chiara solo una cosa: al momento non esistono alternative al governo di Mario Monti. Ma questo non è abbastanza per rassicurare la gran parte del personale politico del Terzo polo e del Pdl, legittimamente preoccupato per il futuro e per la propria sopravvivenza. “Dobbiamo costruire la casa dei moderati, avviare le riforme istituzionali e dei partiti, e infine anche aiutare Monti a fare un drastico taglio della spesa pubblica che possa permetterci di allentare la pressione fiscale”, dice Mariastella Gelmini. “Non c’è tempo da perdere”.

    Maurizio Lupi ha telefonato a Lorenzo Cesa dell’Udc: “Come possiamo procedere?”, l’obiettivo tutt’altro che semplice è di metterli l’uno di fronte all’altro, Casini e Berlusconi, ma a questo lavora soprattutto, e silenziosamente, Gianni Letta. Il gran visir del berlusconismo tappa tutte le falle della pazzotica polifonia di un Pdl in cui la richiesta di elezioni anticipate, e le minacce al governo, convivono con la promessa di lealtà alla tecnocrazia di Monti e Giorgio Napolitano: Letta spinge il Cavaliere a telefonare a Monti per rassicurarlo, nelle riunioni placa l’irruente intendenza degli ex di An, coltiva le relazioni con Luca Cordero di Montezemolo, ed è dunque Gianni Letta la colonna portante di un complicatissimo negoziato che mira, all’ombra del Quirinale e del governo tecnico (e persino della chiesa italiana), a costituire una federazione dei partiti moderati (con Casini, Montezemolo e alcuni dei tecnici vicini al mondo cattolico): un progetto ambizioso ma forse l’unica via d’uscita per tutti; un processo lento, proiettato sul 2013 e sulla suggestione di una legislatura costituente nel corso della quale i partiti possano riorganizzarsi e collaborare a un piano di riforma delle istituzioni.

    Ma poiché si conoscono bene, Casini e Berlusconi diffidano l’uno dell’altro. E così, mentre il leader dell’Udc fa sapere di essere persino disposto a incontrare il Cavaliere, abbandonando una pregiudiziale che nel Pdl hanno sempre considerato pretestuosa e “inaccettabile”, allo stesso tempo Casini utilizza questo balletto con il Pdl, e ovviamente le conseguenti voci di corridoio che fanno capolino sui quotidiani, per drizzare i sensibili baffi di Massimo D’Alema, che, come disse una volta Walter Veltroni, e come Casini sa a memoria: “Da trent’anni gioca sempre lo stesso schema Dc-Pci”. E difatti all’occorrenza il vecchio D’Alema può tornare utile, al tattico Casini, per agitare comunque a suo vantaggio lo stagnante mercato della politica.
    L’atteggiamento del Cavaliere è speculare. Ha costruito attorno a sé, nel suo caotico partito, una struttura che – malgrado si sfilacci ogni giorno di più – gli consente tuttavia di temporeggiare, di suonare tutte le note dello spartito e tutte assieme, in definitiva di tenersi aperta ogni alternativa (possibile, e anche nichilisticamente impossibile).

    Daniela Santanchè, gli ex colonnelli di An e i “tenori” dei giornali d’area si agitano, chiedono il voto, picchiano su Monti, e così coprono (e sfogano) il malessere di una parte del ceto politico berlusconiano e di una gran parte degli elettori che avversano il governo; Angelino Alfano fa invece da camera di compensazione, media all’interno, è il cuscinetto che soffre ma evita gli urti più duri; e infine Letta e Renato Schifani – ciascuno nel suo ruolo – fanno la politica di relazione istituzionale, coprono il governo e Napolitano, tessono la trama della grande coalizione, della legislatura costituente e del negoziato con Casini. Ma tutto questo, al momento, serve soprattutto a non decidere. Per il Cavaliere, perdere tempo significa guadagnare tempo (e guadagnare è un verbo che ovviamente a lui piace molto).

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.