
That win the best
Mancini e il calcio inglese sono vivi, tutto il resto è seppellito con De Pedis
L’Inghilterra ha un nuovo campione, il Manchester City di Roberto Mancini, che si è meritato il titolo con una partita talmente rocambolesca che se fosse stata giocata in Italia sarebbe entrata di diritto nel faldone dell’inchiesta sul calcioscommesse. Così mentre in Italia si consumava il rito sentimentale e retorico di applaudire vecchi giocatori e si piangeva in campo, sugli spalti, in tv e a casa davanti a partite che avevano poco da dire, a Manchester il portiere del City batteva lui le rimesse laterali a centrocampo per portare in avanti la squadra.
L’Inghilterra ha un nuovo campione, il Manchester City di Roberto Mancini, che si è meritato il titolo con una partita talmente rocambolesca che se fosse stata giocata in Italia sarebbe entrata di diritto nel faldone dell’inchiesta sul calcioscommesse. Invece si è giocata in Premier League, e il fatto che il Qpr abbia preso due gol nei minuti di recupero (era in vantaggio 2-1 sul City, ha perso 3-2), proprio quando aveva la certezza che non sarebbe più retrocesso, è un dettaglio. Così mentre in Italia si consumava il rito sentimentale e retorico di applaudire vecchi giocatori e si piangeva in campo, sugli spalti, in tv e a casa davanti a partite che avevano poco da dire, a Manchester il portiere del City batteva lui le rimesse laterali a centrocampo per portare in avanti la squadra. Certo, si è riuscita a fare della retorica anche sulla vittoria dei Citizens, ma è tutta roba fresca come quella trovata nella tomba di De Pedis, dove oltre alle ossa del boss della banda della Magliana pare siano stati rinvenuti altri resti della stagione: alcuni giocatori dell’Inter, gli scontrini delle scommesse di Cristiano Doni, due sim card di Luciano Moggi, un paio di editoriali di Beppe Severgnini, la pancera di Adriano, la terza stella della Juve, Blatter, il preparatore atletico del Milan, Luis Enrique, il parrucchiere di Hamsik, le cartelle esattoriali di Maradona, Villas Boas, Claudio Ranieri, tutta la redazione di Rai Sport, il Suv di Lapo Elkann e gli ultras del Genoa.
Per sopravvivere a quello che è successo a Manchester ho dovuto annaffiare il pomeriggio con il brandy. Vincere così la Premier è contrario alle prescrizioni del mio cardiologo, ma del resto è anche l’immagine di quella che con un eufemismo Mancini ha chiamato una “crazy season”. E’ la squadra intera ad essere pazza, così com’era pazza l’Inter prima di capitombolare in una mediocrità da preliminari di Europa League, costretta a guardare in tv le vittorie dei suoi ex eroi. Il City pazzo di Mancini è un concetto che abbraccia la kefiah e Liam Gallagher, Tévez e Agüero, l’eroico Kompany, e riesce persino a ricondurre a una dimensione calcisticamente umana Balotelli, miniera a cielo aperto per i tabloid e i tutori della legge. In questa scorpacciata di sentimenti mi si lasci dire che l’immagine più bella è quella di Mancini che scappa da Dzeko che vuole spettinarlo con lo spumante, e l’allenatore tremebondo che cerca di mettere al riparo il ciuffo per non perdere la sfida a distanza con Ferruccio De Bortoli. Nella tenacia con cui ha cercato fino all’ultimo minuto – in senso letterale – di perdere il campionato c’è qualcosa di eroico, una specie di sentimento tragico per l’esistenza che è stato ricompensato con la più spettinante delle vittorie. Sono tentato di cedere, e dire che a prescindere dalla sponda di Manchester sulla quale vi trovate quello che si è visto è un inno universale al calcio, e che in fondo ha vinto il migliore. Ma mi piace ancora di più l’idea che i Red Devils siano incazzati come animali feriti, e già in queste ore meditino la vendetta. I can’t wait.


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