Quello che non vi dicono sulla Grecia

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Quando François Hollande e Angela Merkel si augurano che la Grecia resti nella zona euro, in realtà fanno una semplice preghiera: non hanno gli strumenti per far sì che effettivamente Atene resti nella zona euro. Le pressioni sui greci non hanno mai ottenuto risultati concreti, anzi. Come scrive il Wall Street Journal, il 17 giugno, data delle nuove elezioni, accadrà quello che già Atene voleva nell’autunno scorso: un referendum sull’euro.

    Quando François Hollande e Angela Merkel si augurano che la Grecia resti nella zona euro, in realtà fanno una semplice preghiera: non hanno gli strumenti per far sì che effettivamente Atene resti nella zona euro. Le pressioni sui greci non hanno mai ottenuto risultati concreti, anzi. Come scrive il Wall Street Journal, il 17 giugno, data delle nuove elezioni, accadrà quello che già Atene voleva nell’autunno scorso: un referendum sull’euro. Magari non è proprio la vendetta di Papandreou, come la chiama il quotidiano del gruppo Murdoch, ma certo è che l’allora premier fu quasi strangolato in diretta da Angela Merkel quando propose il referendum e ora, con milioni di euro persi nel frattempo, la situazione è di nuovo la stessa. Con l’unica differenza che né il direttorio franco-tedesco né tutta Bruxelles possono imporre ai greci di votare come piacerebbe a loro. Possono minacciare, ma i greci paiono insensibili, oltre che autolesionisti.

    Il problema è perdere questo voto-referendum. I greci ritirano soldi dai conti correnti a ritmi spaventosi perché temono che il ritorno alla dracma azzeri i loro risparmi, ma così facendo accelerano la crisi e il panico (se volete vedere che faccia ha il panico, basta Mary Poppins) e rafforzano quei partiti che non vogliono l’euro, bensì la dracma. Questa trappola porta dritta a un’uscita dall’euro che, come racconta in splendidi pezzi il Financial Times, sarebbe drammatica prima di tutto per i greci. I quali però, disperati, pensano che il peggio sia già arrivato e che non ci sia molto altro da perdere. C’è anche una terza via, che pare sia la preferita dai greci: dichiarare default restando dentro alla zona Euro in modo da salvare il sistema fiscale e le aziende indebitate in euro. Fondo monetario e Unione europea perderebbero i soldi stanziati, la Grecia potrebbe provare a ripartire dal budget primario che è più o meno in equilibrio, a parte ovviamente gli interessi sul debito. Le possibilità che la Grecia riparta sono basse comunque, ma l’Europa non dovrebbe affrontare il disastro della fine dell’Unione monetaria – che forse è anche la fine dell’Unione europea.

    Gli inglesi, che temono il contagio finanziario più di tutti per il peso che la City ha nella loro economia, sostengono che l’uscita della Grecia dall’euro dovrebbe essere accelerata, invece che impedita. Via il dente, via il dolore. Ma nonostante le rassicurazioni europee e internazionali – “siamo pronti a tutto” è il nuovo mantra – non è quantificabile il contagio della Grexit. L’unica speranza ora è non doverci pensare, una grande prova di coraggio politico europeo.