Vedere Fazio&Saviano fa venir voglia di riabilitare il futon e l'attimino
Chissà se a qualcuno dei tre milioni di spettatori (12,66 per cento di share la prima sera) di “Quello che (non) ho”, lo show di Fabio Fazio e Roberto Saviano su La7, è venuta voglia, alla fine, di fare qualcosa di non gradito a Fazio e Saviano. Fatto sta che dopo tre ore di Saviano e di Fazio e di monologhi e di seriosità anche tra comici e di cose buone e giuste fluttuanti in un pot-pourri di concetti buoni e giusti rispetto ai quali sta male dissentire, non si riusciva proprio a indignarsi per l’acqua minerale messa in castigo dietro la lavagna con tutti gli orrori del mondo, con il burlesque, i faccendieri e le escort.
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Chissà se a qualcuno dei tre milioni di spettatori (12,66 per cento di share la prima sera) di “Quello che (non) ho”, lo show di Fabio Fazio e Roberto Saviano su La7, è venuta voglia, alla fine, di fare qualcosa di non gradito a Fazio e Saviano, per esempio pronunciare improvvisamente tutte le parole che Fazio ha scomunicato nell’augurio alla nascitura figlia di Pierfrancesco Favino. Fatto sta che dopo tre ore di Saviano e di Fazio e di monologhi e di seriosità anche tra comici e di cose buone e giuste fluttuanti in un pot-pourri di concetti buoni e giusti rispetto ai quali sta male dissentire, non si riusciva proprio a indignarsi per l’acqua minerale messa in castigo dietro la lavagna con tutti gli orrori del mondo, con il burlesque, i faccendieri e le escort (Fazio beve solo acqua a chilometro zero, evidentemente). Restava altresì, dopo tre ore, il desiderio folle di nascondersi in qualche “punto luce” a ingozzarsi di “apericena” guardando “reality” o di infilarsi in un “temporary shop” dopo una “partenza intelligente”, per citare le bestie nere del Fazio maestro di stile oltreché di morale. E ci si chiedeva anche un po’ sgomenti, tra sé e sé: per caso ho mai posseduto un “futon”?, oggetto sommamente deprecato sul palco torinese delle ex Officine Grandi Riparazioni, davanti agli autori in prima fila e a Piero Fassino e a Evelina Christillin. E si era disposti persino a dire “soluzione simpatica” (espressione invisa a Fazio) di fronte a tutto quel martellare di moniti e rimandi contro modi di dire, persone, oggetti, luoghi e professioni, tanto che per Saviano anche andare al ristorante è fonte di angoscia e retropensiero: non sarà che stiamo dando i soldi alle mafie?, si domanda quando arriva il menu.
La diossina, lo sversamento, la strage di Beslan – e uno riflette. I suicidi, la crisi, il caporalato, la Grecia – e uno riflette. Ma poi arrivano il conto corrente alle Cayman e le vacanze a tua insaputa (Saviano fa sapere di non avere amici disposti a pagargliele) e ogni possibile bau-bau capace di evocare il mondo là fuori, illetterato, grezzo e nouveau riche, quello da girone delle parole maledette (di nuovo “burlesque”, seconda volta in una sera). Anche il momento di ricreazione (intervallo musicale di Elisa) porta sempre lì, a quello che si dovrebbe pensare o fare o dire invece di stare lì a vivere da bruti: salutare i lavoratori dell’Asinara, dice Saviano, ricordare la filastrocca di Gianni Rodari, dice Fazio, annuire se Paolo Rossi paragona la finanza al Monopoli (maddai), deprecare l’involuzione di significato della parola “crescita”, cercare analogie e differenze nei monologhi paralleli di Gad Lerner e Marco Travaglio su politica e antipolitica, non confondere la nostalgia (Fazio non la prova) con la malinconia (Saviano la prova).
Sì, c’è Francesco Piccolo tra gli autori, ma dov’è finito il Francesco Piccolo di “Momenti di trascurabile felicità”, ci si chiede, rimpiangendo la leggera e maligna gioia sottesa al libro-catalogo in cui Piccolo scriveva che il massimo è chiudersi nel bagno di una casa in cui sei ospite per fare la disamina rivelatrice delle boccette e dei nécessaire. Non partire d’agosto, girare la manopola del lavabo proprio quando l’altro ha finito di regolare la temperatura della doccia, sottoscrivere mentalmente la spesa di uno sconosciuto al supermercato, scoprire che non c’è niente di male a dormire ognuno dal proprio lato e abbracciarsi il giorno dopo: dov’è finito quel Francesco Piccolo, si pensa, mentre la bella scrittrice iraniana Lila Azam Zanganeh dice che il bacio – non si salva neanche il bacio – è meglio a occhi aperti. “La debolezza di questo reading è che tutti ti fanno venire il senso di colpa”, ha scritto il critico Aldo Grasso (mentre lo spettatore, alla terza ora di rimbrotti, decideva, alle brutte, di riabilitare l’“attimino”, altra dicitura invisa a Fazio).
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