Cameron dà lezioni federaliste all'Ue per non perderci un trilione

Paola Peduzzi

“Make-up or break-up” è la sintesi dell’analisi che il premier inglese, David Cameron, ha fatto ieri della crisi dell’Eurozona. Non ci sono più alternative: o il continente si decide ad attuare una politica fiscale comune, un federalismo vero, o la disintegrazione è più che probabile. Il costo di un’uscita caotica della Grecia dall’euro è stata stimata, scriveva ieri il Guardian, in un trilione di dollari. 

Leggi Europei in cerca di un piano anticontagio per rassicurare Obama - Leggi Hamilton, chi era costui?

    “Make-up or break-up” è la sintesi dell’analisi che il premier inglese, David Cameron, ha fatto ieri della crisi dell’Eurozona. Non ci sono più alternative: o il continente si decide ad attuare una politica fiscale comune, un federalismo vero, o la disintegrazione è più che probabile. Il costo di un’uscita caotica della Grecia dall’euro è stata stimata, scriveva ieri il Guardian, in un trilione di dollari. Come un novello Hamilton, padre fondatore del federalismo americano che studiò proprio il modello inglese per carpire i segreti di un paese potente, Cameron chiede all’Europa di fare uno sforzo unitario ulteriore. Così come lo ha fatto anche il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, in un bellissimo discorso ieri in cui ha ricevuto il premio Carlo Magno: dobbiamo creare “un superstato europeo”, ha detto, come “gli Stati Uniti d’Europa”: un altro Hamilton s’aggira per i palazzi europei, insomma.

    Il Regno Unito, a differenza della Germania, naturalmente non ha alcuna intenzione di far parte della partita monetaria e fiscale comune (non era per l’euro nei tempi d’oro, figurarsi ora), ma sa che non può stare a guardare senza fare nulla: lo choc finanziario che deriverebbe dalla rottura del contratto dell’euro con l’uscita della Grecia colpirebbe la piazza finanziaria principale dell’Europa, cioè la City londinese. Cameron sciorina gli ultimi dati incoraggianti sulla diminuzione della disoccupazione per dimostrare che una crisi di debito si combatte senza aumentare il deficit, e ribadendo che austerità e crescita non sono politiche alternative: sono complementari. A Manchester, il premier inglese ha presentato una ricetta per l’Eurozona (attivismo monetario della Bce e federalismo fiscale), annunciando anche un rilancio per la crescita della politica inglese: “Se i mercati non credono che siamo seri nell’affrontare i nostri debiti, i tassi di interesse decollano e le economie rallentano”. Per evitare il collasso, è necessario che la Grecia non esca dall’Eurozona. Ma siccome la politica europea non può impedire ai greci di votare quel che vogliono, Londra ha pronti i piani di sopravvivenza con un’Eurozona senza Atene.

    Secondo i cameroniani del magazine Spectator, uscito ieri con la copertina sul ritorno alla dracma in Grecia, Cameron è afflitto da una “eurofrustrazione”: non vuole che la cancelliera tedesca, Angela Merkel, perda un altro anno pensando agli affari interni (nel 2013 si vota in Germania) e così dà il suo appoggio ai “project bond” promossi anche dal presidente francese, François Hollande, che non sono salvifici, ma segnalano una nuova vicinanza tra Londra e Parigi (come si sa, tra Cameron e l’ex presidente francese, Nicolas Sarkozy, i rapporti erano al limite dell’educazione: e certo avrà fatto sorridere Cameron che al ministero degli Esteri francese sia arrivato un euroscettico come Laurent Fabius). Le premesse non erano rassicuranti, visto che Hollande ha detto che gli inglesi trattano l’Unione europea come “un ristorante self service”, ma all’incontro del G8 oggi ci sarà il modo di reimpostare i rapporti. E’ nell’interesse di Londra, naturalmente. Come ha ricordato ancora ieri Cameron, il Regno Unito è esposto nel mercato europeo sei volte tanto rispetto agli americani, “so che i paesi del continente non amano ricevere lezioni da chi è fuori dall’euro, soprattutto da paesi come il mio che hanno già le loro difficoltà. Ma questo è un problema anche nostro”. Il governatore della Banca centrale inglese, Mervyn King, che è uno che tende a non assumersi grandi responsabilità sul proprio operato, va detto, ha dichiarato: “Il nostro principale partner commerciale, l’Eurozona, si sta dissolvendo senza una soluzione praticabile in vista”. Come Parigi e Berlino, anche Londra si augura che la Grecia resti dov’è e cerca di contenere le speculazioni (anche nel campo dei conservatori al governo) sui benefici, in prospettiva, di un’uscita di Atene.

    Il premier inglese punta alla creazione di un federalismo fiscale di stampo hamiltoniano, che quindi preveda a monte un’attività monetaria centralizzata, non come ultima spiaggia prima dell’implosione. Come ha scritto di recente l’economista Simon Johnson, ex del Fondo monetario, Hamilton studiò l’ascesa dell’impero britannico e si accorse che “il segreto di quella potenza era noioso: politica fiscale, o la capacità del governo inglese di raccogliere e gestire il denaro. Nella strategia di guerra, l’accesso ai fondi faceva la differenza tra chi vinceva e chi perdeva, ed era lì che gli inglesi mostravano la loro superiorità”.
    Oggi non siamo più in guerra, non ci sono flotte che partono o eserciti che invadono, ma gli scontri politici sono violenti, e vi restano impigliati stati interi. La Grecia si ribella all’“accordo barbarico” preso con Bruxelles, la Spagna getta panico bancario e poi cerca di smentirlo, l’America cerca di non avvicinarsi troppo per paura del contagio. Tutti in coro dicono: ci vogliono misure urgenti, ma i tempi di recupero saranno lunghi. Tanto che R. Daniel Keleman, ieri sul sito di Foreign Affairs, scriveva: “I problemi dell’Eurozona non sono più qualificabili come ‘crisi’, una situazione instabile che può o migliorare velocemente o drammaticamente peggiorare. Sono piuttosto ‘a new normal’”. Abituatevi.

    Leggi Europei in cerca di un piano anticontagio per rassicurare Obama - Leggi Hamilton, chi era costui?

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi