Solo l'America può salvare l'Europa

Matteo Matzuzzi

Quel grande esperimento che è stato l'euro sta cadendo a pezzi, con conseguenze economiche (e soprattutto politiche) facilmente immaginabili. Lo scrive un pessimista Paul Krugman sul New York Times, pronto a richiamare al senso di responsabilità i leader europei, primo fra tutti il cancelliere tedesco Angela Merkel. Il tempo stringe, la fine dell'euro potrebbe essere una questione di mesi, non di anni. Anche la Banca centrale europea deve fare la propria parte, lasciando da parte il moralismo e affrontando la realtà, senza temporeggiare ulteriormente.

    Quel grande esperimento che è stato l'euro sta cadendo a pezzi, con conseguenze economiche (e soprattutto politiche) facilmente immaginabili. Lo scrive un pessimista Paul Krugman sul New York Times, pronto a richiamare al senso di responsabilità i leader europei, primo fra tutti il cancelliere tedesco Angela Merkel. Il tempo stringe, la fine dell'euro potrebbe essere una questione di mesi, non di anni. Anche la Banca centrale europea deve fare la propria parte, lasciando da parte il moralismo e affrontando la realtà, senza temporeggiare ulteriormente. La moneta comune può ancora essere salvata (anche se qualche stato dovesse abbandonare l'Eurozona), basta cambiare completamente il modo di affrontare l'emergenza. Il male è all'origine, quando l'euro entrò in vigore, scrive Krugman: "All'epoca ci fu una grande ondata di ottimismo, il denaro investito in Spagna e in altri paesi europei ha creato enormi bolle immobiliari e incolmabili deficit commerciali".

    Una situazione grave cui si è aggiunta la terribile crisi finanziaria del 2008, innestando una pericolosa recessione. "L'instabilità economica ha messo in luce quanto grave sia la mancanza di unità politica", aggiunge il columnist del New York Times. La bolla immobiliare è scoppiata sia in Spagna sia in Florida, ma qui almeno i pensionati potevano ancora sperare di ottenere la Social Security e l'accesso al sistema Medicare: Washington, entità superiore, correva in aiuto di chi era stato investito dalla più drammatica crisi dopo quella del 1929. Il pensionato di Madrid, invece, non poté contare su nulla di simile. "La conseguenza è stata che la bolla immobiliare si è trasformata in una crisi fiscale", aggiunge Krugman. Ora è tempo di agire: la Grecia, con la disoccupazione al 22 per cento, è il "punto focale". Gli elettori sono delusi, arrabbiati per i pesanti piani di salvataggio sottoscritti da Atene con la troika formata da Bce, Ue e Fmi. Il recente voto per il rinnovo del Parlamento ha punito i partiti tradizionali a vantaggio delle formazioni più estremiste e l'attuazione delle politiche imposte al paese ellenico dalla Germania e dalla Bce è sempre più improbabile. Sempre più greci stanno ritirando denaro dagli istituti di credito, convinti che il ritorno alla dracma non sia più un'utopia. Il pericolo è che il caos greco innesti un domino le cui prossime tessere a cadere saranno "Spagna e Italia".

    Un ruolo fondamentale lo avrà la Banca centrale europea, ma il suo eventuale sostegno alle banche in difficoltà non sarà sufficiente. "Realisticamente, l'unica reale possibilità per uscire dall'austerità e dalla depressione è che Francoforte abbandoni la sua ossessione per la stabilità dei prezzi e accetti per diversi anni un aumento dell'inflazione in Europa del 3-4 per cento", scrive Krugman. Il fallimento dell'euro equivarrebbe a una grande sconfitta per tutto il progetto europeo, "per il suo tentativo di portare la pace, la prosperità e la democrazia in quel continente". A trionfare sarebbero ancora una volta gli estremisti, screditando ancora una volta la classe politica. "E' giunto il momento che l'Europa dimostri di essere all'altezza della situazione".

    • Matteo Matzuzzi
    • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.