Com'è che a Cuba arriverà prima il matrimonio gay che la libertà

Maurizio Stefanini

L’ambiente degli esiliati cubani e il senatore democratico del New Jersey, Bob Menéndez, protestano contro il visto concesso alla figlia di Raúl Castro per partecipare a un congresso a San Francisco, mentre a Cuba dissidenti e oppositori continuano a essere incarcerati. La polemica dura inalterata da cinquant’anni, ma in questo ultimo caso potremmo essere di fronte a una curiosa evoluzione nel campo dei diritti civili alle latitudini castriste: probabilmente, a Cuba arriverà prima il matrimonio gay che non il diritto a creare legalmente un partito di opposizione.

    L’ambiente degli esiliati cubani e il senatore democratico del New Jersey, Bob Menéndez, protestano contro il visto concesso alla figlia di Raúl Castro per partecipare a un congresso a San Francisco, mentre a Cuba dissidenti e oppositori continuano a essere incarcerati. La polemica dura inalterata da cinquant’anni, ma in questo ultimo caso potremmo essere di fronte a una curiosa evoluzione nel campo dei diritti civili alle latitudini castriste: probabilmente, a Cuba arriverà prima il matrimonio gay che non il diritto a creare legalmente un partito di opposizione.

     Negli anni Sessanta il regime castrista mandava gli omosessuali nei campi di lavoro dell’Umap, le Unità militari di appoggio alla produzione, ideate da quel tremendo omofobo che fu il Che. Ancora nel 2007 un cubano ottenne asilo politico in Italia proprio perché omosessuale, e due omosessuali vennero arrestati il 25 giugno del 2008 all’Avana per aver cercato di organizzare un Gay pride. Proprio nel 2008 fu in compenso istituita una Giornata Cubana contro l’Omofobia ufficiale. E sabato scorso, quasi in contemporanea con le dichiarazioni a favore del matrimonio gay di Barack Obama e all’approvazione in Argentina della legge che rende possibile il cambio di genere sessuale su semplice domanda, la quinta di queste giornate è stata celebrata con una marcia di 400 tra gay, lesbiche, trans e travestiti a ritmo di congas per la Rampa dell’Avana. Tra di loro, un’attivista speciale, Mariela Castro Espín: lesbica, psicologa, responsabile del Centro nazionale di educazione sessuale (Cenesex), ma soprattutto figlia del presidente Raúl Castro.

    E’ la stessa Mariela Castro Espín che, cognome o non cognome, ha ottenuto di poter essere dal 23 al 26 maggio a San Francisco, capitale gay, per partecipare al XXX congresso dell’Associazione di studi latinoamericani. Che ha però un tema preciso: “Uno sguardo alla diversità sessuale dalla prospettiva del politico” è il titolo della sua conferenza. Menéndez ha definito la Castro  Espín “un fedele difensore del regime e avversaria della democrazia, che ha difeso la brutale repressione degli attivisti”. Ma il dipartimento di stato ha risposto che “non esiste una proibizione generale all’emissione di visti per funzionari del governo cubano”. Ed è qui che, probabilmente, si innesta il tema dell’evoluzione pro gay in corso a Cuba. Alla fine, il regime castrista ha preso atto del netto contrasto tra la propria tradizionale omofobia e i sentimenti di gran parte di quei (residui) settori dell’opinione pubblica europea e nordamericana che ancora offrono al castrismo la loro simpatia. Un po’ è la tematica ormai fatta propria da gran parte dei governi di quella sinistra latinoamericana di governo con cui Cuba è alleata, o con cui comunque dialoga. Un po’ è la logica delle riforme di Raúl Castro: cooptare nel regime una parte di quelle istanze di “inconformità” che in passato venivano ferocemente represse. Ma parecchio, evidentemente, conta la figlia del gran capo. Secondo la quale non proprio il matrimonio gay, a proposito del quale si è però “complimentata” con Obama, ma una forma di “pacs” potrebbe essere introdotta a Cuba entro un anno: papà si sarebbe “manifestato sul tema in varie occasioni”, tra congresso del Partito, Parlamento e altre “piccole riunioni”. “Non lo ha reso pubblico, sicuramente come parte delle sue tattiche e delle sue strategie. Ma lui stesso ammette che non possiamo avanzare come socialismo se continuiamo a convivere con questi pregiudizi”. A riprova di questa evoluzione dice che dal 2008 sono state effettuate a Cuba 15 operazioni gratuite per il cambio di sesso, e ha reso omaggio allo scrittore Virgilio Piñera: morto nel 1979 e perseguitato proprio in quanto gay.