Il terremoto ha colpito anche il parmigiano e l'aceto balsamico

Maurizio Stefanini

Il parmigiano e l’aceto balsamico; il lambrusco e la ceramica; i prodotti medici usa e getta e le componenti per emodialisi. L’Italia è quasi dappertutto il Paese della piccola e media impresa, industriale e artigiana e contadina. E ogni volta che c’è una calamità naturale, è soprattutto in termini di impatto sulla piccola e media impresa, industriale artigiana e contadina, che bisogna misurare i danni.

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    Il parmigiano e l’aceto balsamico; il lambrusco e la ceramica; i prodotti medici usa e getta e le componenti per emodialisi. L’Italia è quasi dappertutto il Paese della piccola e media impresa, industriale e artigiana e contadina. E ogni volta che c’è una calamità naturale, è soprattutto in termini di impatto sulla piccola e media impresa, industriale artigiana e contadina, che bisogna misurare i danni. I doc, e i distretti industriali. Sul primo fronte, in particolare, l’area del sisma ha investito sia l’area di produzione del Consorzio  Parmigiano Reggiano che quella del Grana Padano. La prima, in particolare, copre le province di Parma, Reggio Emilia e Modena, oltre a quella di Bologna a ovest del Reno e a quella di Mantova a sud del Po. La seconda, il resto dell’Italia del Nord.

    È stato appunto il Consorzio Grana Padano a stimare per il complesso del comparto agricolo almeno 250 milioni di euro di danni, e 100 milioni per il solo parmigiano reggiano. Una valutazione peraltro definita “molto prudenziale”. Per disturbare la produzione dei due pregiati formaggi, non c’è stato bisogno che venissero necessariamente danneggiati macchinari, attrezzature e magazzini: cosa che comunque è avvenuta. È bastato che le forme “fresche” con sei mesi di stagionatura cadessero dalle “scalere” in cui erano alloggiate per rovinarne la preparazione, e obbligare a mandare il tutto in fusione. Si recupererà così qualcosa, ma non il pregio del formaggio doc. Il Consorzio Grana Padano parla di 300.000 forme danneggiate, e Coldiretti Emilia-Romagna di almeno 400-500.000 forme danneggiate: in particolare alle aziende Albalat   di Albareto e La Cappelletta di S.Posidonio (Mo) e all'azienda Caretti a San Giovanni in Persiceto (Bo).

    Tra San Felice e Medolla è crollato anche il tetto di un allevamento di mucche, mentre all’azienda Pradella di Mirandola e a due aziende di San Felice Panaro sono crollati i tetti di allevamenti di maiali, che cono collegati alla produzione di parmigiano reggiano e grana padano per via della possibilità di riutilizzare il siero residuo come mangime. Ma questa è anche la zona dell’aceto balsamico. E di anch’esso se ne è riversato in quantità fuori dalle botti infrante, mentre sono in fase di stima i danni alla produzione del lambrusco.

    Quanto all’industria, l’attenzione dei media è andata ovviamente alle imprese dove sono morti gli operai impegnati nei turni di notte: quattro sulle sette vittime. Due erano addetti al reparto monocottura della Ceramiche Sant'Agostino, azienda del Ferrarese produttrice di lastre da pavimento e da rivestimento dove sono crollati sia il tetto che un’ala recentemente costruita. Una terza vittima, pure per il crollo di un tetto, è stata nello stabilimento di Bondeno della Ursa Italia, del gruppo Uralita, dove si producono a ciclo continuo pannelli isolanti per edilizia in polistirene estruso. E una quarta vittima è stata a Dosso un operaio della Tecnopress: fonderia specializzata nella lavorazione dell'alluminio. Sebbene non vi siano state vittime, però, il danno economico maggiore rischia di essere quello per gli stabilimenti del distretto industriale biomedicale di Mirandola, che comprende inoltre anche i comuni di Medolla, Concordia, Cavezzo, San Felice sul Panaro, San Possidonio, San Prospero. Investito in pieno, è un polo che è leader in Europa nella produzione sia di prodotti plastici “usa e getta” per uso medico che di apparecchiature per dialisi, cardiochirurgia e trasfusione. E i sindacati già avvertono sul rischio di una lunga chiusura per imprese chiave come la Gambro cfr. /) o la Sorin. Il danno sarebbe per la sanità europea, se non addirittura mondiale.

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