Vittorie senza avversari
Sotto sotto il vero boom elettorale è quello del Pd
Lì per lì, a urne appena aperte, sembra quasi che non le abbia vinte nessuno, le amministrative 2012, fatta salva la quarta volta di Leoluca Orlando, outsider stagionato a Palermo con circa il 72 per cento dei consensi e per il “boom” del grillino Federico Pizzarotti a Parma (attorno al 60 per cento). Stavolta si è sentito, il famoso “boom”, ed è suo, suo di Pizzarotti: “Hanno eletto me e non Beppe Grillo”, dice nelle prime interviste, Grillo “è l’aratro noi seminiamo”, Grillo è “il magafono e ora noi camminiamo con le nostre gambe”, “ora guardiamo il bilancio e vediamo che fare con tutti i cittadini”, dice con qualche residua traccia di utopia anti casta.
Lì per lì, a urne appena aperte, sembra quasi che non le abbia vinte nessuno, le amministrative 2012, fatta salva la quarta volta di Leoluca Orlando, outsider stagionato a Palermo con circa il 72 per cento dei consensi e per il “boom” del grillino Federico Pizzarotti a Parma (attorno al 60 per cento). Stavolta si è sentito, il famoso “boom”, ed è suo, suo di Pizzarotti: “Hanno eletto me e non Beppe Grillo”, dice nelle prime interviste, Grillo “è l’aratro noi seminiamo”, Grillo è “il magafono e ora noi camminiamo con le nostre gambe”, “ora guardiamo il bilancio e vediamo che fare con tutti i cittadini”, dice con qualche residua traccia di utopia anti casta il neosindaco, nel primo giorno di realtà vera (e va bene che Grillo dice tanti “vaffa” alle banche, ma ora c’è da lavorare, lavorare tanto, e con le banche di Parma vedremo, dice ora a un microfono ora a un taccuino Pizzarotti, molto preoccupato di apparire “politica” e non “antipolitica”).
Sembra non vinca nessuno, ma c’è il Pd che mette la pietruzza sulla strada della vittoria alle elezioni più importanti, quelle del 2013, quelle per il governo del paese: prende città prima impensabili, a lungo regno della destra (Como, Monza, Rieti, Brindisi); tiene Genova, seppure appoggiando un candidato non Pd; rovescia il rapporto centrosinistra-centrodestra rispetto alle amministrative del 2007; tiene L’Aquila, dove Massimo Cialente promette di ricostruire (nonostante la crisi, con quali soldi si vedrà). “Siamo verso la vittoria anche a Piacenza”, protesta una Rosy Bindi con l’elmetto allo speciale Tg3, mentre i commentatori non sembrano dello stesso avviso. “E’ una vittoria senza se e senza ma”, dice Pier Luigi Bersani mentre su Twitter gli utenti commentano come fosse l’ennesima imitazione di Maurizio Crozza. E in effetti il risultato globale dice questo: che il Pd ha vinto anche se poi le elezioni hanno premiato gli eccentrici; ha vinto in un panorama di quasi scomparsa degli avversari: la Lega perde sette comuni su sette, il Pdl paga la “ritirata” plateale dell’autunno scorso senza una proposta alternativa (ma Ignazio La Russa, tra gli ospiti del direttore del Tg3 Bianca Berlinguer, sostiene l’idea di una specie di “Unione” di centrodestra, tutti insieme quelli che sono contro il centrosinistra). L’impressione è che il Pd, in particolare, e il centrosinistra, in generale, non essendo stati al governo prima di Mario Monti, nonostante l’appoggio a Mario Monti e pur essendo stati toccati da scandali proprio sul territorio, non abbiano scontato nelle urne gli scandali e lo scandalismo che hanno dannato un centrodestra “alleato” nel sostegno al governo tecnico (a parte la pancia che mugugna furiosa contro banche, finanza ed euro).
E’ la giornata in cui il bancario informatico trentanovenne Pizzarotti, lodato dal sindaco di Roma Gianni Alemanno (“vai e spacca tutto”), e liquidato a sinistra come quello che ha preso tutti i voti del centrodestra, può moderatamente esultare davanti alle telecamere (“sono molto contento, siamo pronti, cambio lavoro per un po’ di anni”) senza che Grillo gli dica “non andare in tv”. E’ la giornata in cui Grillo, su Twitter, rilancia il tormentone di piazza: politica senza soldi, “solo seimila euro per diventare sindaco”. Ma è anche la giornata in cui Orlando si autoincorona messia (“con il risultato di Palermo nasce la Terza Repubblica, la mia candidatura è stata una risposta all’antipolitica… chiederò un incontro al premier Mario Monti per domandargli se vuole essere ancora un tecnico senza anima, se vuole restare ancora prigioniero dell’abbraccio alla Merkel e al sistema perverso che ha distrutto la Grecia”).
Si guardano i dati (su 26 comuni capoluogo, il centrodestra, che ne aveva 17, ne perde una dozzina), si conta, si riconta, si discute di morte e vita dei partiti sui social network, si cede al senso di sgomento per altre notizie (Brindisi, terremoto in Emilia), si commenta in tv il dato quasi definitivo – “dove il centrosinistra trova candidati giusti vince”, dicono alcuni; “ha vinto l’antipolitica”, dicono altri. Di fondo c’è ansia strisciante, senso di impotenza, idea di confusione galoppante, tanto che a un certo punto l’ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari dice: “E’ un grande casino, si va dall’eterno ritorno alle novità più strampalate e demagogicamente impresentabili. La situazione del paese è di malattia molto avanzata, temo quasi terminale”.
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