Il potere pende tra le gambe
Spear of the Nation: l’asta, la lancia, insomma il batacchio di una nazione, è un pezzo di carne che pende, al momento inerte ma potenzialmente minaccioso, tra le gambe di un leader ritratto in piedi e di profilo, con indosso un paltò sette ottavi tenuto sbottonato come un tempo Lenin. E’ il Sudafrica di Jacob Zuma secondo il pittore Brett Murray, autore di un quadro esposto in una galleria di Johannesburg che ha scatenato un putiferio: l’Anc, il partito del presidente, aveva chiesto che fosse rimosso o in subordine una pecetta sulle pudenda, fatto sta che la galleria è stata chiusa.
Spear of the Nation: l’asta, la lancia, insomma il batacchio di una nazione, è un pezzo di carne che pende, al momento inerte ma potenzialmente minaccioso, tra le gambe di un leader ritratto in piedi e di profilo, con indosso un paltò sette ottavi tenuto sbottonato come un tempo Lenin. E’ il Sudafrica di Jacob Zuma secondo il pittore Brett Murray, autore di un quadro esposto in una galleria di Johannesburg che ha scatenato un putiferio: l’Anc, il partito del presidente, aveva chiesto che fosse rimosso o in subordine una pecetta sulle pudenda, fatto sta che la galleria è stata chiusa. La prima pagina del Times di Città del Capo ha messo fianco a fianco una foto dell’artista che sorride – dice che non aveva intenzione di urtare nessuno ma solo di fare satira – e una di Zuma in cui, casualmente, tiene i palmi delle mani ben distanziati quasi a misura virtuale dell’oggetto in questione. Il solito artista che irride il potere come archetipo della voracità sessuale. Il settantenne Zuma come Priapo di Pretoria: poligamo, ha appena sposato la quarta moglie, ha una vasta collezione di amanti e messo al mondo una ventina di figli legittimi e un lotto imprecisato di illegittimi. Incarna il potere come energia vitale, il sesso come fatica primitiva ed elementare volta a rafforzare, il clan, la tribù, l’etnia in una terra che per larghi tratti è ancora l’infanzia dell’umanità.
Quali pieghe oscure invece possano prendere potere e sesso nel maturo occidente, per esempio nella vecchia e sofisticata Francia, ce lo racconta per l’ennesima volta DSK, l’ex patron del Fmi. Dopo l’affaire del Sofitel di New York, dopo l’accusa di stupro da parte della giornalista Tristane Banon, dopo la scoperta di una reseau di escort messe a sua disposizione da amici, la procura di Lilla ha avviato un’indagine preliminare per “viol en réunion”, stupro di gruppo, roba da branco. Il fatto sarebbe accaduto il 16 dicembre 2010 in un albergo di Washington, a due passi dalla Casa Bianca. Nella suite, due ragazze belghe e amici francesi venuti apposta per la serata. Una delle ragazze ha raccontato ai magistrati che a un certo punto DSK ha preteso rapporti anali, lei non voleva, ma aveva dovuto cedere perché uno dei partecipanti la teneva per i polsi. La ragazza non ha sporto denuncia, “se non avessi fatto il mestiere che faccio non mi sarebbe successo”.
Il potere sa essere così sicuro di sé, il sentimento di impunità così arrogante da far sentire in colpa persino la donna vittima. Oggi DSK è un fantasma, abbandonato da tutti, evitato come un appestato. Accade che qualcuno lo inviti, lo ha fatto recentemente il socialista Julien Dray per la festa di compleanno: lui è andato e ha fatto finire anche l’ospite sulla lista nera dell’attuale compagna di François Hollande, una première dame che diciamolo rischia di mantenere tutto quello che promette.
Anche dopo, dopo che tutto è andato in pezzi, non sembra che l’uomo di potere riesca a essere così severo con se stesso così lucido da capire il perché della caduta. Il magistrato che sta interrogando DSK è una donna di una trentina di anni, lui le si concede con la supponenza dell’uomo che siccome ha girato i club privé di mezzo mondo ha afferrato l’essenza intima del libertinaggio, “relazioni sessuali libere e consensuali, semplici e senza tabù, con più partner ed eventualmente di fronte ad altri a cui piace guardare”, per questo dice ama le donne libertine e non le prostitute, poi ha come un momento di resipiscenza e si scusa se per un attimo ha potuto farle pensare che lei conoscesse male quel suo mondo notturno. Sade finì in un carcere-manicomio perché il libertinaggio era allora eversione: DSK vuole essere assolto in nome della normalità del libertinaggio. Nel ramo ho cari amici. Praticano con discrezione, e comunque con una fantasia più vivida che la riduzione della donna a un fondoschiena. Ma si guardano bene dal comandare, si rifiutano di avere potere sulla vita degli altri.
Il Foglio sportivo - in corpore sano