Perché Euro2012 molto probabilmente non sarà un successo
La strage di cani e gatti randagi, il caso Tymoshenko, le accuse di mafia da parte del settimanale tedesco Der Spiegel, i problemi logistici, organizzativi e infrastrutturali che hanno innervosito più volte l’Uefa. Della serie: sembravano gli Europei, invece era una Coppa d’Africa; con tutto il rispetto per quel calcio e per un continente che cerca la normalità, anche sportiva, in un oceano di difficoltà e con importanti economie emergenti. Resta il fatto che l’edizione 2012 sta nascendo sotto i peggiori auspici.
La strage di cani e gatti randagi, il caso Tymoshenko, le accuse di mafia da parte del settimanale tedesco Der Spiegel, i problemi logistici, organizzativi e infrastrutturali che hanno innervosito più volte l’Uefa. Della serie: sembravano gli Europei, invece era una Coppa d’Africa; con tutto il rispetto per quel calcio e per un continente che cerca la normalità, anche sportiva, in un oceano di difficoltà e con importanti economie emergenti. Resta il fatto che l’edizione 2012 sta nascendo sotto i peggiori auspici e se in Polonia tutto sembra filare (quasi) liscio in Ucraina le cose vanno di male in peggio, senza dimenticare la recrudescenza di morbillo, con 5.000 nuovi casi registrati nel solo mese di aprile, sintomo di un Paese con gravi problemi sanitari.
Un dato su tutti, i soldi spesi per gli stadi: oltre 2 miliardi di euro, per la precisione 2.335.000.000, circa sette volte più di quello che servì nel 2008 per gli impianti austriaci e svizzeri (326.000.000). Nel 2004 in Portogallo furono investiti 674.750.416 euro e la spesa prevista per quelli di Francia 2016 è di 1.626.000.000. Il costo medio di uno stadio è passato così da 67.475.042 euro nel 2004 a 65.200.000 nel 2008, 291.875.000 per l’edizione di quest’anno e 203.250.000 per quella che stanno organizzando i francesi. Insomma, se nel 2004 i tifosi si sedevano su seggiolini costati 1.801 euro l’uno, quest’anno lo faranno su poltroncine (?) da 6.031 euro ciascuna. Uno studio che non può non chiedersi com’è stato possibile che nel giro di soli quattro anni i costi di costruzione siano schizzati oltre i due miliardi, per una capienza totale di 387.148 spettatori.
Per Der Spiegel la risposta è semplice: “Gli appalti sono stati monopolizzati da aziende controllate dalla mafia” e non solo per quello che riguarda gli stadi. E in tutto questo rischiamo di dimenticarci che ben due impianti ucraini sono di proprietà dei rispettivi club, la Donbass Arena e il Metalist Stadium; il primo è un gioiellino da 51.000 posti dove gioca lo Shakhtar Donetsk di Rinat Akhmetov, figlio di minatore, oligarca, filantropo per alcuni, ex criminale per altri.
Non sembra nemmeno lo stesso paese, quello che fece del calcio un simbolo di resistenza, quando il 9 agosto del ’42 la Start, composta da ex giocatori di Lokomotiv e Dinamo Kiev, fu costretta a giocare la rivincita contro la Flakelf, squadra di ufficiali tedeschi della Luftwaffe, in uno stadio pieno di poliziotti, nazisti, qualche ubriaco e l’arbitro delle SS. Gli ucraini vinsero 5-3 per poi essere torturati e uccisi. Oggi un monumento ricorda Goncharenko, uno degli eroi di quella partita: “A uno che se lo merita”. Qui sono nati Valeri Lobanovsky e Oleg Blokhin (che si allenava con Valeri Borzov), due grandi artefici del calcio del Duemila, quello che portò la Dinamo Kiev a vincere due coppe delle Coppe e una Supercoppa Europea, insieme con due palloni d’Oro, lo stesso Blokhin e Belanov.
La fine del comunismo ha travolto anche l’Ucraina che ha trovato nel nazionalismo un facile appiglio per nascondere le fragilità dell’indipendenza, iniziando a nutrire sentimenti di rivalsa verso russi ed ebrei, ma anche razzismo (lì dove il cosmopolitismo era di casa) verso i giocatori africani che calpestano i campi gelati della Prem’er-Liha, insultati (persino da alcuni giornalisti) con parole come “scimmione” e “banana”. “In un certo senso, il sistema Lobanovsky è una replica del regime sovietico sotto cui è stato concepito. Come i sovietici, tende a stroncare l’iniziativa individuale”, ha scritto il giornalista e scrittore americano Franklin Foer. Crollato quello è crollato anche il calcio che solo con i soldi degli oligarchi è riuscito a rialzare la testa: lo Shakhtar ha vinto l’Europa League nel 2009.
E l’Ucraina? E' un Paese sotto scacco energetico, dipendendo per la maggior parte dalla Russia, parallelamente a una forte crescita economica iniziata nel ’96, condita da indicatori contrastanti. Ci sono zone in cui la povertà è l’unica realtà, sviluppando economie criminali dedite, tra le altre cose, alla tratta di esseri umani finalizzata alla prostituzione. Se questa è Europa non ci resta che aspettare gli Europei.
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