Un Cav. indeciso a tutto per resuscitare il Pdl. E Casini non lo aiuterà

Salvatore Merlo

Disordine, incertezza e confusione, ma anche improvvisi bagliori di resipiscenza politica si alternano nelle ore più complicate della giovane vita del Pdl in crisi di identità e consenso. Silvio Berlusconi prova a mettere ordine nelle file rotte del suo partito e soprattutto tra le sue stesse, pencolanti e contraddittorie, inclinazioni: nel primo pomeriggio a Palazzo Grazioli di fronte al suo stato maggiore, presente anche l’amico Fedele Confalonieri schierato su posizioni “molto lontane” dall’antimontismo protestatario degli ex di An, il Cavaliere ha negato ogni ipotesi di una sua possibile ricandidatura a premier.

    Disordine, incertezza e confusione, ma anche improvvisi bagliori di resipiscenza politica si alternano nelle ore più complicate della giovane vita del Pdl in crisi di identità e consenso. Silvio Berlusconi prova a mettere ordine nelle file rotte del suo partito e soprattutto tra le sue stesse, pencolanti e contraddittorie, inclinazioni: nel primo pomeriggio a Palazzo Grazioli di fronte al suo stato maggiore, presente anche l’amico Fedele Confalonieri schierato su posizioni “molto lontane” dall’antimontismo protestatario degli ex di An, il Cavaliere ha negato – prima ancora di ripeterlo pubblicamente da Bruxelles in serata – ogni ipotesi di una sua possibile ricandidatura a premier: “Non ne ho alcuna intenzione”. Nei capannelli a Montecitorio non si discute di altro: alcuni deputati del Pdl circondano il capogruppo Fabrizio Cicchitto, gli chiedono notizie del capo. “Ha smentito tutto. Quello che ha scritto Repubblica non era vero niente”, dice Cicchitto, e qualcuno gli risponde: “Berlusconi mica dice bugie”. Lungo silenzio. Sorrisi.

    Confusione e resipiscenza, perché dopo aver smentito tutto, permettendo così – ma solo per un attimo – ad Angelino Alfano e alla corte di tirare il fiato, circondato a Bruxelles dai cronisti, con un guizzo il Cavaliere ha rivelato (bruciandolo?) metà del “piano segreto” che il segretario Alfano avrebbe dovuto presentare per gradi e in pompa magna tra oggi e domani: la riforma costituzionale, il semipresidenzialismo à la francese, la legge elettorale a doppio turno, un pacchetto da portare all’attenzione del Partito democratico per l’ultimo, risoluto, tentativo di recuperare una logica grancoalizionista, costituente e in definitiva compromissoria con le altre forze politiche. “Abbiamo pronta una proposta per rinnovare l’assetto istituzionale”, ha detto il Cavaliere. “C’è il presidenzialismo? Il doppio turno?”. E lui, con ampi cenni di assenso: “Aspettate e vedrete”. Alle 19 le agenzie battono le parole di Berlusconi da Bruxelles, e nel Pdl, a Roma, coordinatori, capigruppo e segretario quasi svengono.

    Confusione e resipiscenza. Al Cavaliere forse non piace più la parola “moderati” (i suoi ultimi interlocutori, non solo Daniela Santanchè ma anche Antonio Martino, gli hanno detto che la gente “non è moderata ma incazzata” e lui questo lo ha assorbito), ma nonostante tutto Berlusconi vagheggia sul serio l’idea di una rifondazione del centrodestra – malgrado ciascuno nel Pdl la chiami in maniera diversa – e ieri ha recuperato persino la parola che non gli piace, “moderati”: “E’ l’unica cosa che possiamo fare”. Ma il problema è sempre lo stesso, come fare? Fedele Confalonieri lo ha confortato su un aspetto cruciale della faccenda: Monti deve stare lì dov’è a Palazzo Chigi, e il Cavaliere ha annuito (“questo lo so”). L’unica cosa certa è Monti, il resto per ora non funziona. Pier Ferdinando Casini è inafferrabile e Luca Cordero di Montezemolo non sembra intenzionato a legittimare operazioni politiche che lo avvolgano dall’esterno (“vuole essere chiamato come un salvatore della patria”). Martedì notte Casini è partito in aereo verso il Sud America per partecipare a un incontro dell’internazionale democristiana, rimarrà lì per qualche giorno ancora: aspetta, e rimane immobile, non ha nessuna intenzione di avanzare alcun tipo di proposta al Pdl e al Cavaliere. “Non importa con ‘chi’ dobbiamo costruire il nuovo rassemblement. La domanda è: per fare cosa?”, dice. Il leader dell’Udc fa un gioco tattico, prende tempo, resta in equilibrio ed evita di chiudere i canali con il Pd di Massimo D’Alema, aspetta che il Pdl si indebolisca ancora un po’ e solo quando gli sembrerà cotto a sufficienza allora farà (forse) la sua mossa. “E’ solo una questione di tempi. La soluzione, vedrete, arriverà e sarà più politica di quanto non sia al momento lecito aspettarsi. Calma”. Mancano ancora undici mesi alle elezioni politiche del 2013, “e sono un’èra geologica” dice Gianluca Galletti, il capogruppo dell’Udc: “Una mossa sbagliata e qualsiasi offerta potrebbe risultare già vecchia prima di nascere”. Casini sa di avere ancora in mano qualche carta buona; lui è quello ancora spendibile, almeno nel ruolo di regista federatore dei moderati. Osserva il Pdl che si contorce, e lo fa – sì – con sapienza tattica, ma anche con sorprendente preoccupazione per il destino politico e personale di Berlusconi. Qualcuno dei suoi amici gli ha raccontato del “principio di Attila”: quando il re degli Unni morì con lui furono seppellite (vive) anche le sue concubine. D’altra parte il leader dell’Udc l’ha confessata più volte la sua più profonda preoccupazione: “Se Berlusconi cade nella polvere, cadiamo tutti assieme a lui”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.