C'è la regia occulta di Obama nel film di “Point Break” Bigelow su Osama
Grazie a nove mesi d’inchiesta e a una causa federale in tribunale, un gruppo di attivisti di destra sta riuscendo a rovinare all’Amministrazione Obama il gusto del suo argomento preferito: la missione compiuta per trovare e uccidere Osama bin Laden. Judicial Watch ha ottenuto 153 pagine di trascrizioni dal dipartimento della Difesa e altre 113 dalla Cia che provano che la Casa Bianca ha dato alla regista Kathryn Bigelow e al suo compagno e sceneggiatore Mark Boal un accesso straordinario e senza precedenti a segreti militari che riguardano l’operazione.
Grazie a nove mesi d’inchiesta e a una causa federale in tribunale, un gruppo di attivisti di destra sta riuscendo a rovinare all’Amministrazione Obama il gusto del suo argomento preferito: la missione compiuta per trovare e uccidere Osama bin Laden. Judicial Watch ha ottenuto 153 pagine di trascrizioni dal dipartimento della Difesa e altre 113 dalla Cia che provano che la Casa Bianca ha dato alla regista Kathryn Bigelow e al suo compagno e sceneggiatore Mark Boal un accesso straordinario e senza precedenti a segreti militari che riguardano l’operazione. L’accordo sottobanco tra lo staff di Obama e Hollywood sarebbe ovvio: noi vi facciamo dare un’occhiata dietro le quinte più segrete del mondo, voi fate un film di guerra eroico che uscirà a ottobre, un mese prima delle elezioni presidenziali. Sarà un magnifico spot per il lavoro, la determinazione e la concretezza di Obama in politica estera (è un lato che ogni presidente americano democratico sa di dover difendere con cura, perché appare più debole in confronto ai repubblicani).
Bigelow si è fatta la fama di regista con le palle grazie a un titolo anni Novanta, “Point Break”, che rivisto oggi non spicca sugli altri film in circolazione ma che allora definì lo standard del genere: i rapinatori-surfisti, le maschere da presidente, il guru Patrick Swayze che resta per due ore sospeso tra filosofia e adrenalina. Nel 2009 ha vinto sei premi Oscar con “The Hurt Locker”, su un’unità d’artificieri americani al lavoro – si può chiamare così, “lavoro”? Si tratta di disinnescare bombe nel mezzo di una guerra – in Iraq, scritto con il fidanzato e giornalista freelance Mark Boal, che nel 2004 è stato embedded a Baghdad con un’unità dello stesso tipo. Bigelow prese anche l’Oscar come migliore regista, soffiandolo all’ex marito James Cameron.
Il film sulla caccia a Bin Laden si chiamerà “Zero Dark Thirty” e la sua uscita per ora è stata posticipata da ottobre a dicembre (da un mese prima a un mese dopo le elezioni presidenziali) per schivare le polemiche. La violazione di segreti c’è stata. La regista ora conosce il nome di uno dei comandanti dell’elusivissimo Navy Seal Team Six, il reparto speciale che si occupa di queste missioni. E’ l’uomo che ha pianificato, comandato ed eseguito l’operazione contro il capo di al Qaida. I due civili hanno anche avuto accesso alle basi e alla stanza dove lo staff della Cia che sorvegliava il covo in Pakistan si riuniva e prendeva le decisioni. Nelle trascrizioni consegnate a Judicial Watch, i nomi sono coperti da pecette nere. “Se queste basi e questi uomini sono così segreti che non possiamo neanche saperne i nomi, allora qualcuno sa spiegare perché l’Amministrazione Obama le fa visitare da registi di cinema?”, chiede Peter King, il presidente repubblicano della commissione per la Sicurezza nazionale al Congresso. Bigelow e Boal, nelle trascrizioni, sono estasiati: “Non ci posso credere”, dice lei. “Questa è dinamite”, risponde l’altro.
L’indagine è partita nell’agosto 2011 dopo un editoriale polemico di Maureen Dowd sul New York Times, in cui si raccontava già tutto, senza però le prove documentali uscite ora: “L’Amministrazione Obama dà accesso al massimo livello sulle informazioni più riservate della storia, anche se ha tentato di gettare in prigione con l’accusa di fughe di notizie più gente che l’intera Amministrazione Bush”, scriveva Dowd. Il portavoce della Casa Bianca, Jim Carney, aveva risposto che le accuse erano “ridicole”: “Noi non discutiamo informazioni riservate. E voglio sperare che, mentre continuiamo ad affrontare la minaccia terroristica, il comitato del Congresso abbia argomenti più importanti da discutere che un film”.
Chissà ora che cosa pensa della notizia il generale in congedo James Vaught, ex comandante della Delta Force. A febbraio, durante una conferenza della nuova star del Pentagono e delle forze speciali, l’ammiraglio dei Navy Seal William McRaven, il generale Vaught s’è alzato e con la parlata ringhiosa resa lenta dai suoi 85 anni lo ha sgridato davanti al pubblico: “Da quando la tua squadra meravigliosa ha tirato Bin Laden fuori dal suo covo e lo ha eliminato e dopo che ha salvato gli ostaggi in Somalia o dove cazzo era, è stato tutto uno sbrodolamento sui media. Quando i miei tirarono fuori Saddam dal suo buco, non dissero una dannata parola. Lo consegnarono al comandante locale e gli dissero di dire che aveva fatto tutto lui. Scomparvero e tennero la bocca chiusa. Se continuate così a pubblicare tutto quello che fate, uno di questi giorni gli altri saranno pronti a ricevervi e butteranno giù tutti i vostri dannati elicotteri e uccideranno tutti voi Seal. Segnati queste parole. Lascia perdere ’sti cazzo di media”. McRaven non si è scomposto – è il suo ruolo: non scomporsi – e ha spiegato che lui ha scelto di diventare un Navy Seal dopo aver conosciuto il fidanzato della sorella, un uomo delle forze speciali, e dopo aver visto “Berretti Verdi” con John Wayne. “Ormai non è più possibile evitare i media, m è possibile lavorare con loro”, è la sintesi della sua risposta.
Bigelow e Boal vanno avanti veloci con “Zero Dark Thirty”, ma il set – affollato per esigenze di copione da finti pachistani – è stato allestito in India, arcinemica storica, e già ci sono problemi di violenza con gli indiani. La lavorazione del film è diventata metà gaffe geopolitica e metà Point Break, sfida gratuita al rischio.
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