La discarica che è in noi

Alessandro Giuli

Villa Adriana se la caverà, è inimmaginabile che il governo autorizzi la mostrificazione di un patrimonio storico e spirituale com'è la dimora adrianea. E se le cose andranno come devono andare, la disputa intorno alla discarica di Corcolle ci regalerà soltanto le dimissioni di Andrea Carandini dal Consiglio superiore dei Beni culturali. Un vantaggio per tutti: meritato otium per l'archeo-star cui dobbiamo memorabili scoperte sul Palatino, un po' di tregua per noi che abbiamo dovuto assistere alle sue recenti involuzioni egolatriche a mezzo stampa.

    Villa Adriana se la caverà, è inimmaginabile che il governo autorizzi la mostrificazione di un patrimonio storico e spirituale com’è la dimora adrianea. E se le cose andranno come devono andare, la disputa intorno alla discarica di Corcolle ci regalerà soltanto le dimissioni di Andrea Carandini dal Consiglio superiore dei Beni culturali. Un vantaggio per tutti: meritato otium per l’archeo-star cui dobbiamo memorabili scoperte sul Palatino, un po’ di tregua per noi che abbiamo dovuto assistere alle sue recenti involuzioni egolatriche a mezzo stampa (anche libraria, come testimoniano romanzetti storici e sillabari di banalità borghesi distillate per farsi perdonare l’intelligenza con l’ultimo lacerto dell’èra berlusconiana: da “Res publica” per Rizzoli a “Il nuovo dell’Italia è nel passato”, per Laterza).

    Se poi Roma volesse parlarci direbbe che il problema “non è la discarica in sé, è la discarica in voi”. Il problema non è dunque la discarica che non si farà ma quella che già c’è tutt’intorno a Villa Adriana, nelle campagne a ridosso di Tivoli, nell’abitato canceroso che si è mangiato ogni verdeggiante soluzione di continuità tra la metropoli e i paesi limitrofi. Prima di almanaccare astrattamente sulla mistica della purezza ambientale, andate a vedere come è stato trattato il sepolcro della vestale Cossinia sulla sponda destra dell’Aniene; andate a smontare il ristorante che avvolge il tempio (così detto) della Sibilla Tiburtina; andate a misurare la residuale qualità della vita, lì dove l’antropizzazione bestiale produce a getto continuo indifferenza animalesca verso il passato. La discarica è ovunque, basta guardare che cosa resta sulla mappa stellare delle consolari antiche. Ma la discarica è anzitutto un malanno dell’animo, una cecità interiore che impedisce ai nostri dirigenti di fare oggi cultura coi pochi soldi a disposizione dopo averne dissipati a pacchi in fantasmagorie fatue. Come nel caso dei costosissimi mega progetti tecnologici di fruizione culturale (Pompei, sì, ma pure Fori Romani et ultra) escogitati in nome di una metafisica plebea o di più bassi calcoli venali. Voi che oggi vi dimettete da italiani di bella sapienza avete scarnificato per anni l’ex ministro Sandro Bondi – e sai che gloria – che pure qualche battaglia l’aveva istruita e una perfino vinta (il parcheggio sul Pincio); ma non avete saputo ostacolare le pale eoliche su Sepino, lo sfratto dell’Istituto centrale per il Restauro o lo snaturamento asettico del Museo Egizio di Torino perpetrato dai vostri fratelli di salotto. Adesso la rivendicazione di una coscienza pulita è un esercizio che non vale più a denunciare alcuna nequizia, sopra tutto se proviene da chi non ha saputo prima scongiurarla.

    A modo suo, ed è un modo d’una rozzezza sconfinata, risulta più autentico il governatore Renata Polverini quando dice a Repubblica che “nel Lazio non abbiamo luoghi ‘incontaminati’ dalla storia”. Nella destra di potere il ribaltamento è per lo meno trasparente: l’elemento contaminante, per Polverini, non è il percolato delle discariche ma la storia. In modo speciale quella emersa dalle vestigia antiche e dai fastigi di civiltà che sono troppo cariche di senso per essere sopportate dalle caste dei tempi nostri. Deplorevole? Ma è un fatto di natura. Non sta bene stupirsene soltanto ora, dopo aver fatto del discorso culturale pubblico un ricettacolo d’inoperosi festival parastatali.