Grillo ha passato il suo Rubicone

Stefano Di Michele

Il blog di Grillo, ormai sacralizzato quale luogo del dibattito politico, e contemporaneamente elevato quale santuario di redenzione e ufficio di certificazioni di buona condotta (un po’ come quando la felliniana Cabiria e le sue amiche vanno a chiedere soccorso e perdono alla Madonna del Divino Amore, “domani cambia tutto”), è un vulcano in perenne eruzione.

    Il blog di Grillo, ormai sacralizzato quale luogo del dibattito politico, e contemporaneamente elevato quale santuario di redenzione e ufficio di certificazioni di buona condotta (un po’ come quando la felliniana Cabiria e le sue amiche vanno a chiedere soccorso e perdono alla Madonna del Divino Amore, “domani cambia tutto”), è un vulcano in perenne eruzione. Oltre a qualche insulto di troppo – ma se nel Dna c’è il vaffanculo, difficile finire con vasetti di non-ti-scordar-di-me, e in ogni modo, tutte Beppe le studia perché nessuno, dai disprezzati giornalisti pappagallanti agli adoranti militanti cinquestellati, possa scordarsi di lui. Il suo ormai mitico blog – altro che partito leggero – è insieme snodo e nodo di ogni quotidiano parapiglia. Perché almeno questo merito il Grillo vociante più che parlante ha: fa venire il torcibudella a 360 gradi, va a mirare nelle parti bassi pure di televisionari ben disposti – così che scappano parole di ammirazione persino al Cav., che per quella sorta di “Drive In” a cui pare ridotto il Pdl a un proto Grillo ambirebbe, e intanto fa mancare il respiro a Michele Santoro e al Fatto, tutti e due insieme. E’ successo che a un certo punto, esauriti gli zombi e le pallette di merda per la ricreazione ufficiale, Grillo ha passato il suo Rubicone, ha gettato il cuore oltre l’ostacolo, ha fatto intravedere un’ombra di vaffanculo anche nell’attendamento amico.

    Santoro, che nel suo “Servizio pubblico” quando lancia la messa in onda di qualche minuto di un comizio grillesco lo incastra e lo celebra nel momento più alto della funzione, che sempre ironica simpatia ha mostrato per la causa e ispirata partecipazione alle analisi, è finito nel mucchio come tanti, tra i brunivespa e i giulianiferrara e le lucieannunziata e i gadlerner e i corradiniformigli – tutti che, a sentir Grillo, s’intervistano e si fanno riverenze e Salamelecchi – “Santoro intervista Lerner. La Annunziata intervista Santoro”, mi saluti la sua signora: e alcuni pure effigiati come dodi – uccelli estinti, bestie andate, per intenderci (Michele no, almeno questo). Al Fatto, dove alla sorte santoriana molto tengono, hanno avuto un mezzo mancamento per la tirata grillesca sulle chiappe più democraticamente esemplari della televisione tutta – in palmo di mano da portare, in campo di battaglia da schierare. Così ieri mattina, la pagina sul “Grillo No-Tav” era tutto un contorcimento, un prendere per culo ciò che a sua volta Grillo aveva sfanculato di suo, e i “Ballarò” e i “Porta a Porta”, e lo share di qua, e il plastico di là. Poi, il momento in cui si va in apnea: “Non risparmia nessuno, neppure quelli che durante l’embargo berlusconiano l’avevano mandato in onda…”. Pure Santoro? Pure Michele! Del resto, a Grillo serve caricare, non distinguere – si può immaginarlo in tivvù a dibattere tra la rava e la fava della riforma elettorale da fare? E’ un comico, innanzi tutto, e pur capitanando dall’iperspazio il suo M5s – sigla vagamente bondiana (da James, non da Sandro) – mai dimentica che il sipario è alzato e il pubblico vuole spettacolo. E ne ha fornito e ne fornirà parecchio, Grillo – così che tutti, lì in quei talk show spernacchiati e bazzicati da intrespolati (pappagalli sul) continueranno a parlarne in sua assenza, e anzi di questa assenza farà presenza – più acuta presenza, politicamente e persino (si capisce) poeticamente. Ne dibatteranno animatamente – senza tener conto del vaffanculo precedente, senza voler tener conto del vaffanculo che arriverà: un po’ come fanno nei tiggì quando discutono di terremoto e profezia dei Maya, e quelli mai in studio per dire la loro.

    Non può rallentare la corsa, Grillo – accelera, che una manciata di sindaci è buona cosa, ma a ben altro mira – e il ben altro che potrebbe arrivare non va sacrificato per eccesso di autocastrazione di buonsenso, come piacerebbe a Bersani. Il Fatto inquieto è la miglior cartina di tornasole di tutto. Se ieri pomeriggio uno andava sull’edizione on line trovava titolo a tutta pagina, manco per B. (persino Dell’Utri, nello specifico “una collaboratrice di”, relegato in una notiziola sottostante): “Parma, diktat di Grillo sul city-manager. Veto sul consigliere epurato. E’ rivolta” – una storia esemplare di rissa interna al movimento, manco una cronaca pidielle e pidì. “Nel movimento riemergono le vecchie divergenze”, nota il giornale di Padellaro. Grillo (“ex comico”, curioso) ha inviato un post di “avviso pubblico di selezione” per la gestione dei comuni conquistati. Però, sempre Santoro fu ingiustamente con gli altri ammucchiati. E’ ora atteso vibrante editoriale di Marco Travaglio.