Mamma è una spia

Paola Peduzzi

Il ciclo di vita dello spionaggio famigliare è presto detto: si nasce spiati e si muore spioni. Prima devi guardarti dalle orecchie bioniche e le mani lunghe dei genitori (soprattutto delle mamme, tocca sempre a loro il lavoro sporco) e a un certo punto diventi quello che fruga, che curiosa, che s'avventa su cellulari lasciati incustoditi. La tecnologia è anche una trappola per gli spiati: con cellulari, chat, social network e tutte le diavolerie assimilabili è facile lasciare tracce.

    Il ciclo di vita dello spionaggio famigliare è presto detto: si nasce spiati e si muore spioni. Prima devi guardarti dalle orecchie bioniche e le mani lunghe dei genitori (soprattutto delle mamme, tocca sempre a loro il lavoro sporco) e a un certo punto diventi quello che fruga, che curiosa, che s’avventa su cellulari lasciati incustoditi. Inutile dire che la tecnologia ha creato squilibri disgraziati in quella che prima era una caccia al tesoro piuttosto prevedibile, con qualche picco emotivo da scenata adolescenziale, ma nulla di così tremendo, solo ricordi sorridenti, se tutti quanti, quando diventiamo genitori, siamo disposti a tutto pur di carpire un segreto a nostro figlio. La tecnologia è anche una trappola per gli spiati: con cellulari, chat, social network e tutte le diavolerie assimilabili è facile lasciare tracce (vale lo stesso per i mariti fedifraghi, le amiche pettegole, i colleghi ambiziosi, tra l’altro, senza nemmeno la scusa che “sono ragazzi”) e diventa invece più facile, per i genitori, mettersi sulla pista giusta. Ma purtroppo spesso gli sventurati non hanno dimestichezza con la tecnologia, sono goffi, vorrebbero chiedere aiuto ai figli proprio mentre sono lì, infilati nell’iPhone senza capire come fare a venirne fuori: cioè, lasciano tracce pure loro, con conseguenze tragiche.
    Poiché al male non c’è mai fine però, la tecnologia avanza anche nel far sì che i genitori si sentano compresi nel loro ruolo di vigili severi e quindi di genitori migliori (è tutto lì in fondo: voglio sapere quel che fai, figlio, perché così capisco se ti ho cresciuto bene, se non mi sta sfuggendo niente, se sono bravo. Se un figlio si droga è perché ha una mamma cattiva, no?). L’ultima trovata è un sito che si chiama Belimo cui i ragazzi non possono accedere e che è collegato direttamente con la sim del figlio: così dà la possibilità ai genitori di interferire nella vita sociale dei loro ragazzi con un semplice clic. Com’è evidente, siamo molto al di là delle tante app di controllo che nel tempo molti genitori hanno affannosamente installato sui loro smartphone. Commentando la diavoleria, Robert Crampton sul Times ha scritto che è come essere nella serie tv “24”: se tua figlia frequenta un ragazzo sbagliato, il computer lo segnala e arriva Jack Bauer a prelevarlo e a buttarlo fuori dai giochi, “dopo averlo torturato, naturalmente”. E’ un sistema che trasforma un telefono cellulare in una spia elettronica, “come la Cia ha fatto con i telefoni di al Qaida: l’attacco di un drone non può essere lontano”.
    Belimo, come le rendition, è al limite del legale, anzi è già oltre: con l’ossessione alla privacy che c’è, un ragazzino può far neri mamma e papà davanti al giudice. Vai a spiegare che tu pensavi di fare il suo bene; vai a dirlo, al giudice, che cercavi soltanto di preservare tuo figlio da chissà quale trauma e non sei uno spione, no no, sei dalla parte dei buoni, anche se non sembra, non sembra mai, signor giudice, lo sa anche lei, vero? Non si può vincere una causa così. Perché nello spionaggio famigliare i deboli sono gli spioni, quelli che poi non sanno gestire quello che scoprono e si stramaledicono e dicono “ma chi me l’ha fatto fare di sapere tutta ’sta roba?”, quelli che sperano di trovare conferme sull’ottimo lavoro genitoriale e quando non le trovano non hanno nessuno con cui prendersela. Ore e ore sprecate su inutili social network: ehi voi della Cia, la prossima volta prendete i genitori, per favore, prima le mamme, mi raccomando.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi