Castigo di Dio, madre natura tradisce e muore il prete che voleva salvare la Madonna

Camillo Langone

Quando la scossa delle 9.02 mi ha svegliato (sì, alle 9.02 ero ancora a letto) ho pensato che fosse l’eco del terremoto che aveva fatto crollare San Pietro sui berretti dell’intera Curia Romana. Il segno che Dio si era definitivamente stancato dei corvi e degli avvoltoi e dei cuculi vestiti di porpora, instancabili divoratori del Corpo di Cristo. Alzatomi senza nessuna fretta, perché il bello del terremoto è che non possiamo farci niente quindi tanto vale mostrarsi flemmatici, ho acceso Internet scoprendo che Bertone era ancora vivo.

    Quando la scossa delle 9.02 mi ha svegliato (sì, alle 9.02 ero ancora a letto) ho pensato che fosse l’eco del terremoto che aveva fatto crollare San Pietro sui berretti dell’intera Curia Romana. Il segno che Dio si era definitivamente stancato dei corvi e degli avvoltoi e dei cuculi vestiti di porpora, instancabili divoratori del Corpo di Cristo. Alzatomi senza nessuna fretta, perché il bello del terremoto è che non possiamo farci niente quindi tanto vale mostrarsi flemmatici, ho acceso Internet scoprendo che Bertone era ancora vivo e che invece c’erano andati di mezzo, fra Rovereto sulla Secchia e Carpi, due poveri parroci (uno morto, l’altro ferito). Alle 12.56 altra scossetta (il diminutivo è riferito a Parma dove mi trovo, nella Bassa Modenese pare sia stata tremenda). Giusto il tempo di un’Ave Maria recitato nel vano della porta, pensando alle persone a cui la mia morte recherebbe disagi o dispiaceri, ed eccomi a riflettere. Non voglio rischiare di nominare il nome di Dio invano, quindi d’ora in avanti mi farò portavoce solo di Madre Natura, cercando di spiegare quello che secondo me con questo doppio terremoto ha voluto matrignamente dirci.

    Che non contiamo un cazzo. Odio il turpiloquio (è una delle cose che mi dividono da Beppe Grillo) e perciò quello che ho appena scritto non è farina del mio sacco bensì del “Marchese del Grillo”, ossia di Alberto Sordi che nel capolavoro monicelliano dice: “Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un…”. Un terremoto è una sanguinosa lezione di umiltà, ci ricorda la brevità della vita e la vanità dell’agitarsi. Tutto è davvero un inseguire il vento.
    Che la cosiddetta spending review annunciata dal ministro Giarda potrà dirsi buona e giusta solo se inconcludente la soppressione delle 26 facoltà di architettura 26 fondate in Italia nell’ultimo disgraziato secolo. Come ha spiegato nel 2009 il restauratore sommo Paolo Marconi sulla rivista Il Covile, in queste cosiddette università i cosiddetti architetti “vengono appena (forse) preparati a progettare l’edilizia sparsa nelle nostre campagne e nelle nostre periferie guastandone la residua bellezza e dunque non sono in grado di progettare il recupero della bellezza di una città come l’Aquila. Oppure sarebbero in grado – sempre che trovassero lo sponsor adatto e ne avessero le necessarie capacità poetiche – di far costruire agli ingegneri oggetti mirabolanti di design, realizzati con materiali ad alto consumo energetico e di breve durata come il Museo di Bilbao”. Ricordando quanto siano laureati coloro (architetti, ingegneri civili, se non è zuppa è pan bagnato) che hanno innalzato i capannoni crollati nella Bassa Modenese sulla testa degli operai, tagliando in modo mirato le spese del Miur avremo un’Italia più sicura e più bella. O quantomeno il suo imbruttimento non sarà più a spese del contribuente.

    Che abbiamo un governo di morti di sonno. Come mai subito dopo la scossa del 20 maggio con epicentro Finale Emilia il ministro Ornaghi non ha nominato commissario della ricostruzione Vittorio Sgarbi? Sto parlando del genius loci dell’Emilia estense e dell’intera Padanìa (scrivo Padanìa con l’accento sull’ultima sillaba perché così voleva il suo inventore, lo storico dell’arte Francesco Arcangeli: quel somaro di Umberto Bossi non è nemmeno stato capace di copiare, ha sbagliato pure l’accento). Sgarbi non avrebbe potuto impedire i crolli, però avrebbe potuto (e potrà, se designato in futuro) garantire la ricostruzione “com’era dov’era”, per rispetto dei morti e consolazione dei vivi.
    Che sprechiamo i nostri migliori talenti. Guarda caso il più italiano degli architetti italiani è anch’egli nativo e cittadino dell’Emilia ducale. Catturo Pier Carlo Bontempi al telefono, in trasferta fra Volterra e Pienza: “No, per la ricostruzione non mi ha interpellato nessuno. Però mi hanno invitato alla Biennale di Architettura di Mosca e a fine giugno sarò a San Pietroburgo al simposio su futuro delle città e tradizione”.

    Che gli ultimi saranno i primi. Al posto di Sua Eminenza Bertone è morto, non lontano dall’epicentro di Mirandola, l’umile prete don Ivan Martini, schiacciato sotto le macerie della sua chiesa dov’era rientrato per portare in salvo la statua della Madonna. Uno slancio da onorare ricostruendo.

    • Camillo Langone
    • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).