Berlusconi uno e due

Un Cavaliere rock abbatte la diga partitica di Alfano e company

Salvatore Merlo

Berlusconi uno, e Berlusconi due.  A Roma il Cavaliere riunisce il partito, si riprende la scena (“adesso ho le idee chiare”) e un po’ tranquillizza i suoi: “Dobbiamo stare uniti”. Mentre a Milano, Daniela Santanchè, con una conferenza stampa, apre le danze su una musica di guerra scritta sempre dal Cavaliere: “Non è più il momento della responsabilità ma quello del coraggio”, dice al Foglio la pasionaria del berlusconismo.

    Berlusconi uno, e Berlusconi due.  A Roma il Cavaliere riunisce il partito, si riprende la scena (“adesso ho le idee chiare”) e un po’ tranquillizza i suoi: “Dobbiamo stare uniti”. Mentre a Milano, Daniela Santanchè, con una conferenza stampa, apre le danze su una musica di guerra scritta sempre dal Cavaliere: “Non è più il momento della responsabilità ma quello del coraggio”, dice al Foglio la pasionaria del berlusconismo. Il piano è quello del Cav., l’idea respinta fino a ieri con successo dal corpaccione centrista del Pdl. Come ha detto Berlusconi: “Per battere Grillo ci vuole uno che dica più cazzate di lui”. Dunque toni baritonali, ombre di euroscetticismo, liste civiche, polverizzazione del partito di Alfano. “Quella dei partiti è una formula ottocentesca”, dice Santanchè. Tutte cose che ieri hanno provocato qualche svenimento tra i generali che vorrebbero continuare a investire su un Pdl alimentato da logiche partitiche e moderate (“dovremmo mettere giù un programma politico di fine legislatura sul quale impegnare Monti, e in caso distanziarci dal governo. Ma per ragioni chiare, politiche, non di pancia”, dice Fabrizio Cicchitto). Una logica, quella del partito che elabora tesi, si riunisce in coordinamenti e direzioni nazionali, che il Cavaliere non sembra considerare più sua. “Berlusconi oggi ha detto che sarà l’allenatore”, spiega Santanché. “E l’allenatore è quello che stabilisce quale formazione deve giocare, è quello che dà ordini seduto a bordo campo, ed è infine anche quello che può, come fu per Vialli, fare il giocatore/allenatore”. Tutto sembra possibile. “E’ un via libera al gran casino”, dice qualcuno.

    Quello che senatori, deputati ed euro parlamentari del Pdl hanno ascoltato ieri in una sala pubblica in via di Campo Marzio a Roma è un Berlusconi diverso, per tono, da quello che pochi giorni fa, seduto a fianco del segretario Angelino Alfano, parlava (forse poco convinto e certamente poco convincente per il Pd) di riforme condivise e di semipresidenzialismo alla francese. Di fronte ai suoi parlamentari riuniti in assemblea, il Cavaliere stavolta è apparso padrone di ogni parola. Così prima ha accarezzato per il verso giusto la cautela del suo gruppo dirigente: “Dobbiamo essere uniti o rischiamo di scomparire”. Una concessione. D’altra parte Berlusconi sa che molti ras locali, ex di An laziali e non solo, minacciano di lasciare il partito “che affonda”. E dunque questo passaggio era persino necessario, obbligato per più di una buona ragione. Ma il Berlusconi uomo di partito ieri è esistito solo a metà, perché il Cavaliere ha poi rivelato di avere anche altro per la testa. “O la Bce diventa prestatore di ultima istanza, o si deve porre il problema della nostra permanenza nell’euro, o della permanenza della Germania nell’euro”. Ecco. Santanchè fa l’esegesi del capo: “Berlusconi ha imbracciato l’arma del coraggio, finalmente l’euro e l’Europa non sono un dogma. Dobbiamo puntare i piedi, non ci inchiniamo alla signora Merkel. Se la  capitale d’Europa è Berlino, noi possiamo anche andarcene”. Santanchè, da Milano, ieri ha messo in moto la “grande novità” che il Cavaliere aveva in mente sin da prima delle elezioni amministrative. “La legge consente di ritardare il pagamento dell’Imu. Non paghiamola. Monti si ravveda, cancelli la tassa illiberale”.

    Nel suo intervento, chiusa la breve parentesi da “presidente del Pdl”, Berlusconi ha suonato tutte le note dello spartito hard rock, movimentista, di rottura (e, parole sue, un po’ “pazzo”) che fino a ieri, a fatica, i suoi esausti colonnelli erano riusciti a confinare nel (semi)segreto delle riunioni a Palazzo Grazioli. “Per la mia igiene mentale sto evitando di leggere i giornali e di parlare con Berlusconi”, confessa al Foglio uno dei massimi dirigenti del Pdl. Il clima è anche questo. Già nella notte tra martedì e mercoledì della scorsa settimana si era consumato uno scontro  tra il Cavaliere muscolare, che insisteva sulla necessità di affiancare una galassia di liste al Pdl di Alfano, e il resto dei dirigenti schierati come una enorme diga a contenimento del capo. Ieri qualcosa si è rotto. “Tutto il dibattito politico ruota intorno alla questione delle liste: c’è quella di Repubblica, c’è Grillo, c’è persino Montezemolo”, dice Santanchè. “I partiti sono vecchi e Berlusconi lo sa. E’ l’unico che riesce a sintonizzarsi con gli italiani. Berlusconi mi sembra il più giovane di tutti nel Pdl. Congressi? Coordinamenti? Partito? Ma chi se ne frega!”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.