I teorici dei listoni che vogliono riscrivere la geografia della sinistra
Scalfari resta montiano e pensa che anche il Pd debba continuare ad esserlo. Del resto Monti sarà l’ospite d’onore della festa di Rep con intervista pubblica del Fondatore e del Direttore il 16 giugno. Questo passaggio è significativo perché l’arcipelago liste che agita Bersani e il Pd è attraversato da questa faglia ed è il montismo l’unica discriminante forte tra l’eventuale opzione politica di Rep e le altre.
Roma. Roberto Saviano non si candida, Ezio Mauro spiega nello spazio pubblico della riunione quotidiana che la lista di Rep. “è una scemenza e un’ossessione della destra” però c’è il Fondatore a far diventare vero il verosimile. In un’intervista al Fatto quotidiano Eugenio Scalfari ribadiva voglia e natura delle ambizioni politiche di quell’area giornalistico-politica e soprattutto il convincimento che Saviano in politica necesse se Bersani vuole davvero vincere le elezioni. Scalfari diceva anche un’altra cosa: che il perno della politica del Pd è stato il sostegno a Monti e che pertanto la compatibilità con una ipotetica lista Landini, pronta alla battaglia contro la riforma della previdenza e per la restaurazione dell’articolo 18 nella vecchia formulazione, è tutta da verificare. Scalfari insomma resta montiano e pensa che anche il Pd debba continuare ad esserlo. Del resto Monti sarà l’ospite d’onore della festa di Rep con intervista pubblica del Fondatore e del Direttore il 16 giugno. Questo passaggio è significativo perché in realtà l’arcipelago liste che agita Bersani e il Pd è attraversato da questa faglia ed è il montismo l’unica discriminante forte tra l’eventuale opzione politica di Rep e le altre. “Se la maggioranza di Monti si splitta in due è solo per la contrapposizione elettorale, non ci sono differenze rispetto alla fase attuale, noi vogliamo occupare lo spazio che lasciano libero, non regalarlo a Grillo” teorizzano gli ex girotondini di Paul Ginsborg oggi Alba, Associazione Lavoro Beni Comuni e Ambiente.
Sono i benicomunisti, quelli che si sono battuti per il referendum sull’acqua – quello è il bene comune numero uno – nuova parola di una sinistra che si definisce antiliberista, alteromondista, guarda come è ovvio a Occupy Wall Street e che dice di voler combattere contro il fiscal compact e i rigorismi europei. “La mia adesione al manifesto di Alba nasce da una profonda sfiducia non nei partiti politici ma nel personale politico”, dice al Foglio Luciano Gallino, autore di un saggio molto frequentato dai bene comunisti”.
“La nostra priorità politica sono i beni comuni e la democrazia partecipata. Per il resto siamo antiliberisti e altero mondisti” spiega Antonio Lucarelli che è il primo assessore comunale italiano ai Beni Comuni, a Napoli, giunta De Magistris, e colloca il movimento “più in zona Mélenchon che non Hollande”. “Ci chiamano professori, ma nel nostro movimento i professori sono solo l’un per cento” dice al Foglio Massimo Torelli di Firenze, quarantenne, amministrativo in una società di informatica che vuole essere definito, lo spiega per iscritto, “uno che aveva la tessera di partito (il Pci) nel secolo scorso”. I testimonial più in vista però effettivamente sono professori: Luciano Gallino, Marco Revelli, Paul Ginsborg, Stefano Rodotà che tuttavia è lanciato da Scalfari come più vicino alla linea Rep, unica candidatura esplicita fatta dal Fondatore nell’intervista al Fatto. Segno che le intersezioni abbondano nonostante la discriminante Monti/non Monti. Che Alba diventi davvero una lista non è certo. Gallino, per esempio, non si canidederebbe mai ma se lo augura: “Certo, servono apparentamenti con partiti o altre liste. Il Pd? Per la verità abbiamo idee diverse”, meglio aspettare la maturazione della foto di Vasto. Già. Troppo incerto il quadro, su questo ha ragione Bersani, dicono. Il ceto medio riflessivo lo deciderà democraticamente nelle varie assemblee che hanno un loro regolamento stringente, “interventi di sette minuti al massimo” scrive Marco Revelli sul sito “nuovosoggettopolitico.it” , insieme al nome e al logo sul quale sono al lavoro due agenzie di Parigi, “perché gli italiani all’estero ci seguono molto” spiegano gli attivisti. In questo senso per loro l’apparentamento con il Pd non è affatto scontato, anzi. La sfida è sempre morettiana nel senso di Nanni versione 2002, “con questi leader non vinceremo mai”, società civile, spinte dal basso. Questo è naturalmente il tratto comune. Sandra Bonsanti, animatrice di punta di Libertà e Giustizia ribadisce al Foglio che per statuto LeG non può diventare una lista. “Però i singoli fanno quello che vogliono. Gustavo Zagrebelsky raccoglie spinte forti in rete per una discesa in politica”, racconta. “Ma non credo che abbia intenzione di fare davvero politica in modo diretto, dovete chiederlo a lui”. Le esitazioni di Libertà e Giustizia sono un po’ come lo schermirsi un tantino risentito di Saviano: sottintendono una visione della leadership politica come peccato a meno che non sia dettata dall’emergenza e in effetti è la stessa Bonsanti a dire ( e lo ha anche scritto in un comunicato) che “la casa brucia”.
I benicomunisti tengono moltissimo al primato su Rep.: dicono che loro si sono mossi prima, il 28 aprile a Firenze già parlavano di liste e impegno. Ma il mondo di Carlo De Benedetti specie alla voce Saviano riscuote rispetto e ammirazione e ispira corteggiamenti. Ora con la precisazione montiana le relazioni sono da ricalibrare. Quanto al Pd, Fassina e Orfini bocciano la lista Rep. un giorno sì e l’altro pure, registrano le smentite di Ezio Mauro, si allarmano per Scalfari e piuttosto offrono ospitalità. Il modello indipendenti di sinistra? Sempre meglio della lista Saviano apparentata nella loro prospettiva. Bersani temporeggia, spia il contesto internazionale, legge le considerazioni finali del governatore Ignazio Visco e intanto dopo aver rinviato la direzione causa terremoto convoca l’assemblea nazionale dei segretari di circolo il 23 giugno. Occupy il territorio, prima dei neogirotondini che saranno snob, ma hai visto mai.
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