Quanto è sexy Alexander Hamilton, “bad boy” del federalismo

Paola Peduzzi

Se un salvatore ci fosse, per questa Europa ferita, avrebbe il mento fiero di Alexander Hamilton, il più sexy dei Padri fondatori, l’uomo del federalismo, delle guerre politiche, delle sconfitte feroci, quel signore con gli occhi azzurri che circola sui biglietti da dieci dollari americani.

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    Se un salvatore ci fosse, per questa Europa ferita, avrebbe il mento fiero di Alexander Hamilton, il più sexy dei Padri fondatori, l’uomo del federalismo, delle guerre politiche, delle sconfitte feroci, quel signore con gli occhi azzurri che circola sui biglietti da dieci dollari americani. Molti in Europa invocano un Hamilton, l’ex governatore della Fed Paul Volcker ha detto: “L’Europa è nel suo momento Alexander Hamilton” (tra i candidati possibili c’è il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, che non ha l’aspetto da Hamilton, ma non si sa mai), perché soltanto più unione fiscale, politica, bancaria può tenere in piedi il progetto europeo. Ma la passione per il primo ministro del Tesoro degli Stati Uniti trascende le ideologie, se si pensa che negli anni (lui è morto nel 1804) è diventato prima il paladino della sinistra poi della destra, è passato con grande sforzo creativo – come un po’ per tutti i personaggi assaliti dalla realtà – per un pauroso neoconservatore, oggi se lo strattonano sia i Tea Party sia i sostenitori di un maggior ruolo del governo federale. Il momento peggiore, per la memoria di Hamilton, è stato quello degli anni rooseveltiani, quando tra Grande depressione e New Deal ci fu un gran ritorno del mondo jeffersoniano antitetico a Hamilton, revival finito con il peggiore degli oltraggi: la costruzione, nel 1947, davanti al ministero del Tesoro a Washington, della statua di Albert Gallatin, uno svizzero cresciuto sulle ginocchia di Voltaire diventato gran consigliere di Jefferson nonché arcinemico di Hamilton (che cercò di farlo impiccare per tradimento).
    Per fortuna quei momenti terribili sono passati, anche se è pur sempre la statua di Gallatin che sta di fronte alle colonne del palazzo del Tesoro. Ora Hamilton è tornato ai suoi antichi splendori, quelli in cui veniva definito da un certo signore di nome Talleyrand “uno dei tre uomini più geniali che abbia conosciuto” (gli altri erano Napoleone e Charles James Fox).

    Non è soltanto una questione ideologica: Hamilton è diventato pop. Lo spettacolo “Hamilton mixtape” a Broadway ha avuto grande successo e nel 2013 la colonna sonora diventerà un album, sulla scorta di quella canzone rap che uno dei volti noti del mondo di Broadway, Lin-Manuel Miranda, cantà nel 2009 alla Casa Bianca (“The ten-dollar Founding Father without a father / Got a lot farther / By workin’a lot harder / By bein’ a lot smarter / By bein’ a self-starter”). Ci sono alcuni fan club sulla rete che insistono sul fatto che Hamilton fosse bellissimo: si leggono cose tipo “troppo hot per il tuo portafoglio”, “la figaggine non muore mai”, “il più sexy dei federalisti”. Provate a googlarlo, dice una studiosa americana intervistata da Bloomberg Businessweek, “mettete ‘Alexander Hamilton is hot’, non avete idea di quanti risultati ci siano”. In realtà, come ha raccontato quel fine storico finito in galera di nome Conrad Black, Hamilton era turbolento e infedele (un tradimento quasi gli rovinò la carriera) con tendenze bonapartiste, una passione per il piano e un’impulsività così dannosa che finì per distruggere il partito federalista e consegnare il paese a Jefferson. Ma quel che stordisce i suoi fan è che era un uomo geniale, incarnazione del sogno americano mista a vena polemica: Hamilton è nato nei Caraibi da genitori che non si erano mai sposati, faceva l’impiegato, scrisse un articolo sulla devastazione portata da un uragano, fu notato e mandato a studiare a New York, in cinque anni entrò nel circolo di George Washington. Il “bad boy” dei Padri fondatori finì ucciso in uno dei duelli più controversi della storia americana. Lo ammazzò il vicepresidente Aaron Burr, per una faida familiar-politica molto ideologica. Cioè Hamilton morì per il federalismo – massimo dei sacrifici, noi europei federalisti non pretendiamo tanto, promesso.

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    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi