Il lavorìo dei tecnici
Governo incalzato da partiti mugugnanti e istituzioni
Sballottato dal Pdl su rigore e fisco, criticato dal Pd per politiche sviluppiste asfittiche, incalzato da altre istituzioni. Sulle questioni economiche nel governo si avvertono segnali di assedio. I brontolii nel partito berlusconiano sono evidenti. Approvazione accelerata del Patto fiscale europeo? “Non ricorriamo a una ratifica sic et sempliciter – ha detto ieri il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri – cerchiamo di capire se ci sono spazi per varare misure a favore della crescita e dello sviluppo in accordo con l’Europa”.
Sballottato dal Pdl su rigore e fisco, criticato dal Pd per politiche sviluppiste asfittiche, incalzato da altre istituzioni. Sulle questioni economiche nel governo si avvertono segnali di assedio. I brontolii nel partito berlusconiano sono evidenti. Approvazione accelerata del Patto fiscale europeo? “Non ricorriamo a una ratifica sic et sempliciter – ha detto ieri il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri – cerchiamo di capire se ci sono spazi per varare misure a favore della crescita e dello sviluppo in accordo con l’Europa”. Dalla Camera, sempre dal Pdl, giungono gli auspici del presidente della commissione Finanze, Gianfranco Conte, peraltro in rapporti collaborativi con l’esecutivo: Conte sulla rivista degli scajoliani Caravella invita il governo a lavorare per uno slittamento di un anno, al 2014, del pareggio di bilancio. D’altronde, i dati diramati ieri dal ministero dell’Economia non consentono facili entusiasmi: nei primi quattro mesi dell’anno le entrate sono state di 3,4 miliardi in meno rispetto alle previsioni dell’esecutivo.
Nel Pdl, a partire dall’ex ministro Paolo Romani, anche i due decreti su sviluppo e infrastrutture che porterà venerdì in Consiglio dei ministri Corrado Passera non sembrano risolutivi. Opinione condivisa anche dal Pd. Anche perché una norma clou come quella della compensazione fra crediti e debiti fiscali è scomparsa dalle ultime bozze del decreto Sviluppo. Perché non c’è più? “Non c’è – dice al Foglio un tecnico che non lavora al Tesoro – a causa di una contabilità dello stato tutta sbagliata”. Pure nel governo tecnico, come nel precedente governo politico, la Ragioneria dello stato non è molto amata. In verità anche dalla Corte dei Conti ieri sono arrivati consigli che da alcuni osservatori sono stati letti come critiche. In particolare i magistrati contabili hanno rilevato come le ultime manovre (Berlusconi e soprattutto Monti) sono state troppo sbilanciate dal lato delle entrate. Meglio ridurre le spese correnti, ha invitato la Corte presieduta da Luigi Giampaolino, e con le diminuzioni finanziare riduzioni della pressione fiscale. “Mi auguro sia possibile”, ha sibilato il ministro Piero Giarda.
Nell’esecutivo c’è comunque una desaparecida: è la delega fiscale approvata lo scorso 16 aprile e attesa in Parlamento. Il provvedimento curato dal sottosegretario all’Economia, Vieri Ceriani, oltre a varie norme cornice, cercava di intervenire su una particolare elusione che preoccupa piccole e grandi aziende. Ha scritto Andrea Bassi sul settimanale Milano Finanza: “Se un’impresa fa una o più operazioni perfettamente lecite, perché previste dalla legge, ma con l’unico scopo di pagare meno tasse, allora l’Agenzia delle Entrate può bussare alla sua porta. Da un po’ di tempo lo fanno anche i pm. A finire indagato è capitato, per esempio, ad Alessandro Profumo, ex ad Unicredit, sospettato nell’affare Brontos di aver trasformato dividendi in interessi”. E ieri Profumo, nel frattempo nominato presidente di Mps, è stato rinviato a giudizio per la vicenda Brontos.
Anche per fronteggiare la questione sistemica, il governo Monti aveva approvato una delega di riforma del fisco che, tra le altre cose, prevedeva: la regolamentazione dell’abuso del diritto (ritrasferendo l’onere della prova all’Agenzia delle Entrate) e il principio che l’elusione fiscale (e dunque pure l’abuso di diritto) non possa essere considerata reato penale. Nella sua relazione, Monti aveva spiegato che queste semplici regole servivano a far tornare i capitali esteri in Italia. Ma quel testo non è ancora stato firmato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che lo ha rimandato al governo. La delega ora è nelle mani dei tecnici dell’Economia e della Giustizia, dove si cerca di comprendere l’impatto di queste regole sui processi in corso.
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