Nella stanza del corvo
Una stanza (tecnicamente la chiamano “camera di sicurezza”) tre metri per quattro, con bagno, situata all’interno del palazzo della Gendarmeria. Qui è rinchiuso da tredici giorni Paolo Gabriele, l’“aiutante di camera” della Famiglia pontificia accusato di “furto aggravato” di documenti riservati dall’appartamento pontificio. Gabriele – ha detto questa mattina padre Federico Lombardi, portavoce vaticano ai giornalisti – è “per ora” l’unico accusato: “Nessuna imputazione è stata formulata a carico di altri”.
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Una stanza (tecnicamente la chiamano “camera di sicurezza”) tre metri per quattro, con bagno, situata all’interno del palazzo della Gendarmeria. Qui è rinchiuso da tredici giorni Paolo Gabriele, l’“aiutante di camera” della Famiglia pontificia accusato di “furto aggravato” di documenti riservati dall’appartamento pontificio. Gabriele – ha detto questa mattina padre Federico Lombardi, portavoce vaticano ai giornalisti – è “per ora” l’unico accusato: “Nessuna imputazione è stata formulata a carico di altri”. Questa mattina in Vaticano sono iniziati gli “interrogatori dell’istruttoria formale” a suo carico ma sul loro contenuto la Santa sede non dirà nulla. Gabriele è stato sentito dal giudice istruttore Piero Antonio Bonnet alla presenza dei difensori Carlo Fusco e Cristiana Arrù.
In questi tredici giorni Gabriele non ha potuto vedere la televisione. Ha potuto leggere, su richiesta, i quotidiani italiani ma non gli è stato concesso altro svago. Ha incontrato per qualche minuto i suoi familiari e la scorsa domenica è stato accompagnato “non ammanettato” in una delle chiese interne al territorio vaticano per seguire la santa messa. Quindi è stato riaccompagnato nella camera di sicurezza. Tecnicamente Gabriele può rimanere sotto chiave in tutto per cinquanta giorni, che possono divenire cento qualora la Santa Sede lo ritenga opportuno ai fini dell’indagine in corso. Ma cosa rischia l’imputato Gabriele se riconosciuto colpevole? Da uno a sei anni con una circostanza aggravante e da due a otto anni, con due o più circostanze aggravanti. Attualmente si sta indagando anche sul fatto se i documenti pubblicati sui quotidiani italiani e all’interno del libro di Gianlugi Nuzzi “Sua santità” siano autentici o falsi e se siano stati diffusi da una o più persone.
Padre Lombardi ha ribadito che per il momento non sono partite dal Vaticano rogatorie. E ha smentito seccamente una notizia: quella secondo la quale Gabriele avrebbe iniziato la sua collaborazione con la giustizia vaticana prima dell’arresto, trasformandosi così in una sorta di “agente doppio”, ipotesi definita “assolutamente infondata e non plausibile”.
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