Liste civiche, voto e gazebo

Perché ora il Pd di lotta e di governo non considera tabù le elezioni a ottobre

Claudio Cerasa

Almeno su questo punto la linea del Pd fino a ieri sembrava essere chiara: “Il voto anticipato? Guardate – aveva detto neppure un mese fa Pier Luigi Bersani  – io sono una persona seria, non intendo vincere sulle macerie e per questo non accetto di destabilizzare un paese che si trova in piena crisi”. Ieri mattina però ecco che arriva la novità: Stefano Fassina, responsabile Economia del Pd e uomo forte del cerchio magico bersaniano, confessa di non considerare un tabù l’idea di andare a votare il prossimo autunno.

    Almeno su questo punto la linea del Pd fino a ieri sembrava essere chiara: “Il voto anticipato? Guardate – aveva detto neppure un mese fa Pier Luigi Bersani  – io sono una persona seria, non intendo vincere sulle macerie e per questo non accetto di destabilizzare un paese che si trova in piena crisi”. Ieri mattina però ecco che arriva la novità: Stefano Fassina, responsabile Economia del Pd e uomo forte del cerchio magico bersaniano, confessa di non considerare un tabù l’idea di andare a votare il prossimo autunno, e in un’intervista alla Reuters dà voce, con queste parole, alle pulsioni anti montiane del Pd: “Dovremmo verificare rapidamente se esiste la possibilità di riformare la legge elettorale e, se questa non c’è, dovremmo considerare la possibilità di anticipare la legge finanziaria per il 2013 e votare in autunno”. Le parole di Fassina sono state criticate, in modo netto, anche dalla segreteria del Pd: il portavoce di Bersani, Stefano Di Traglia, ha ribadito che “la posizione del partito resta quella di sempre e cioè che le prossime elezioni si terranno nel 2013”; ma all’interno del Pd (e non solo all’interno della coalizione, dove tutti i più autorevoli alleati del Pd, da Di Pietro a Diliberto, passando per Vendola e Ferrero, chiedono da tempo di mandare a casa il governo Monti) le posizioni di Fassina sono meno isolate rispetto a quanto si potrebbe credere.

    “Ho ascoltato con attenzione quello che ha detto Fassina – dice Matteo Orfini al Foglio, responsabile cultura del Pd ed esponente della segreteria – e lo condivido al cento per cento”. “Fassina – dice  Stefano Esposito, deputato bersaniano del Pd – ha detto una cosa di buon senso: l’idea di andare a votare a ottobre è condivisa dall’80 per cento dei dirigenti del nostro partito, ma nessuno fino a oggi ha avuto il coraggio di dirlo”. Nel Pd, in realtà, nessuno pensa realisticamente che ci sia lo spazio per andare a votare in autunno ed è anche per questo che l’interpretazione più verosimile rispetto all’uscita dei così detti “giovani turchi” (Fassina & company, cioè) è quella che viene suggerita da un dirigente del Pd, ed è questa.
    “La tentazione di andare a votare è forte – ci spiega un dirigente del Pd vicino a Pier Luigi Bersani – ma il fatto vero è che oggi ci ritroviamo tutti a dover fare una scelta su un punto strategico: cosa può fare il Pd per intercettare l’anti montismo? Sulla questione il partito è diviso in due, come forse è noto. Bersani crede che quell’elettorato debba e possa essere intercettato da una formazione esterna apparentata al Pd, magari da una lista civica; altri invece, come per esempio i giovani bersaniani, credono che il modo migliore per non perdere di vista quella porzione del paese sia quello di coltivare una sorta di nuova forma di vocazione maggioritaria, e tenere tutto dentro al Pd: anche a costo di dare al partito le sembianze di una realtà di lotta e di governo”.

    A questo proposito, il tema delle liste civiche verrà affrontato venerdì prossimo in direzione assieme a un altro punto sul quale Bersani sembra intenzionato a prendere una decisione: le primarie. Fino a oggi, infatti, il segretario del Pd non ha mai utilizzato parole definitive sul tema gazebo ma dalla discussione di venerdì potrebbero esserci delle novità sostanziali: anche perché ormai non è più soltanto Matteo Renzi o la minoranza interna al partito a chiedere al leader del Pd di non perdere tempo e fissare, al più presto, la data delle primarie.

    Ancora Orfini: “Il Pd non può rinunciare a fare una scelta di innovazione e affidarla a qualcuno così a caso, all’esterno del partito. E così come sono convinto che per intercettare nuovi elettori il modo migliore non sia quello di far diventare, come ho già detto, Zagrebelsky la nostra Iva Zanicchi credo che sarebbe un errore, a proposito di primarie, se di fronte a una seria richiesta su questo tema gli elettori non si esprimessero per confermare o no se Bersani debba essere il candidato premier della coalizione di centrosinistra. Io, alla fine, credo che la consultazione finirebbe con una vittoria schiacciante dell’attuale segretario ma detto questo sono d’accordo con chi dice che su questo punto appellarsi allo statuto per il nostro partito rischia di diventare un piccolo boomerang. E dunque sì: facciamole queste benedette primarie”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.